Uno studente bolognese su 5 in ritardo alla maturità

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Nel 2018 uno studente bolognese su 5 è arrivato al diploma di maturità con almeno un anno di ritardo. La percentuale del 22,7% (pari a 1.448 studenti sui 6.318 che hanno frequentato la quinta classe) sale al 56,5% considerando i giovani con cittadinanza non italiana. “Soprattutto chi è da poco in Italia può perdere tempo per acquisire le competenze linguistiche”, ha spiegato Giovanni Schiavone, direttore dell’Ufficio scolastico regionale – Ambito di Bologna, commentando i dati sui fenomeni “pre-dispersivi” nell’anno scolastico 2017/2018, presentati in occasione della conferenza stampa del progetto I.C.E. (Incubatore di comunità educante).

La frequenza in ritardo è uno dei tre fattori da tenere d’occhio per monitorare le difficoltà che possono incontrare gli studenti nel corso degli anni di scuola. Difficoltà che, se non affrontate in tempo, possono portare all’abbandono. Le superiori rappresentano lo scoglio più grande: dal 7,7% di alunni “fuori età” alla fine della terza media si arriva infatti al 19% solo dopo il primo anno di scuola secondaria di secondo grado, al 21,1% nel secondo anno, al 24,1% al terzo, al 22,5% al quarto e, come anticipato, al 22,7% all’ultimo anno.

Le cessazioni di frequenza sono un altro segnale d’allarme. Anche in questo caso i picchi più alti sono durante le superiori, in particolare al quarto anno: nel 2018 si sono ritirati 75 studenti del primo anno (0,82%), 59 del secondo (0,74%), 90 del terzo (1,21%), 88 del quarto (1,30%) e 36 del quinto (0,57%).  Altrettanto importante è il dato sul mancato raggiungimento della frequenza minima (75% del monte ore annuo in assenza di deroghe) che comporta il mancato scrutinamento a giugno: la percentuale più alta è al primo anno di superiori (3,9%); al secondo anno è dell’1,8%, al terzo 1,3% e al quarto 2,5%.

Il progetto I.C.E. vuole prevenire la dispersione scolastica, mettendo in rete scuole, istituzioni e terzo settore. L’obiettivo è coinvolgere in laboratori e percorsi educativi 10mila studenti a rischio. “La scuola deve perseguire l’obiettivo del ‘Non uno di meno’ – conclude Schiavone –. Quando la scuola è capace di offrire esperienze che non costringano i ragazzi a svolgere attività per cui non hanno competenze, allora può recuperarli. Dobbiamo offrire loro opportunità che diano senso alla loro quotidianità”.

Photo credit: Hannah BusingUnsplash

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