L’importanza delle dinamiche relazionali all’interno del gruppo-classe
di La Lanterna di Diogene Coop. Sociale Onlus
Di seguito troverete una riflessione dello specialista dello Sportello ascoltarsi dell’Atelier Koiné, un progetto selezionato dall’impresa sociale “Con i bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che vede come ente capofila la coop “La Lanterna di Diogene” proveniente dall’IC “Giovanni XXIII” di Terrasini (PA)
Il primo contesto in cui sperimentiamo le nostre competenze sociali fuori dall’ambito familiare è la scuola, intesa come spazio comune di un gruppo che offre una condizione essenziale per la costruzione di pensiero. Il gruppo-classe svolge una funzione di rispecchiamento e restituisce l’immagine che l’individuo ha di sè e ne rafforza la sua identità individuale come elemento in gruppo, in un gioco continuo di costruzione e ricostruzione, negazione e affermazione, di autonomia e dipendenza.
Il gruppo di alunni, inseriti nel contenitore-classe, può imparare a convivere e a costituirsi come nodo sociale, grazie all’aiuto prezioso degli insegnanti che hanno il compito di condurli e di sostenerli nel loro percorso di crescita.
Nel gruppo, l’adolescente impara a perdersi e a ritrovarsi, ad allontanarsi e separarsi dalla propria famiglia, per sperimentare nuovi percorsi nei quali si confronta continuamente con i coetanei e dai quali ricava soddisfazione, approvazione e autostima.
Il sistema classe rappresenta la struttura di base attraverso cui l’organizzazione scolastica persegue gli obiettivi istituzionali dell’acquisizione sistematica e programmata di conoscenze, ma costituisce anche l’ambito entro il quale si manifestano bisogni di natura individuale, differenti da quelli istituzionali (ad esempio il bisogno di avere amicizia, di conquistare prestigio o di scaricare aggressività).
Ogni gruppo-classe ha delle dinamiche interne e un suo proprio sviluppo che può trovare un certo assestamento ed equilibrio ma può generare crisi. È un processo di crescita che richiede attenta consapevolezza del rischio.
A volte la dimensione conflittuale può rendere veramente difficili le interazioni: si possono perdere di vista i confini e le regole lasciando spazio a modalità di interazione che generano sofferenza.
Un caso clinico
G.
Età: 13 aa (Frequenta la terza media).
Contesto familiare: frammentato, il papà lavora in Croazia e questa assenza causa molta sofferenza ai membri della famiglia. L’assenza del padre ha comunque contribuito a far emergere il lato emotivo di questa figura che quando presente era lontana emotivamente, mentre a distanza sembra riuscire ad esprimere meglio le sue emozioni e l’amore che nutre per le figlie.
- e la sorella maggiore Gr. di 17 anni non vanno molto d’accordo, mentre Gr. e la mamma sono molto in sintoni tra loro e questo causa continue triangolazioni che allontanano G.
In passato le difficoltà economiche hanno messo a dura prova la famiglia, e la mamma M., alle prese con il dover far quadrare i conti, si è appoggiata molto a Gr., delegando a lei il ruolo di capofamiglia e il totale potere decisionale sui divieti e le concessioni da concedere alla sorella.
Gr. è ben voluta anche all’interno della famiglia allargata, lei ha sposato totalmente la passione degli zii paterni per le moto e ha molti argomenti accattivanti da portare in gruppo, mentre G. frequenta una scuola di danza classica e sente che nessuno si interessa a questa sua passione, cerca di stupire la famiglia dicendo di voler intraprendere lezioni di box ma nessuno la prende sul serio e la cosa viene banalizzata e ridicolizzata da Gr. che riesce sempre in ogni modo a primeggiare su di lei.
Gruppo-classe: il gruppo si conosce da tre anni, questa micro-comunità eterogenea, nel tempo ha attraversato dinamiche di vario tipo che è importante saper leggere e comprendere.
Prendiamo per esempio i primi momenti della formazione della classe, emerge che alcuni ragazzi si conoscono già da cinque anni, in quanto hanno frequentato la stessa scuola primaria. Questo gruppo coeso appare agli altri come una massa informe, pericolosa perché molto più potente del singolo e talvolta dello stesso insegnante, gli altri si muovono tutti intorno, G. sente di non essere vista, di essere delusa nelle aspettative, di essere considerata inadeguata, sbagliata, non degna di attenzione e di affetto.
La tendenza di ogni ragazzo è stata quella di uscire velocemente da questa situazione potenzialmente pericolosa, rassicurandosi attraverso un’alleanza con qualcuno; così nel giro di pochissimo tempo ognuno ha cercato qualche compagno con cui ritrovarsi, con cui legare affettivamente e sentirsi accettato. Queste alleanze sono servite inoltre a trovare rifugio in una relazione uno-a-uno più familiare e controllabile, poiché le dinamiche nel gruppo risultano ingestibili.
Il bisogno di proteggersi e rassicurarsi attraverso l’alleanza con l’altro diventa così il primo motore che spinge a creare relazioni con i compagni in questa micro-comunità della classe scolastica, in base alle forze naturali di attrazione e repulsione, le singole persone si associano fra loro a formare insiemi più o meno stabili, legati da forze affettive più o meno forti, di due o più ragazzi. Da queste formazioni alcuni rimangono esclusi, G. è tra le prime ad entrare nel ruolo dell’esclusa e ci rimane per tre anni.
In altre parole, il sistema gruppo-classe si divide velocemente in sottosistemi con alte probabilità di lasciare da soli i meno abili nel costruire relazioni e G. che non vuole conformarsi al gruppo ad ogni costo pur di appartenere, si ritrova da sola. Il sistema classe in breve si è ritrovato diviso in sottosistemi formati da un gruppo coeso e da altri gruppi formati da due o più persone, o da singoli, e su tutti questi sottosistemi prevale la logica difensiva, per cui alcuni di essi si ritrovano in posizione di esclusione.
Modello educativo: flessibile, G. è una ragazza molto matura e responsabile, ottiene buoni risultati scolastici ed è autonoma. Esce con un gruppo di soli ragazzi e la madre è contenta di questa sua scelta e la sente al sicuro da eventuali pericoli.
- invita una delle sue compagne che come lei non riesce ad integrarsi nel gruppo, a rivolgersi allo sportello d’ascolto, emerge che non è lei il problema, le dinamiche della classe tendono ad escludere chi non si conforma ad un modello imposto dal gruppetto di “secchione” che cela i cattivi comportamenti dietro alte performance scolastiche.
Primi sintomi: G. non si sente parte del suo gruppo-classe, lamenta la presenza di un piccolo gruppo che gestisce le relazioni, deride i compagni e riesce, grazie a risultati scolastici eccellenti, ad accaparrarsi il sostegno dei professori.
Comorbidità e patologie in atto: la ragazza lamenta ripetutamente la totale perdita dell’uso del braccio destro, riferisce di sentire solo un leggere torpore ma di non riuscire a muoverlo per diversi minuti, per questi motivi la madre è stata più volte allertata dalla scuola e da allora sono iniziati degli accertamenti per capire l’origine del problema.
Dal un punto di vista emotivo è la rabbia eccessiva della ragazza, soprattutto nei confronti della sorella e la tendenza ad isolarsi all’interno della classe che ha portato la madre a chiedere aiuto.
Arriva la diagnosi: nel corso dei primi colloqui il timore della madre è che alle difficoltà che G. sta affrontando ad integrarsi nel gruppo-classe, per l’assenza del padre e per le sue mancanze si aggiunga il dolore di una possibile diagnosi.
Inizia un lungo iter diagnostico del quale si discute durante i colloqui. I primi esami sembrano dare esito negativo, purtroppo, il 10 dicembre, tramite un sms, la mamma mi comunica che l’elettroencefalogramma ha dato esito positivo, viene confermata la presenza della malattia tanto temuta “epilessia mioclonica”. In famiglia la malattia ha colpito la zia materna e un cugino, il quale tendeva ad avere le crisi epilettiche durante la notte, cosa che preoccupava molto la zia, tuttavia, dopo le cure, ha condotto una vita normale, senza particolari limitazioni. Più insidiosa sembra essere la forma di epilessia che ha colpito la zia che non guida, vive ancora con la madre e non si è mai creata una sua vita fuori dalla famiglia d’origine.
Durata del disturbo: da due anni circa G. è totalmente isolata all’interno del gruppo-classe e anche in famiglia.
Evoluzione dei colloqui: G. riflette sulle motivazioni che a spingono ad isolarsi dal gruppo-classe e in famiglia, si rende conto che è molto doloroso dover affrontare tutto da sola.
Obiettivi:
– sostenere e sviluppare l’apprendimento di dinamiche adattive in contesti relazionali
– riflettere sulle tecniche di comunicazione e di gestione del proprio mondo emotivo interno
– riconoscere le proprie e le altrui emozioni, senza fraintendere i messaggi
– svelare i giochi e le triangolazioni familiari.
Istituto Comprensivo “Giovanni XXIII” Terrasini
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