Gli interventi di Home Visiting nel periodo perinatale

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Nell’ottica di valorizzare e favorire la promozione del benessere e la prevenzione di esperienze sfavorevoli infantili, grazie al Progetto DREAM abbiamo realizzato nell’area pratese un progetto sperimentale di Home Visiting rivolto a nuclei familiari o monogenitoriali fragili.

La letteratura e le ricerche ci indicano che per tutelare il benessere del bambino occorre innanzitutto tutelare le sue relazioni, i suoi affetti e più in generale il microsistema familiare in cui esso cresce e si sviluppa.

Eventi e condizioni possono compromettere le componenti fondamentali della funzione genitoriale (in particolare di accudimento, cura e protezione dei figli) e impattare negativamente sulla qualità della relazione genitore-bambino, producendo potenziali conseguenze sfavorevoli sul processo di crescita di quest’ultimo.

Fattori di rischio, sia di tipo distale che prossimale, interagiscono tra loro secondo dinamiche complesse, aumentando in maniera esponenziale il rischio in uno o più ambiti dello sviluppo del bambino.

Gli interventi di Home Visiting rappresentano uno strumento di supporto alla genitorialità la cui finalità è di fornire, in un’ottica preventiva, un sostegno alla relazione genitore-bambino, individuando precocemente la condizione di rischio e favorendo una traiettoria di evoluzione funzionale alla salute mentale e al benessere del neonato, della triade mamma-papà-bambino, della coppia di genitori e dell’intero nucleo famigliare, attraverso la promozione di cambiamenti nei comportamenti interattivi, di legami di attaccamento sicuro e del ruolo di ‘’base sicura’’ per i propri figli.

Il progetto di Home Visiting ha tenuto conto primariamente delle situazioni, anche a livello potenziale, a rischio di:

  • violenza domestica (con particolare attenzione all’esordio in gravidanza),
  • maltrattamento infantile,
  • depressione post-partum.

Per l’individuazione delle situazioni sono stati considerati i fattori di rischio:

  • distali: basso livello socio-economico e povertà cronica, povertà educativa, basso livello di scolarizzazione, condizione di disoccupazione, condizioni precarie e instabili di vita, anche in riferimento alla condizione abitativa, giovane età della madre, carenza di relazioni interpersonali, carenza di reti e di integrazione sociale, vulnerabilità correlata al percorso migratorio, famiglie migranti non integrate, condizione di rifugiato politico, scarsa padronanza della lingua italiana, esperienze di rifiuto, violenza o abuso subite nell’infanzia, sfiducia verso le norme sociali e le istituzioni, accettazione della violenza e delle punizioni come pratiche educative, scarse conoscenze e disinteresse sullo sviluppo del bambino
  • prossimali:
    • individuali: psicopatologia del genitore, dipendenza da sostanze o da alcol, devianza sociale, stato depressivo materno o depressione post-partum, debole o assente capacità di assunzione di responsabilità, distorsione delle emozioni e delle capacità empatiche, impulsività, scarsa tolleranza alle frustrazioni, ansia da separazione
    • familiari: matrimonio e gravidanze precoci, gravidanza non desiderata, famiglia monoparentale, relazioni difficili con la propria famiglia d’origine e/o con quella del partner, mancanza di supporto familiare o rete (anche informale) di sostegno, grave e persistente conflittualità coniugale, violenza domestica, recente lutto familiare
    • caratteristiche del bambino: malattie fisiche o disturbi alla nascita, prematurità o basso peso, temperamento difficile.

Il progetto è stato realizzato in collaborazione con il Consultorio e l’Ospedale di Prato (reparti di Pediatria, Ostetricia e Ginecologia, Terapia Intensiva Neonatale) che hanno segnalato cinque situazioni a rischio, di cui ne sono state prese in carico quattro.

Gli interventi hanno previsto azioni tese a:

  • stimolare la costruzione del progetto familiare,
  • sostenere il legame di attaccamento sicuro,
  • favorire una relazione di rispecchiamento e sostegno tra operatrice e caregiver,
  • promuovere la riflessività, la responsività sensibile, la disponibilità emotiva e la consapevolezza dei caregivers,
  • migliorare l’accudimento fisico ed emotivo del bambino,
  • generare interventi educativi maieutici,
  • costruire/accompagnare alla rete formale e informale.

Le azioni, realizzate da psicologhe e educatrici esperte, hanno offerto:

  • un sostegno all’allattamento e alla cura maternage per un bonding precoce,
  • un supporto nelle cure del neonato (igiene, predisposizione di un ambiente adatto, sonno sicuro, bisogni del neonato),
  • informazioni sulle tappe di sviluppo del bambino;
  • un monitoraggio dello stato di salute psico-fisica di mamma (perdite, sutura, seno, dolore, sonno, stanchezza, baby-blues, ecc.) e neonato (crescita, evacuazioni, alimentazione, ritmo sonno-veglia, comportamento, ecc.),
  • un sostegno emotivo alla neo-mamma;
  • informazioni sulle diverse opportunità offerte dai servizi presenti sul territorio ed eventuale accompagnamento della madre ai servizi individuati.

Per ciascun nucleo familiare preso in carico è stata fatta una prima valutazione da una équipe multiprofessionale coinvolta nel progetto che ha analizzato e valutato tutti gli elementi esposti nella segnalazione per co-costruire un intervento personalizzato.

Dopo la presa in carico l’operatrice ha incontrato la mamma o la coppia genitoriale per presentare il servizio domiciliare e le sue modalità. Tale incontro si è svolto presso il servizio territoriale che ha individuato il bisogno dell’intervento di sostegno prima del parto oppure in ospedale se la mamma è stata segnalata durante i giorni di degenza dopo il parto. Le visite hanno avuto inizio nei giorni successivi presso il domicilio del nucleo familiare. Nel caso in cui il bambino è rimasto più tempo ricoverato in ospedale, perché prematuro o per altri motivi, si sono svolti in un primo momento in ospedale e, in un secondo momento, a casa.

Ciascuna visita ha avuto, di norma, la durata di 2 ore con frequenza bisettimanale nei primi 3 mesi del bambino; successivamente con frequenza settimanale, fino al raggiungimento dei 6 mesi di età del bambino. All’uopo, il servizio poteva essere attivato anche negli ultimi mesi di gravidanza.

Nei primi accessi domiciliari l’operatrice si è occupata di raccogliere – attraverso un‘intervista – informazioni relative alla madre, al neonato, alla famiglia, con particolare riferimento a:

  • condizione generale della madre,
  • situazione personale, familiare e sociale della madre,
  • gravidanza, parto, prime poppate,
  • alimentazione attuale del bambino,
  • alimentazione dei figli precedenti (se presenti),
  • salute e comportamento del bambino.

Dalle quattro schede di osservazione compilate dalle operatrici emerge che:

  • l’età media delle neo-mamme è di 26 anni;
  • due di esse sono di nazionalità italiana e le altre due di nazionalità pakistana;
  • sono donne sole, senza partner;
  • i fattori di rischio individuati, sulla base dei quali è avvenuta la segnalazione, sono rappresentati da: basso livello socio-economico e povertà cronica (7%), mancanza di supporto familiare o rete (anche informale) di sostegno (20%), nucleo monoparentale (20%), scarsa padronanza della lingua italiana (13%), grave e persistente conflittualità coniugale (7%), violenza domestica (7%), psicopatologia del genitore (13%), prematurità o basso peso del neonato (7%), malattie fisiche o disturbi alla nascita del bambino (7%);
  • dalla comparazione del punteggio attribuito agli items considerati a T0 (post-parto) e T1 (tra i successivi tre mesi e sei mesi) risulta un mantenimento/consolidamento di alcune capacità genitoriali osservate, ad esempio la capacità di stimolare il figlio o la capacità di riconoscere le proprie reazioni in relazione ai comportamenti del figlio, ma soprattutto una progressione nell’acquisizione e sviluppo di una più ampia quota di capacità genitoriali con aumenti percentuali significativi, ad esempio la capacità di distinguere i propri bisogni da quelli del figlio, la capacità di chiedere aiuto in caso di situazioni critiche, la capacità di separazione dal figlio senza ansia e stress, come riportato nella seguente tabella:
Capacità genitoriali   ∆%
Capacità di rispondere ai bisogni primari del figlio (alimentazione, igiene,   ritmi sonno veglia, addormentamento, ambiente di vita)   25%
Capacità di riconoscere alcune reazioni del figlio e associarli a dei bisogni   (pianto per fame, per sonno, per malessere, per colica, ecc.)   25%
Capacità di rispondere in maniera adeguata a eventuali problematiche   sanitarie del figlio   50%
Capacità di riconoscere gli stati emotivi del figlio e rispondere in maniera coerente   25%
Capacità di consolare e rassicurare il figlio   25%
Capacità di stimolare il figlio   0%
Capacità di utilizzare il contatto visivo e fisico nell’interazione col figlio   50%
Capacità di distinguere i propri bisogni da quelli del figlio   75%
Capacità di riconoscere le proprie reazioni in relazione ai comportamenti del figlio   0%
Capacità di riconoscere i propri stati d’animo e le cause   25%
Capacità di chiedere aiuto in caso di situazioni critiche   75%
Capacità di fornire supporto nella vita familiare e nella gestione dell’ambiente di vita   50%
Capacità di separazione dal figlio senza ansia e stress   100%
Capacità di favorire l’accesso del figlio all’altro genitore   25%
Capacità di riconoscere le modalità accuditive dell’altro genitore   25%
Capacità di riflettere su propri comportamenti in relazione all’altro   25%
Capacità di tutelare il figlio da situazioni inadeguate, di rischio o pericolose   50%

 

Tenuto conto del modesto campione di beneficiarie dell’intervento, riteniamo che le azioni di supporto alla genitorialità messe in atto con il progetto sperimentale di Home Visiting abbiano confermato e messo in luce la sostanziale importanza:

  • di un approccio strategico di azione basato sulla prevenzione,
  • della precocità degli interventi,
  • di un’attenta e tempestiva rilevazione dei segnali di rischio,

in favore del benessere, della salute mentale del bambino, dei singoli membri del nucleo familiare e della qualità delle loro relazioni.

 

Paolo Di Mattia, Alice Cooperativa Sociale

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