Sussurrando a Tor Pignattara
di asinitas
Diario di Behts Ampuero – Asinitas
In questa immensità nella quale siamo immersi e che costituisce il cosmo,
noi siamo certamente un niente, ma un niente che ascolta.
Grazie a questa dimensione particolare,
l’uomo è strettamente collegato al tutto (…)
[A. Tomatis]
Dal 1999 ogni 21 febbraio si celebra nel mondo il valore della lingua madre e la ricchezza del multilinguismo. La data è significativa di un evento avvenuto nel 1952: l’uccisione da parte delle forze di polizia pakistane di alcuni studenti dell’Università di Dacca che rivendicavano il bengalese come lingua ufficiale.
A Tor Pignattara la giornata della lingua madre è molto sentita e da diversi anni l’artista e maestra bangladese Sushmita Sultana organizza in collaborazione con Asinitas un evento ricco di esibizioni artistiche e musicali interculturali e intergenerazionali alla presenza dell’ambasciatore e dei rappresentanti della comunità bangladese a Roma.
Da qualche anno inoltre alcuni docenti della scuola Pisacane e le associazioni sensibili al tema hanno coinvolto i bambini e le bambine in prima persona nella creazione e fruizione di un ulteriore evento nel Parco Sangalli, nel cuore di Torpignattara, per festeggiare le lingue madri e il multilinguismo del nostro territorio.
Quest’anno con il progetto Galassia Torpigna l’evento è cresciuto ancor di più: sono state coinvolte 25 classi di 4 scuole primarie (Pisacane, Deledda, Mancini, Iqbal Masih) e diverse realtà e associazioni del quartiere tra cui Asinitas, Cemea del mezzogiorno, Pisacane 0-99, A Sud, la biblioteca Goffredo Mameli, il bibliopoint Tarducci e altre ancora, in diversi percorsi laboratoriali nelle classi e in una mattinata di narrazioni, letture, laboratori, giochi, canti con al centro la lingua, le lingue, come strumenti di incontro e di scambio.
Segue il racconto dell’esperienza dei Susurrador a cura di Asinitas e i bambini, le bambine, i maestri, le maestre, le mamme, gli abitanti di Torpignattara…
In occasione della giornata delle lingue madri abbiamo incontrato i bambini di alcune scuole primarie di Torpignattara per proporre un’attività su una poesia in lingua non italiana.
Alla domanda: Ma voi sapete cosa è la giornata della lingua madre? I bambini disposti in cerchio si guardano tra loro e molti rispondono: Si festeggia questa giornata perché molti bambini non parlano ancora l’italiano e perché ci sono molti bambini con i genitori che parlano altre lingue.
È evidente che in loro ci sia un senso di rispetto e di accoglienza per chi proviene da un mondo linguistico diverso. Faccio una seconda domanda: Quante lingue esistono dentro di voi e quali sono? La risposta è immediata, senza tentennamenti: Le lingue che ascoltiamo e impariamo sin dalla nascita da mamma, da papà, dai nonni. Una bambina emozionata dice: Le mie lingue sono l’italiano e il rumeno, ma anche il polacco; un altro bambino: La mia lingua è lo spagnolo e anche l’italiano.
E così dopo qualche minuto si passa all’idea che l’italiano, il bengalese, il cinese ecc. sono tutte lingue madri e che dentro di noi tutti possono coesistere più lingue madri apprese sin da piccoli dalle persone che ci stanno vicine.
La ricerca di Karmiloff – Smith in Pahways to language ci dice che fin dalla ventesima settimana di gestazione il sistema uditivo del feto è abbastanza sviluppato da elaborare alcuni suoni che filtrano attraverso il liquido amniotico. Il mondo del feto è riempito da una cacofonia di suoni, brontolii e gorgoglii prodotti dal corpo della madre, e dal costante ritmo del battito cardiaco della medesima. Questi rumori sono gli stimoli per lo sviluppo della precoce stimolazione uditiva. Dal sesto mese di gestazione in avanti il feto trascorre molta parte del suo tempo di veglia elaborando questi speciali suoni linguistici, familiarizzandosi con le specificità della voce materna e con la lingua, o le lingue, da essa parlate. Diventa altresì sensibile alla prosodia- l’intonazione delle frasi e lo schema ritmico interno alle parole – che dà struttura ai discorsi della madre. Negli ultimi tre mesi nel grembo materno, il feto è impegnato a origliare le conversazioni di sua madre (….). Il neonato viene al mondo preparato a prestare speciale attenzione al linguaggio umano, e più specificamente alla voce della madre. Queste prime esperienze intrauterine forniscono al neonato l’input del linguaggio.
Dunque la nostra prima modalità di acquisizione della lingua è l’ascolto e la percezione di suoni, vibrazioni, melodie, intonazione della voce che arrivano a noi, un po’ attutiti e trasformati, attraverso i vari canali, le sostanze, le viscere presenti nel nostro primo ecosistema, il corpo di nostra madre.
Proponiamo ai bambini della scuola primaria Pisacane e ad alcune mamme un laboratorio che ci faccia entrare in maniera creativa e cooperativa dentro l’argomento dell’ascolto e della voce.
Tempo fa avevo sperimentato la pratica dell’uso del Susurrador, chiamato così in Sud-America.
Il Susurrador di poesie è una performance artistica nata in Francia nel 2001 in una compagnia teatrale, Les Souffleurs. Avendo conosciuto questa pratica in Perù ho preferito mantenere il nome in castigliano.
El Susurrador, ovvero il sussurratore, consiste in un tubo di cartone decorato. Da una parte una bocca racconta e dall’altra un orecchio sente e ascolta. Il susurrador potrebbe considerarsi un ponte o un canale, che, accorciando la distanza tra due persone, permette, tramite l’isolamento del senso dell’udito, la creazione di uno spazio intimo e protetto in cui chi sussurra dona la propria storia attraverso la melodia e il ritmo della propria voce sussurrata e chi ascolta ha la possibilità di entrare in connessione con una sensazione primordiale.
I bambini dopo aver sperimentato il Susurrador commentano: “E’ come dire un segreto, come ascoltare qualcosa da custodire”.
Dopo avere costruito i nostri susurradores e aver tirato fuori dalle nostre memorie i primi ricordi di quando siamo approdati in questo mondo, il nostro repertorio di piccole storie autobiografiche è pronto. Scendiamo per la strada tutti insieme bambini e bambine, adulti, genitori e maestre, con i nostri nuovi strumenti della voce e dell’ascolto tenuti sulla spalla e chiediamo ai passanti se desiderano ascoltare una storia, la nostra storia.
Molti dicono di sì, incuriositi dai tubi di cartoni colorati e dalla richiesta dei bambini, ma in tanti si rifiutano. A volte lo dicono senza parole, accelerando il loro passo e negandoci uno sguardo mentre ci avviciniamo. Chissà perché?, si chiedono i bambini e la risposta arriva subito, Quanti soldi volete? chiede un anziano signore. Altri passanti invece vogliono semplicemente stare per conto loro, non abbiamo tempo, dicono. Ma si tratta di solo 2 minuti, rispondono i bambini.
I bambini (ma anche noi adulti accompagnatori), questa volta, cominciano ad annunciare ad alta voce: Volete sentire una storia? È gratis! È un regalo!
I nostri primi ascoltatori sono i negozianti, poi i signori seduti ai tavoli del bar fuori sul marciapiedi. Alcuni anziani, che forse avendo più tempo, si soffermano e ci prestano le loro orecchie in mezzo al trambusto della strada scandito dalle sirene dell’ambulanza (vicino c’è un ospedale), il continuo e intenso traffico di macchine, autobus e trenino e il via vai di persone di ogni provenienza che abitano questo pezzo di mondo, Tor Pignattara.
I bambini finalmente “suonano” il loro Susurrador donando piccoli intervalli di poesia nella vita di chi si concede questa emozionante ed effimera esperienza.
Alla fine di ogni racconto i bambini- susurrador chiedono a chi ascolta se ricorda un momento della sua infanzia che vorrebbe condividere. Così, chi prima ha ascoltato diventa la persona che sussurra la propria storia e ha dall’altra parte l’orecchio teso di un bambino. Mi chiedo chissà in quale parte dei loro piccoli corpi si saranno depositate le tracce di vita appena ascoltate?
Quali pensieri hanno fatto scaturire le suggestioni scambiate reciprocamente tra i bambini e i passanti? E per quanto tempo sono rimaste dentro prima di essere raccontate a qualcun altro, magari la sera al rientro a casa?
Continuiamo la camminata e la ricerca di facce amiche a cui proporre questa esperienza e scopriamo che il Susurrador è anche un modo per dare il benvenuto a qualcuno arrivato qui, in una nuova terra. Un ragazzo bengalese appena arrivato in Italia inizialmente rifiuta l’invito di un bambino, ma poi lo stesso bambino, che ha origine bengalese, propone di narrargli la storia nella sua lingua. Mentre il ragazzo ascolta, la magia affiora sul suo viso, sorride e sembra allo stesso tempo pieno di stupore al sentire una storia nella sua lingua madre da un bambino nato qui. Anche noi percepiamo qualcosa di gradevolmente insolito nell’aria di quella mattinata.
Il Susurrador ci ha preso veramente l’orecchio e continuiamo a raccontare e a sussurrare. Constatiamo che è un artefatto che si presta anche semplicemente a essere vibrato. La voce riesce ad andare al di là delle parole e del loro significato. Le persone che ascoltano percepiscono l’intonazione e il timbro, l’impronta di chi sta dall’altra parte, come se fosse un tocco musicale.
Si avvicina una signora cinese, vuole ascoltare la storia dei bambini, mentre ascolta sorride con tutta la faccia. Solo alla fine capiamo che la signora non capisce e non parla l’italiano, ma siamo certi che la lingua, prima di essere compressa, entra, s’insinua, accarezza il corpo e risuona.
Il 27 febbraio, il giorno dell’evento della lingua madre, cerchiamo un angolo tranquillo nel parco Sangalli, il giardino fiorito. Ciascun bambino sceglie il suo posto con cura per accogliere altri bambini e gli adulti che si avvicinano “per essere sussurrati”. I bambini vanno in giro in cerca di orecchie amiche desiderose di una carezza, di un soffio che entri dentro come una melodia. Quel soffio da qualche parte deve andare, fin dove arriva? entra nel corpo di chi ascolta, fa dei giri e capogiri raccogliendo immagini, ricordi che finalmente escono fuori sotto forma di parole, lacrime, stupore. Chissà per quanto tempo queste parole sono rimaste dentro, nascoste come dei semi che poi trovando il vento adatto trovano la terra dove germogliare.
Pensiamo che il susurrador muova la mente, il corpo e le emozioni. Attira e cattura le orecchie di chi si concede una piccola pausa poetica in mezzo al frastuono della strada e della vita quotidiana. E’ un regalo per chi sussurra e per chi ascolta, ci permette di andare lento, di arrivare a tutti senza gridare, ma con dolcezza. E’ un mezzo di comunicazione inusuale e apparentemente inutile, ma che in maniera semplice e artistica trasmette racconti, canti, poesia, la bellezza e una verità trasversale a tutti, quella di percepire e di ascoltare il mondo.
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