Bambini esposti sui social e il rispetto (mancato) del diritto alla privacy

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Il tema dell’utilizzo intelligente e consapevole delle tecnologie, è da tempo un tema che affrontiamo con i genitori di cui ci occupiamo nel nostro progetto.

Riportiamo qui, integralmente l’articolo di Ornella Esposito apparso sul blog dell’Huffington Post riservato ad Impresa Sociale Con i Bambini:

Da settimane la cronaca rosa tiene banco su tutti i social media con la separazione dei Ferragnez che della loro vita familiare ne hanno fatto un grande Truman Show esponendo non solo loro stessi, persone adulte e consapevoli, nelle pubbliche piazze virtuali, ma anche i piccoli Leo e Vitto, i loro figli, ripresi e spalmati quotidianamente sul web in scene di vita quotidiana. Ora che sono risucchiati da una complessa crisi familiare, fa piacere sapere che per entrambi la priorità sia proteggere la prole di cui, da un paio di settimane, non vediamo più i volti. La domanda nasce spontanea: proteggerli da chi e da cosa?

Proteggerli dalla morbosità dei mezzi di comunicazione, quelli di cui gli esercenti la responsabilità genitoriale si servono per fare business, ma, proteggerli, riteniamo, anche dai loro stessi genitori che li hanno dati in pasto ai media, come è ovvio senza il loro consenso, generando proprio quella morbosità da cui ora vorrebbero tutelarli.

La tentazione di mettere in vetrina i propri ‘orgogli di mamma’, fenomeno noto come sharenting, serpeggia in quasi tutti i genitori di ogni fascia sociale. Basta farsi un giro su instagram e tikok. Anche le mamme di Legami Nutrienti, progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, con cui promuoviamo incontri di in-formazione nelle scuole nostre partner di progetto, hanno toccato più volte il tema, insieme a quello, molto sentito, delle regole da stabilire con i figli per l’utilizzo dei dispositivi elettronici. Poche avevano riflettuto sui rischi connessi alla diffusione in rete di immagini di persone minorenni (furto di identità, pedopornografia, sfruttamento commerciale), nessuna sul diritto di un bambino, anche se è il ‘proprio’, a non essere condiviso sui social. Della serie: il figlio è mio e lo gestisco io.

 

“Da uno studio che ha coinvolto 6017 genitori di dieci paesi diversi, è emerso che l’81% dei partecipanti aveva caricato on line le immagini dei figli prima che compissero due anni […] dati recenti mostrano che entro poche settimane dalla nascita, il 33% dei bambini vede le proprie foto e informazioni pubblicate online” («Il Sole 24 ore» del 29/11/2023). Soprattutto, i bambini nascono digitalmente ancora prima di venire al mondo. È notizia di queste settimane la proposta di legge “Disposizioni in materia di diritto all’immagine dei minorenni”, presentata da Alleanza Verdi-Sinistra e composta da tre articoli, che intende tracciare i confini di un fenomeno ormai fuori controllo.

Ma perché il diritto alla privacy di un minore di età viene costantemente ignorato dagli adulti?

La risposta è che i bambini non sono considerati persone da rispettare, e i cui interessi mettere al centro delle scelte dei grandi, pur godendo dalla nascita di capacità giuridica, pur essendo cioè soggetti di diritti. Lo sharenting, al di là dell’aspetto squisitamente giuridico – in Italia per pubblicare l’immagine di un minore di 14 anni è necessario il consenso dei genitori – ci rivela che bambini e adolescenti sono ancora visti come soggetti sui quali una società adultocentrica si arroga ogni tipo di diritto senza guardare dal loro punto di vista. Ed è nel terreno di coltura dell’adultocentrismo, “la prospettiva privilegiata […], attraverso la quale sono fissati i valori di riferimento su cui si fonda la società, costruiti i principali modelli comportamentali e deontologici […]”, come ci spiega Girolamo Andrea Coffari, che cresce il seme del mal-trattamento dell’infanzia di cui lo sharenting ne è un ulteriore e moderna declinazione. Ma non è tutto. C’è, a nostro avviso, anche un altro grande tema su cui riflettere: l’esempio, in termini di valore, che la comunità educante, di cui fanno parte in primis genitori e professionisti della comunicazione, è chiamata a trasmettere a bambini e adolescenti. In questo caso, il valore di un utilizzo consapevole e intelligente delle tecnologie, del rispetto di un confine tra il pubblico e il privato, tra la cronaca e la riservatezza, che vede nel riconoscimento del proprio valore e di quello degli altri il primissimo punto di partenza.

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