Ho firmato per il referendum cittadinanza

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Alla luce del raggiungimento delle 550 mila firme per il referendum sulla cittadinanza, ci sembra importante condividere con voi la dichiarazione di Patrizia Sentinelli di AltraMente Scuola per tutti e tutte, una delle associazioni che compone la Galassia Torpigna:
“Ho firmato per il referendum cittadinanza per portare a 5 anni il tempo di permanenza inItalia necessario a chiedere la cittadinanza italiana.
È un referendum partito un pò in sordina ma che alla fine ha ottenuto le firme necessarie, 500 mila, affinché possa essere svolto. È molto importante che si sia potuto finalmente firmare anche on line disponendo dello Spid, perché questa possibilità facilita molto l’esercizio di una prerogativa democratica.
Si può pensare che il profilo basso mantenuto in materia di referendum, sia dovuto alla difficoltà che hanno anche le forze politiche ad esporsi su un tema che si ha paura non sia utile a guadagnare consenso e questo mi sembra veramente un errore perché facilitare l’accesso alla cittadinanza significa facilitare l’accesso a diritti e doveri e quindi rendere più sicura la vita di tutti.
Mantenere le persone in situazioni grigie in merito al loro status significa, in realtà, favorire chi ha interesse ad esercitare ricatti, a approfittare e a sfruttare. Questo ragionamento vale anche per i processi migratori in arrivo. La realtà ci dice che ci sono flussi necessari a coprire esigenze lavorative e invecchiamento demografico. Regolare l’accesso per ragioni di lavoro renderebbe i flussi trasparenti e controllati e le persone non ricattabili.
Naturalmente avere più giustizia sociale e meno guerre e disastri climatici nel Mondo aiuterebbe non poco a poter scegliere e a non essere costretti. Sono numerose le persone adulte nate in altri Paesi che vivono accanto a noi che debbono veder riconosciuto i loro diritti a partecipare alla pari alla vita politica, economica, culturale e sociale nel nostro Paese: tanti assistono nostri famigliari o si prendono cura dei nostri bambini, lavorano in agricoltura, in fabbrica, negli ospedali o nei ristoranti oppure gestiscono piccoli commerci che sono utili alla vita quotidiana della città. Molti hanno un titolo di studio ma non possono accedere ad alcun concorso o avere un contratto regolare.
Dimezzare gli anni di attesa per presentare domanda è un aiuto di grande rilievo.
Significherebbe tornare alla legislazione del 1992 ed equiparare l’Italia ad altri Paesi europei. Questo dimezzamento porterebbe di conseguenza tanti minori figli di genitori con cittadinanza acquisita ad essere riconosciuti finalmente cittadini italiani e poter programmare una vita fatta appunto di diritti e di doveri.
Il referendum è stato promosso da un nucleo importante di associazioni alle quali se ne sono aggiunte via via tante altre. Le associazioni come la nostra, che abitano luoghi educativi e le scuole, sanno da tanto tempo quanto ci siano costati i fallimenti dei tentativi di approvare una legge per lo ius soli, alla quale non rinunciamo. Anzi ritengo che questo referendum sia stato un’occasione per tornare a premere e a rivendicare una riforma radicale di tutta la materia.
Ho diffidato della proposta miseramente naufragata dello ius scholae perché palesemente politicista e confusa. E perché mischiava inopinatamente il diritto allo studio garantito a tutte e tutti, con quello di essere cittadini con pieni diritti. Imparare la lingua e completare gli studi è un impegno della scuola pubblica che coinvolge tutti i ragazzi e le ragazze a formarsi.
Non può esserci una cittadinanza per merito ma, in quanto condizione basica di esistenza, deve essere legata a dove l’esistenza si svolge. Ecco il requisito del tempo, e 5 anni non sono pochi.
Nelle scuole convivono da anni bambini italiani e bambini con background migratorio e l’ambiente educativo si è arricchito di diversi saperi e culture. Ma i diritti non sono eguali. E questo fa male ai bambini, tutti, ed alla scuola.
Le sperimentazioni per far lievitare la coesione e lo scambio sono ormai numerosissime in tutto il Paese.
Il plurilinguismo è una realtà meravigliosa nelle classi: si studia, si gioca, si legge insieme nonostante la Repubblica, anziché rimuovere gli ostacoli al diritto allo studio, impieghi risorse crescenti per l’acquisto di armi piuttosto che alla valorizzazione della scuola.
Sono anni che animiamo lotte per ottenere il riconoscimento del diritto alla cittadinanza ma non ci fermiamo rassegnati. Consapevoli dell’importanza di una rivoluzione della normativa, agiamo quotidianamente per una rivoluzione didattica e pedagogica, favorendo la crescita di luoghi di agio e di democrazia.
E oggi ci mettiamo anche una firma”.

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