Lo stato dell’istruzione in Italia secondo il report dell’OCSE
di legambiente
Il Report dell’OCSE Education at a Glance 2022 è la principale fonte internazionale che fornisce una comparazione delle statistiche nazionali, grazie alle quali misurare lo stato dell’istruzione nel mondo.
Il rapporto analizza i sistemi educativi dei 38 paesi membri dell’OCSE, più Argentina, Brasile, Cina, India, Indonesia, Arabia Saudita e Sud Africa.
Per quanto riguarda l’Italia, il Report anche quest’anno conferma un quadro di criticità dell’istruzione, non mancando, tuttavia, di sottolineare aspetti che – nel confronto internazionale – emergono come relativi punti di forza o comunque incoraggianti.
La scuola dell’infanzia
Fra questi, primo fra tutti l’elevata percentuale di bimbi fra i 3 e i 5 anni che frequentano la scuola dell’infanzia (92%), un dato che colloca il nostro Paese al di sopra della media OCSE, anche se bisogna ricordare che il monte ore di insegnamento dell’Italia è inferiore alla media europea (rispettivamente 945 e 1071 ore), con una minore offerta oraria nelle regioni meridionali. Nei successivi gradi di istruzione il monte ore (744 alla primaria, 608 alle medie e 608 alle superiori) risulta comunque di poco sotto la media UE (rispettivamente 740, 659 e 642), anche se sono presenti in Italia forti disuguaglianze territoriali nell’offerta di tempo pieno nei gradi inferiori, con le regioni del sud in netto svantaggio rispetto a quelle del nord.
La spesa dell’istruzione
Sopra la media OCSE, sia pure leggermente, si conferma nel 2021 anche la spesa cumulativa per il singolo studente della scuola dell’obbligo: per un ragazzo o una ragazza fra i 6 e i 15 anni spendiamo in Italia 105.750 dollari (calcolati a PPA, parità di potere d’acquisto, per tenere conto delle differenze del costo della vita fra i diversi paesi). Va osservato, tuttavia, che questo non si traduce in un’offerta di servizi e spazi scolastici uguale sui territori, dove esistono ampi divari, ad esempio, nell’offerta di tempo pieno, nella disponibilità di mense scolastiche o di palestre nella scuola primaria e secondaria di I grado.
L’università
L’Italia è invece decisamente agli ultimi posti per quanto riguarda la spesa per studente universitario: 12.000 dollari (PPA) all’anno contro una media OCSE di oltre 17.500.
Fra il 2000 e il 2021 i livelli di istruzione in Italia sono cresciuti più lentamente della media dei paesi OCSE. La quota di giovani fra i 25 e i 34 anni con un titolo di istruzione universitaria è cresciuta infatti di 18 punti percentuali (dal 10% nel 2000 al 28% nel 2021) rispetto a una crescita in media di 21 punti percentuali. L’Italia resta uno dei 12 paesi OCSE in cui la laurea non è ancora il titolo di studio più diffuso in questa fascia di età.
È un ritardo da tempo noto, ma non perciò meno preoccupante. Soprattutto alla luce del fatto che in tutti i paesi OCSE avere un titolo di studio terziario conviene perché garantisce migliori livelli di occupazione e retribuzione. È vero, tuttavia, che il beneficio economico in Italia risulta minore che altrove: nei paesi OCSE in media un laureato nell’arco della vita lavorativa (25-64 anni) guadagna il doppio di chi non ha un titolo di istruzione secondaria superiore; in Italia questo vantaggio è meno cospicuo: 76% in più.
Un significativo indicatore del deficit di efficacia dell’istruzione in Italia in vista dell’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro che emerge nel Report è la crescita del numero già elevato dei giovani adulti che non hanno un lavoro, né seguono un percorso scolastico o formativo (NEET), rischiando di avere risultati economici e sociali negativi a breve come a lungo termine. Dopo essere salita al 31,7% durante la pandemia nel 2020, la quota di NEET tra i 25 e 29 anni in Italia ha continuato ad aumentare fino al 34,6% nel 2021. Tale quota è diminuita tra il 2019 e il 2020 dal 28,5% al 27,4% per i giovani tra 20 e 24 anni, ma è poi aumentata fino al 30,1% nel 2021. Questa situazione rischia di perpetuare il circolo vizioso che va dalla povertà economica a quella educativa, e viceversa.
Il Gender Gap
Education at a Glance contiene anche numerose informazioni sugli effetti del gender gap in istruzione, ad esempio, sottolineando come la nota relazione positiva fra titolo di studio e livelli di occupazione sia particolarmente forte per le donne. Nel 2021 in Italia solo il 31% delle donne in possesso di un titolo d’istruzione inferiore al diploma di scuola superiore erano occupate (media UE, 40%) mentre fra le donne laureate il tasso di occupazione era del 70% (media UE, 83%).
Per gli uomini, invece, le differenze sono assai meno marcate: si va dal 64% per chi ha un livello d’istruzione inferiore al diploma secondario (media UE, 66%) al 71% per i maschi laureati (media UE, 88%). Un’altra declinazione del gender gap compare nell’istruzione universitaria, laddove si segnala che in Italia, come del resto in tutti gli altri paesi OCSE, i tempi di completamento dei percorsi di laurea sono più rapidi per le donne. Nel nostro Paese il 56% delle studentesse consegue la laurea triennale entro tre anni dalla fine dei corsi, mentre questo riesce soltanto al 50% dei loro colleghi maschi.
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