La testimonianza di Luciana “Legami Nutrienti mi ha aiutata a rimettere in ordine la mia vita”

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Luciana e suo marito Ernesto sono due genitori fragili che vivono in un comune della provincia di Napoli, e che abbiamo accolto nel nostro progetto in un momento molto difficile e ‘pericoloso’ della loro vita familiare.

Entrami con problemi di dipendenza patologica e con già tre figlie, di cui due maggiorenni, si sono ritrovati a dover affrontare una gravidanza non programmata decidendo di tenere il bambino.

La loro situazione è stata presa in carico dall’Autorità Giudiziaria minorile, preoccupata, insieme al servizio sociale, per il piccolo appena nato e per le forti difficoltà, anche di salute, dei genitori che non gli avrebbero consentito di accudirlo in modo sano. Così, il Tribunale decide di dare in affidamento il neonato, con la condivisione dell’idea progettuale da parte dei genitori, alla figlia maggiorenne di Luciana ed Ernesto ed i servizi sociali propongono l’attivazione dell’home visiting.

Questo è il racconto di Luciana della sua esperienza con Legami Nutrienti.

L’intervento dei servizi sociali

“Inizialmente ho provato tanta paura all’idea di avere a che fare con i servizi sociali territoriali. Non è stato facile capire che erano un’opportunità per la nostra famiglia, pensavo mi volessero giudicare per la mia storia e portarmi via il bambino.

Quando è stato attivato il progetto Legami Nutrienti, mia figlia, come stabilito dal Tribunale per i minorenni, si è trovata investita del peso di crescere il fratellino appena nato. Un impegno e una responsabilità più grandi di lei, e della sua giovanissima età. Il nostro pensiero principale era quello di non perdere nostro figlio di pochi mesi, quindi, eravamo pronti ad accettare anche le condizioni più impensabili.

Alla scoperta da parte dei servizi sociali del mancato trasferimento del bambino a casa della sorella, all’idea che potesse essere allontanato da noi genitori, ci siamo così spaventati da trovare le forze di voler ricominciare e rispettare tutti i dispositivi del Tribunale”.

L’ intervento di Home visiting

“Quando è arrivata per la prima volta l’operatrice a casa, ho da subito visto un’opportunità ed un aiuto per il periodo che stavo vivendo e da cui non riuscivamo a vedere una via d’uscita.

Per me il progetto ha rappresentato un aiuto nel rimettere in ordine la mia vita quotidiana e la salute.

Con l’operatrice sono riuscita finalmente a trovare la forza di essere costante nel percorso presso il Serd insieme a mio marito. Con l’operatrice abbiamo fatto una programmazione di visite mediche organizzandola in diverso tempo, e lei si è comportata proprio come fa una mamma spingendomi verso determinate direzioni e decisioni. Mi sono sentita accompagnata e sostenuta.

Tutto ciò mi ha fatto ricordare come si fa la mamma con i figli, così ho avuto la forza di prendere la mia vita in mano e, di conseguenza, sono riuscita a preoccuparmi anche delle mie altre figlie maggiorenni, cercando di colmare il vuoto che avevo lasciato nel periodo buio della mia vita. In particolare, sono riuscita a ricostruire anche il rapporto con mia figlia minore che sembrava difficile da recuperare perché si era allontanata al punto da non rispondere neanche più al telefono.

Oggi sono tornata ad essere un riferimento sia per lei, che mi cerca costantemente anche per le piccole cose, che per mio nipote che ha l’età del mio figlio minore. Questo ci permette di condividere tante esperienze insieme”.

Cosa ha significato Legami Nutrienti

“Il progetto Legami Nutrienti, intanto, mi ha dato la forza di dire la verità al servizio sociale e di avere la possibilità di trovare una strada per crescere mio figlio. Senza il progetto, oggi, mio figlio non starebbe con me. Ringrazio il giorno del parto perché questa gravidanza non programmata è stata un dono di Dio e mi ha dato la forza ed il coraggio di raccontare tutta la verità in ospedale, e, attraverso quella segnalazione che all’inizio sembrava una condanna, ho avuto la possibilità di un nuovo inizio per dare un futuro migliore a mio figlio e a tutta la famiglia.

Anche mio marito è riuscito, grazie al progetto, a trarne beneficio. Oggi ha un lavoro e con grande costanza rispetta gli orari e l’impegno preso, cosa che in tanti anni di matrimonio non aveva mai fatto.

Se il progetto fosse una valigetta non la chiuderei. Per me è stato uno sfogo, un momento in cui poter parlare di sé senza vergogna. Se potessi prorogarlo o ricominciarlo lo rifarei, mi sono sentita a mio agio anche se all’inizio ho pensato che l’operatrice potesse essere una spia del servizio sociale e riportare tutte le cose sbagliate che facevo. Invece, l’operatrice mi ha portato a raccontare delle cose all’assistente sociale che non avevo avuto il coraggio di dire e preferivo tenere nascoste.

Alle altre mamme lo consiglierei, compresa mia figlia. Oggi mi scuso con i servizi sociale poiché ho pensato male di loro, mentre invece io e mio marito abbiamo capito che grazie al loro intervento abbiamo avuto un’opportunità e siamo riusciti a salvaguardare nostro figlio e, più in generale, tutti i bambini”.

 

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