Galassia Torpigna: il futuro della scuola è interculturale

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Il 15 gennaio è stato presentato il progetto Galassia Torpigna, presso la scuola secondaria di primo grado Pavoni, di Tor Pignattara. 

La presentazione del progetto è iniziata con la visione di un’intervista a Simonetta Salacone*, storica dirigente della scuola intitolata a Iqbal Masih, il bambino operaio e attivista pakistano simbolo della lotta contro il lavoro infantile.

Correva l’anno 2009 e la scuola Carlo Pisacane era al centro di un’accesa polemica finita sui media locali e nazionali, a causa dell’alto numero di alunne e alunni con background migratorio.

Un gruppo di mamme italiane si era costituito nel comitato “Madri per l’integrazione” e facevano sentire la loro voce in luoghi istituzionali, con il supporto di un compatto fronte politico: «Alla Pisacane va in scena una vera e propria emergenza non solo didattica, ma anche culturale… non è questione di razzismo, ma di un’integrazione impossibile e di diritti negati ai nostri figli»

La Pisacane raggiungeva percentuali superiori al 90 per cento di bambini di origine straniera, ma tutti o quasi, nati in Italia. Le iscrizioni calarono vertiginosamente, gli italiani ritirarono i figli dalle classi e li spostarono in una scuola limitrofa, la Grazia Deledda e la scuola corse il serio rischio di chiudere.

La Pisacane divenne quindi la scuola ghetto, scuola mostrum, assediata quotidianamente da orde di giornalisti e strumentalizzata dalle fazioni politiche più reazionarie e nazionaliste come simbolo dell’invasione e della cattiva integrazione. 

Simonetta Salacone, lucida e visionaria dirigente scolastica, ci racconta nel video quel difficile momento e già allora, con le sue idee e intuizioni, sembra lanciarci immediatamente nel futuro: verso la Galassia Torpigna. Il progetto nasce proprio dal lavoro culturale, sociale e pedagogico che da quel momento ad oggi è stato tenacemente portato avanti dalle scuole e dalle associazioni che condividevano appieno la visione di Salacone.

Tor Pignattara è un quartiere multiculturale: vi risiedono la più numerosa comunità bangaldese d’Europa, oltre a persone e famiglie di origine nordafricana, rumena, cinese, sudamericana ecc.

Le scuole di Tor Pignattara rispecchiano la composizione del quartiere e, ciclicamente, vengono interessate da iscrizioni crescenti o decrescenti, concentrazioni minori o maggiori di alunni con background migratorio. Le quote, i tetti percentuali, i pulmini di cui si parlava ai tempi dell’affaire Pisacane non possono essere considerate delle soluzioni per il riequilibrio: già allora sapevamo bene che il tema dell’inte(g)razione e della convivenza con e tra persone con background migratorio non si può considerare un problema aritmetico.

Da allora molto tempo è passato, e molte cose sono cambiate. La Pisacane non è più la scuola-ghetto abbandonata dagli abitanti del quartiere, ma è diventata, al contrario, un esempio di scuola aperta e accogliente, triplicando in pochi anni il numero delle iscrizioni. Questo è stato possibile grazie a un lungo e elaborato percorso che ha coinvolto tutta la comunità della scuola: insegnanti, prima di tutto, dirigenza, alunne e alunni, famiglie e associazioni del territorio. Tutte queste parti hanno lavorato insieme per sovvertire la narrazione della scuola e sostituire le parole ghetto, integrazione e paura con un lessico completamente differente capace di raccontare una scuola bella, aperta e all’avanguardia. 

Tale processo è stato portato avanti con tenacia, ma anche improvvisando, poiché non c’era una strada da seguire. Ora che altre scuole del territorio, ad esempio la Grazia Deledda, rischiano di vivere una situazione molto simile a quella che ha investito la Pisacane circa quindici anni fa, è opportuno prendersi del tempo per riflettere su un fenomeno che evidentemente non può essere trattato come un caso isolato ed estemporaneo, ma deve essere gestito con mezzi adeguati e pianificati.

Le scuole come la Pisacane e la Deledda dovrebbero infatti essere sostenute come scuole pioniere, apripista di sperimentazione pedagogica e il loro enorme lavoro di mediazione sociale sul territorio, dovrebbe essere riconosciuto e sostenuto dalle istituzioni.

È inoltre necessario costruire un intervento di sistema, con un’ottica territoriale e non più di un singolo istituto; un’operazione di osmosi, scambio e contaminazione tra le scuole degli stessi territori per affrontare i temi dell’inclusività, dell’accoglienza, dell’offerta didattica e culturale in modo strutturale e unitario, inserendo nei PTOF percorsi, proposte e attività che mettano a valore l’enorme ricchezza linguistica e culturale che abita il quartiere. 

L’obiettivo finale del percorso triennale del progetto Galassia Torpigna è, infatti, la realizzazione di un protocollo operativo per una scuola interculturale che sia inclusiva, accogliente e aperta al territorio. 

Il progetto dura tre anni. I partner sono associazioni e scuole che conoscono bene il contesto e si conoscono tra loro, lavorano in ambiti interdipendenti, condividono una visione della società e coltivano un orizzonte comune per questo quartiere. 

Ci siamo impegnati tutti in un arduo compito di co-progettazione durato più o meno 6 mesi, elaborando e somministrando questionari, creando occasioni di scambio e incontro con le docenti, le famiglie, gli alunni e le alunne. 

Galassia nasce davvero dalle esigenze della scuola, delle famiglie e del territorio e mira a costruire un modello di alleanza educativa territoriale che lavori come una galassia e non come un insieme di pianeti a sé stanti. 

La metafora della galassia ci ha aiutato a immaginarne le fasi: 

  1. Cominciare allineando i pianeti, portando avanti in ottica sinergica e dialogante i nostri percorsi educativi con i bambini, bambine, ragazzi, ragazze e di sostegno alla genitorialità con le famiglie, e cercare di tenere come filo conduttore la ricerca sul tema del plurilinguismo e della mediazione come costruzione di comunità. Abbiamo perciò costruito eventi territoriali condivisi per darci il tempo e la possibilità di osservare i pianeti attraverso i Work lab, ovvero tavoli di lavoro, di scambio, condivisione e programmazione con degli obiettivi chiari e tangibili sui temi cruciali del progetto: la formazione dei docenti e degli educatori, la mediazione scolastica, i luoghi del quartiere, la creazione di un sistema interscolastico.
  2. Nel secondo anno di progetto si scoprirà una nuova galassia mettendo in campo percorsi di formazione, sperimentazione e accompagnamento con i docenti in 8 classi sulle tematiche affrontate nell’ambito dei worklab .
  3. E poi ci auguriamo di abitare la nuova galassia arricchendo l’offerta educativa scolastica e extrascolastica, favorendo lo scambio tra le scuole e tra le scuole e le associazioni e le realtà che pian piano aderiranno al progetto.

Per noi la scuola interculturale è una scuola in osmosi col suo territorio, capace di leggerne i bisogni, ascoltarne le voci, svilupparne gli impulsi, consentendo la partecipazione e offrendosi come interprete, come casa ma anche bussola e trampolino per ciascuno attraverso un’educazione e una didattica capaci di curare le relazioni e al passo con le continue trasformazioni del presente.

Ci auguriamo che il progetto contribuisca a produrre visioni e pratiche capaci di compiere veri balzi in avanti, ma siamo consapevoli che la loro continuità dipende dalla capacità istituzionale di sostenerle e assumerle a modello.

 

*L’intervista fa parte dei “contenuti extra” del documentario Una Scuola Italiana, realizzato da Asinitas, Angelo Loy e Giulio Cederna, 2010, con l’obiettivo di raccontare dall’interno la scuola Pisacane e di far riflettere gli spettatori su temi complessi e di interesse nazionale: la scuola interculturale come  laboratorio pedagogico di sperimentazione per la convivenza e l’integrazione delle differenze, le politiche di accoglienza e inte(g)razione delle persone di origine straniera, la cittadinanza delle nuove generazioni, http://unascuolaitaliana.blogspot.com 

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