Ci vuole una città per fare una scuola, ci vuole una scuola per fare una città
di gruppoabele2
La scuola, malgrado le criticità che da anni la attraversano, resta l’istituzione centrale per la crescita educativa e la convivenza sociale. La scuola è un servizio di welfare fondamentale, il grande bene comune di una città. Nelle classi ogni giorno si decide che forma avrà la città di domani: il suo grado di democrazia e coesione sociale, il suo capitale umano. E più di tutto si mettono i mattoncini per costruire le chance di emancipazione che avranno bambine/i e ragazze/i che vivono in famiglie o situazioni disagiate.
Ma senza la città una scuola non ce la fa, ci vuole una città per fare una scuola. Perché nelle aule – ogni mattina – entra il mondo con le sue contraddizioni
Come può la scuola, da sola, farsi carico delle diversità, e spesso disparità, che caratterizzano bambine/i e ragazze/i e le loro famiglie? Per essere luogo di crescita inclusiva, la scuola ha bisogno della città: delle sue politiche, delle sue energie civiche, associative, culturali. E d’altra parte una città, se vuole aver cura del suo futuro, non può non prendersi cura della scuola: per far sì che diventi laboratorio di cittadinanze, luogo di fioritura di talenti e capacità.
Si delinea così un orizzonte di lavoro promettente: fare della città una comunità educativa. Ossia un luogo dove la scuola, i servizi educativi, sociali e sanitari, del pubblico e del Terzo settore, insieme con le reti della società civile, tessono alleanze educative investendo sul bene più prezioso: le nuove generazioni
In quest’orizzonte – che chiede a ogni realtà di sconfinare per cooperare, di uscire dai propri recinti per convergere con altri su progetti educativi – non sono poche le realtà già al lavoro. E su questo principio si modula il nuovo progetto che il Gruppo Abele ha lanciato, con il contributo della Fondazione Con i Bambini e l’appoggio di decine di enti e associazioni del territorio di Torino.
Ma che cos’è una comunità educante? È una rete di soggetti territoriali, pubblici e privati, formali e informali, che si pongono l’obiettivo di cooperare e co-progettare con l’intento di coinvolgere coloro che sono più fragili. In considerazione del fatto che il ruolo educativo non può essere attribuito solo alla scuola e alla famiglia, è necessario fare in modo che, concretamente, si costruiscano dei legami tra i diversi attori affinchè tutti si assumano il ruolo di educatori, secondo una logica non tanto di rete chiusa, controllante e omologante, ma di rete aperta, che offra differenziate opportunità di sviluppo delle potenzialità e capacità dei minori. Per questo è rilevante ampliare la rete territoriale creando connessioni tra attori sociali dove non ci sono e rinforzare quelli esistenti, affinchè si consolidino e diventino sostenibili.
(di lucia bianco, vicepresidente del gruppo abele e responsabile del progetto ComunitAttiva)
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