La storia di M: la rete di Futuro Prossimo Sassari a sostegno del suo progetto di vita

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Connessioni. Foto da Pixabay

Socrate non aveva di certo potere divini, né faceva rinsavire le persone. Bensì, il filosofo applicava ai discorsi un metodo particolare. Questo metodo è la maieutica, simile a quello delle levatrici che aiutavano le donne nel parto. La stessa madre di Socrate era un’ostetrica. Nel dialogo platonico del Teeteto, Socrate dice: ”La mia arte maieutica è simile a quella delle levatrici, ma ne differisce in questo, che essa aiuta a far partorire uomini e non donne e provvede alle anime generanti e non ai corpi. […] questo io ho in comune colle levatrici: anche io sono sterile, sterile in sapienza”.

Cosa c’entra la storia di Socrate, nato nel 469 a.C. con quella di M., nata oltre un paio di millenni dopo, nel 2004 d.C.?

La prima volta che M. ci ha raggiunti al Poliss – struttura che accoglie il progetto Futuro Prossimo – alla domanda: “Cosa vorresti fare da grande?” ha prontamente risposto: “Vorrei fare l’ostetrica, far nascere i bambini”. Socrate voleva aiutare le persone a “partorire verità” mentre l’obiettivo di M. è sicuramente più pragmatico. In entrambi i casi però, si avverte alla base una pulsione positiva che volge lo sguardo sugli altri, la voglia di mettersi a servizio di qualcuno per guidarlo verso un obiettivo cruciale, la possibilità di rivestire un ruolo nobile, importante.

Non so raccontarvi il perché – nella testa di chi scrive – sia nato un simile parallelismo, posso solo dirvi che si, quella volta M. mi fece pensare a Socrate. Credo fossero i suoi occhi, il tono pacato e maturo con cui si esprimeva, la dolcezza che traspariva dalla sua emozione, la curiosità che s’intravedeva nei suoi occhi mentre fissava in alto il soffitto, quasi a cercare la maggior concentrazione possibile. “Ti auguro di diventare una bravissima ostetrica”, le dissi fingendo leggerezza, mentre un fiumiciattolo di pensieri iniziava a prendere forza nella testa per tuffarsi dritto giù tra la pancia e il cuore.

Una ragazza africana di quindici anni, arrivata in Sardegna, a Sassari, solo qualche anno prima. Una ragazza che fatica a perfezionare il suo italiano, che ha scelto di frequentare il Liceo Scientifico per prepararsi meglio all’università, che appartiene a una famiglia umile con tanti problemi (passati e recenti). Verrebbe da chiedersi: “Come ci si può sentire così vivi da inseguire un sogno tanto concreto quando si parte da una condizione così difficile?”. Ce lo siamo chiesti da subito noi operatori, intuendo, già durante quella prima fase di conoscenza quanto la relazione con M. ci avrebbe riservato dei momenti speciali, quanto avremmo potuto scoprire di lei e del suo modo di affrontare la vita.

M. aderisce alle attività di Futuro Prossimo nel luglio del 2019 in seguito alla richiesta da parte di Andrea Pillosu, Vice Dirigente del Liceo Scientifico “Marconi”, di un sostegno finalizzato alla didattica extrascolastica. “È una spugna, impara tutto e in fretta, però ha molte difficoltà con l’italiano. Ha un grande potenziale ma serve qualcuno che l’aiuti con i compiti”. Questo il “ritratto” con il quale Pillosu descriveva la situazione scolastica di M. e ci invitava a prendere in cura un nuovo caso, il primo inserimento di un minore straniero nel progetto che avrebbe poi dato il via – nel tempo – all’arrivo di altri giovani migranti nella “grande casa” di Futuro Prossimo.

Così M. arriva al Poliss e sa che dovrà trascorrere l’estate a studiare. Ci sono tre materie da recuperare a settembre: matematica, inglese, latino. Un piccolo inferno didattico dal quale bisogna cercare di uscire nel miglior modo possibile. Gli operatori cercano di sostenerla mettendo a disposizione profili e competenze diverse, si alternano di giorno in giorno e pian piano le lacune iniziano a ridimensionarsi. M. viene tutti i giorni, è quella che frequenta più assiduamente. Superate le ore 17 tutti gli altri lasciano l’aula studio per partecipare ai laboratori pomeridiani: musica, fotografia, cinema, arrampicata sportiva. Tutti si spostano tranne M., che in genere continua a studiare fino alle 19 e se potesse andrebbe pure oltre. Sente addosso la responsabilità di non poter fallire con gli esami di riparazione, ci tiene ad andar bene a scuola e s’impegna con una motivazione che spesso si fatica a trovare in un adulto. Iniziamo anche a sorridere insieme rispetto al suo spirito di abnegazione, le rimproveriamo ironicamente che non possiamo star lì a studiare tutti i giorni fino a notte e lei ride, sa di chiedere un impegno forte anche a noi in questo senso. Ridiamo insieme perché c’è un obiettivo comune che ci rende in qualche modo complici, sappiamo tutti che è pesante e che ce la faremo, ma ridere ci serve per alleggerire la sensazione di un grosso carico sulle spalle. Arriva settembre e gli esami di riparazione vengono superati positivamente, la scuola riparte e M. è più serena, festeggiamo tutti perché è un piccolo grande traguardo raggiunto insieme. M. continua ad aderire al progetto durante i mesi invernali, viene spesso ma ogni tanto si concede una pausa, non c’è bisogno di un “tour de force” simile al periodo estivo e così ogni tanto capita pure che partecipi ai laboratori e metta da parte i libri.

A marzo del 2020 arriva la chiusura delle scuole e il lockdown, le cose si complicano. Seguiamo i ragazzi a distanza, tra compiti e attività online cerchiamo di raccogliere esigenze e bisogni importanti per tracciarli e provare a dare risposte concrete. Scopriamo così che la famiglia di M. ha bisogno di qualcosa che va oltre la didattica a distanza. Servono buoni alimentari, serve saldare alcune rate dell’affitto rimaste in sospeso, serve un dispositivo per collegarsi da casa con i professori. Il sostegno arriva, una misura per volta e la madre di M. ci chiama commossa per ringraziarci. Durante la prima fase di lockdown si inizia a predisporre per M. una dote educativa di sostegno che possa contribuire al miglioramento delle sue condizioni di vita, che la accompagni nello sviluppo di una competenza, che – più in generale – sia utile alla sua crescita.

Le richieste di M. rispetto alla dote sono principalmente tre: un PC portatile con cui poter lavorare a distanza, l’acquisto dell’abbonamento per l’utilizzo dei mezzi pubblici in previsione della riapertura delle scuole e la possibilità di frequentare un corso privato d’inglese. Iniziamo così a fare rete, a confrontarci con altre associazioni che operano sul territorio per capire come rispondere nel modo più adeguato a tali esigenze. Il computer arriva poco dopo e così l’abbonamento per l’autobus, seguirà anche l’iscrizione alla London Tower School per frequentare il corso di lingua.

Nel frattempo al gruppo di ragazzi di Futuro Prossimo si aggiunge – sul finire dell’estate – A.: uno dei due fratelli minori di M.. Ha undici anni, due occhi scuri grandissimi e un’energia incontenibile. Le prime volte arriva al fianco della sorella e ci mette un po’ ad ambientarsi, ora finalmente conosce tutti e spesso, se M. ha altri impegni, capita che arrivi anche da solo. La loro mamma ha un terzo figlio di cinque anni, il più piccolo della famiglia. Lei e il piccolo frequentano Spazio Mamme, un progetto di Save the Children destinato a sostenere la relazione madre-bambino in tutti quei casi in cui sia necessario rispondere a bisogni importanti, che si tratti della fornitura di beni di prima necessità o di un semplice affiancamento al ruolo genitoriale.

Un’intera famiglia ha così potuto beneficiare di un supporto concreto in un periodo storico incerto e complesso. Partendo dall’inserimento di M. nel progetto Futuro Prossimo si sono aperte diverse possibilità poi diventate azioni concrete, azioni rivolte alla famiglia che gradualmente si sono estese anche ad altri partecipanti. Altri ragazzi seguendo l’esempio di M. hanno potuto avanzare delle richieste che forse non consideravano possibili, hanno potuto imparare che la solidarietà concreta esiste e che non si tratta di un intervento esclusivo ma che tutti, in qualsiasi momento, possiamo aver bisogno di un aiuto e che chiederlo può essere bello al pari dell’offrirlo.

Chissà se M. sarà davvero un’ostetrica o se nel tempo non deciderà di “rimescolare le carte” e studiare qualcos’altro, magari ginecologia! A noi resterà il piacere di conoscerla, resteranno tutte le volte che tra colleghi, in uno slang tipicamente sassarese, ci siamo detti: ”Ma quanto è toga M.!?”. Si è toga M., molto, ci piace pensare che crescendo lo sarà sempre di più e che magari un piccolo merito in questo senso ce l’abbiamo anche noi di UISP Sassari e tutti i lavoratori di Save the Children che da tempo si dedicano a questo progetto.

Articolo a cura di Pasquale Posadinu, operatore del comitato UISP Sassari, partner locale di Futuro Prossimo

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