Educativa di strada, una nuova sfida per il territorio spezzino
di lacasasullarocciaonlus
Quali sono le principali sfide che devono affrontare gli educatori di strada? Come entrare in contatto con i tanti adolescenti che vivono le piazze, i cortili e le vie della città?
A raccontarlo a 38 operatori, tra pedagogisti, psicologi, mediatori culturali, guide turistiche e ambientali, le educatrici della Cooperativa Coop 21 di Firenze, invitata alla Spezia, nell’ambito del progetto Futuro Aperto, dal capofila La Casa sulla Roccia Onlus e dal suo partner fiorentino Moca Future Designers.
Una giornata di formazione partecipativa interamente dedicata all’educativa di strada, organizzata presso il Centro giovanile Dialma Ruggero, alla quale hanno preso parte 14 enti del Terzo Settore, partner e non di Futuro Aperto, provenienti da tutta la provincia della Spezia, dalla riviera alla Val di Magra e dalla Lunigiana.
L’educativa, o lavoro, di strada rappresenta un intervento educativo che si realizza nel nostro Paese da almeno 30 anni; è del 1994 la Carta di Certaldo sull’educativa di strada promossa dal Gruppo Abele di Torino e CAT di Firenze: un lavoro che avviene fuori dai luoghi formali della Scuola, dei Centri di Formazione o del lavoro e si rivolge, principalmente, agli adolescenti e ai giovani adulti singoli o organizzati in piccoli gruppi spontanei.
Valentina e Monica di Coop 21, che realizza nel capoluogo toscano il progetto “Ecosistema Giovani Firenze”, hanno condiviso le loro esperienze “di campo” e con semplicità e professionalità hanno delineato le principali sfide che affrontano gli educatori che stanno “in strada”, ovvero nelle piazze, nelle vie, nei cortili, negli oratori e negli altri centri di aggregazione giovanile.
Gli adolescenti, hanno riportato, sembrano avere sempre meno interesse e fiducia nelle figure adulte e nelle forme di partecipazione tradizionali: per questo la relazione educativa va reinventata e costruita ogni giorno attraverso l’ascolto ed il dialogo e, soprattutto, il “pensare e fare insieme”.
Contrariamente agli stereotipi sulla dimensione “on Life”, anche i social media, il web ed i videogiochi, possono giocare un ruolo positivo nella promozione della socialità e dell’incontro, attraverso lo sport, ad esempio, la boxe e le arti, come la musica rap e la street art.
L’educativa di strada si fonda su alcune fasi chiave, sistematizzate negli anni: la mappatura e ricognizione dei luoghi, l’avvicinamento/contatto non giudicante con i ragazzi e le ragazze ed, infine, la co-progettazione delle attività scelte dai giovani, dal basso, non imposte dagli adulti, all’estremo opposto dunque di quanto avviene nella Scuola.
I partecipanti alla formazione hanno espresso i loro bisogni formativi e hanno chiesto di poter lavorare su temi come progettazione, promozione e realizzazione di progetti per adolescenti fuori dal circuito “ufficiale” di offerte ludiche sportive culturali, valorizzazione del territorio a misura di giovani e metodologie e strumenti per co-progettare attività insieme ai ragazzi.
Nonostante alcune sperimentazioni realizzate in passato, l’educativa di strada non esiste sul territorio della Spezia, se non in piccolissimi interventi di riduzione del danno da dipendenze, realizzate da Maris e ASL 5, ma rappresenta una scommessa strategica per il futuro, per prevenire e ridurre tutte le forme di povertà educativa.
Si tratta anche di un esercizio di advocacy: attraverso l’ascolto attivo, gli educatori di strada possono creare ponti con le Istituzioni e dare voce alle giovani generazioni anche nei luoghi dove si prendono le decisioni sul loro futuro.
Alla fine della giornata insieme, è emerso fortissimo il desiderio, a cui Futuro Aperto – un progetto selezionato da Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il Contrasto della povertà educativa e cofinanziato da Fondazione Carispezia – darà le ali a partire da subito, di creare gruppi di lavoro tra pari di giovani che progettino insieme iniziative divertenti, attrattive, ma anche profondamente educative ed accessibili a tutti e a tutte, senza distinzione. Ancora una volta, la comunità educante deve stringere le fila per creare un territorio a misura di futuro e non lo può fare da sola, ma solo in modalità “on” intergenerazionale.
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