La storia di Letizia e dello spazio (psicologico) in cui è riuscita a sentire se stessa

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Letizia è una ragazza molto giovane che si è sposata prematuramente con il preciso intento di affrancarsi dalla famiglia di origine da cui si è sempre sentita poco valorizzata, e da cui è stata relegata a baby sitter dei  fratelli più piccoli. Sin da subito il suo matrimonio non va molto bene e poi c’è il desiderio di un figlio che tarda ad arrivare. Un giorno finalmente la notizia tanto attesa di avere in grembo una nuova vita e la gioia mai provata finora nella vita la irradia, ma dopo poche settimane dalla nascita del piccolo fagottino suo marito viene contagiato dal coronavirus. All’inizio Luca, seppur con febbre alta e dolori forti, sembra cavarsela a casa con le terapie prescritte, ma la situazione si aggrava e necessita di essere ricoverato. Di lì a poco, nell’arco di dieci giorni, Luca muore.

All’improvviso Letizia si ritrova da sola con un neonato e quasi senza supporto da parte della sua famiglia di origine. Ingoia il dramma e va avanti senza chiedere aiuto a nessuno, perché in fondo lei è abituata a essere forte e ad occuparsi di tutti tranne che di se stessa.

In un momento di disperazione ma di grande lucidità, chiede aiuto ai servizi sociali del suo comune di residenza che riescono a comprendere le sue difficoltà al di là dell’evento luttuoso e la supportano proponendole l’inserimento nel percorso di sostegno psicologico del progetto Legami Nutrienti.

“Quando abbiamo iniziato il nostro cammino – racconta Giulia Palombo, psicoterapeuta della Fondazione Eos, partner del progetto Legami Nutrienti – Letizia non aveva alcuna consapevolezza del suo dolore, non si sentiva. Si mostrava solo forte e reattiva schiacciando totalmente la sua parte emozionale”.

“Nel corso del tempo – continua la psicologa – il lavoro è stato incentrato sul sostenere Letizia nel fidarsi e nell’affidarsi a qualcuno e successivamente nel riconoscere il proprio dolore e il suo bisogno di affetto, disatteso dalla sua famiglia a cui è stata sempre lei a dare aiuto”.

È un percorso complesso, a volte difficile, perché il dolore che esce fuori da Letizia è antico; ci sono momenti anche di stallo, ma la sua mente e il suo cuore sono in movimento.

Letizia si concentra su di sé e sul suo bambino cercando di evitare gli errori che i suoi genitori hanno commesso con lei. Vuole essere una buona madre e ha molte risorse per riuscirci.

Purtroppo la sua vita di relazione ha subìto una contraccolpo fortissimo perché con un lavoro e un bambino molto piccolo non si può permettere di avere una vita sociale come tutte le altre giovani donne della sua età, ma oggi sa chiedere aiuto anche alla sua famiglia di origine di cui per anni è andata in soccorso. Non solo. Letizia ha ripreso gli studi perché vuole diplomarsi, così da poter trovare un lavoro migliore.

“Oggi Letizia – commenta la sua terapeuta – sta facendo i conti con il lutto che aveva tenuto congelato per sopravvivere e ha la percezione di un prima e un dopo il percorso psicologico”.

“L’immagine di lei che mi viene in mente – chiosa – è quella di una guerriera con in pugno una spada ma senza più l’armatura in cui era intrappolata all’inizio del nostro cammino insieme”.

Con ciò non significa che vissero tutti felice e contenti perché è ancora difficile per Letizia immaginare cosa dire ad Antonio della morte improvvisa del suo papà, ma sapere di non essere sola e di avere un sostegno con cui affrontare il suo dolore e il suo futuro fa una grande differenza su come sarà in grado di prendersi cura del suo piccolo bambino.

 

 

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