Pedagogia Hacker: un modello di apprendimento curioso, divertente, creativo e critico per promuovere l’uso consapevole delle nuove tecnologie

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Nell’ambito del progetto DOORS, a dicembre 2020 è iniziato il laboratorio online di formazione gratuita in Pedagogia Hacker per insegnanti ed educatori a cura di Magazzino dei Semi in collaborazione con C.I.R.C.E. (Centro Internazionale per le Convivialità Elettriche). Il percorso di formazione multimediale è condotto da Agnese Trocchi insieme a esperti di comunicazione, formazione e nuove tecnologie. Agnese è social media strategist, copywriter, storyteller ed autrice del libro “Internet mon amour” dove esplora il rapporto sottile tra tecnologie informatiche e mezzi di comunicazione.

Abbiamo chiesto ad Agnese di parlarci di questa nuova disciplina che a partire dall’osservazione dei propri rituali digitali e del rapporto con gli strumenti analogici, insegna a disinnescare gli automatismi cognitivi delle piattaforme social.

I: Come nasce la Pedagogia Hacker e di cosa si occupa?
Agnese Trocchi: La Pedagogia Hacker nasce dall’esperienza maturata da C.I.R.C.E. nei laboratori e nelle formazioni condotte negli ultimi anni. Già nel 2017 se ne trova una descrizione nel libro Tecnologie del Dominio, un dizionario di termini a cui abbiamo contribuito con alcune voci, e se ne parla anche in articoli pubblicati su diverse riviste, una raccolta dei quali si può trovare su circex.org.

Alcuni di noi vengono dall’esperienza degli Hackmeeting, gli incontri annuali delle comunità che dal 1997 si pongono in maniera critica rispetto ai meccanismi di sviluppo delle tecnologie all’interno della nostra società. Abbiamo voluto partire dall’attitudine hacker, (ovvero la voglia di capire come funzionano le cose, la curiosità e l’attenzione nei dettagli, la condivisione della conoscenza e delle esperienze) per mettere a punto una metodologia che ci aiutasse a rendere ognuno e ognuna consapevole dei propri automatismi in relazione alle tecnologie digitali di massa. Alle domande ricorrenti “Come faccio a staccare mio figlio da Instagram o dai videogiochi”, “Come posso riconoscere le fake news?”, “Come proteggo la mia privacy?”, invece che offrire un set di nozioni o di sedicenti soluzioni preferiamo rispondere “rimboccandoci insieme le maniche” e dando spazio a esperienze che possano far nascere nuova conoscenza e nuova consapevolezza. La scommessa della Pedagogia Hacker è reinterpretare il ricco e variegato bagaglio del sapere critico con un pizzico di attitudine hacker: curiosi e con la voglia di giocare insieme ad imparare.

I: Come utilizziamo oggi nuove tecnologie e nuovi media? Come influenzano il nostro modo di vivere e di agire?
A: Gli ambienti digitali sono sempre più presenti in ogni aspetto della nostra vita e in ogni momento della giornata. Oggi poi, in piena pandemia, le tecnologie digitali di massa sono presenti più che mai in ogni aspetto della quotidianità. In un certo senso si ammantano di un’aura salvifica. Grazie alla messaggistica istantanea riusciamo a restare in contatto con amici e parenti; grazie alle grandi piattaforme d’intrattenimento possiamo sfuggire alla noia; smartwoking e didattica a distanza ci consentono di continuare le nostre attività anche se lontani. Oggi che la presenza delle tecnologie digitali di massa nelle nostre vite è così intrusiva e capillare, più che mai crediamo che sia necessario capire come funzionino, sollevando il velo che nasconde ai nostri occhi i rapporti di potere che le organizzano, disinnescando i nostri automatismi comportamentali, come “saltare sulla sedia” ad ogni notifica, scorrere in modo compulsivo le timeline di Facebook o scivolare nella tana del Bianconiglio dei suggerimenti di YouTube. In che modo decidiamo di cliccare questo e non quello? Come funzionano le macchine? Come funzioniamo noi? E come funzioniamo noi umani in relazione con i non-umani?

I: Spesso sentiamo parlare di ansia, dipendenza, cyberbullismo. E’ possibile utilizzare social media e strumenti digitali senza sviluppare queste conseguenze negative?
A: Gli oggetti tecnologici non sono neutri, non sono supporti ininfluenti dell’azione umana. I non-umani, o meglio, gli esseri tecnici presentano delle caratteristiche strutturali invarianti, così come gli esseri umani hanno caratteristiche simili gli uni agli altri. Ansia e dipendenza non sono degli effetti collaterali dei social network, ma fanno proprio parte del modo in cui sono stati scritte e sviluppate le piattaforme social. Parliamo di gamification e di condizionamento operante. Di conseguenza, non c’è un modo per “usare bene” determinate tecnologie. Si può lavorare sulla riduzione del danno sviluppando consapevolezza, essendo consci dei limiti di quella determinata relazione umano-macchina e della propria libertà di azione. Si può capire cosa “ci piace” veramente e magari immaginare strumenti digitali scritti e sviluppati diversamente da quelli più diffusi.

I: Nel corso dei dieci incontri che compongono il laboratorio ci sarà anche una parte pratica: quali strategie e metodi verranno sperimentati per affrontare al meglio la didattica a distanza con una particolare attenzione a metodo didattico, libertà di insegnamento, questione della privacy e dei dati, nonchè digital divide?
A: Parleremo di piattaforme e di setting, esploreremo diversi strumenti, tutti F/LOSS (Free/Libre and Open Source Software) nel rispetto della privacy nostra e dei partecipanti.. Condivideremo buone pratiche, dalla scelta dell’hardware alle metodologie. Racconteremo esperienze, indagheremo possibilità tra frustrazioni e successi. Abbiamo raccolto alcuni di questi metodi e strategie nel libro Formare a distanza? (Ledizioni, 2020) che trovate disponibile online (la I edizione) su fad.circex.org. Per saperne di più non vi resta altro che seguire il laboratorio o visitare il nostro sito: circex.org.

 

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