Caro diario, il vincitore non c’è: questo è “Bimbinsalute”
di cittadellapescara
Caro diario,
mi sei mancato. Durante tutto questo periodo di quarantena, avrei potuto scrivere solo di cose estremamente tristi. E invece, guarda un po’ la vita, alla fine tutto si riduce a un sussurro e le cose vanno decisamente meglio. Soprattutto se torna la vita a sfavillare un po’ qua e un po’ là. Metaforicamente, per me la vita ha il volto di un bambino che passo dopo passo scopre il mondo e ne resta stupito. Il caso, il destino, il caos – ma ognuno lo chiami pure come preferisce – mi ha condotto proprio fra loro, fra i bambini. Me lo ha permesso il bellissimo progetto de “La cittadella dell’infanzia” con le attività dell’associazione “Bimbinsalute”, portandomi questa volta al parco dell’ex caserma Di Cocco, a Pescara. Probabilmente, e lo ammetto con un po’ di rossore, sono l’unica pescarese che non aveva mai visitato quella meraviglia. Però ora sento di aver rimediato: è un parco enorme, non fosse stato per una mia collega in questo momento mi starei ancora dondolando sconsolata su un’altalena. Però il viaggiatore spaesato sa sempre che esiste una stella amica, una stella guida. Infatti, alla vista di un turbinio scatenato di colori che incredibilmente faceva zig zag senza mai scontrarsi, ho riconosciuto i bambini, ho rivisto dopo tanto tempo i loro sorrisi, quell’irresistibile aria indaffarata che mostrano quando hanno da realizzare un progetto che tanto gli adulti, figuriamoci, non capirebbero. Piccoli uomini e piccole donne d’età compresa tra i tre e i cinque anni, tutti insieme a dar vita al progetto di psicomotricità e avviamento allo sport, “Bimbinsalute” per l’appunto. Mi ha colpito in maniera particolare la loro disciplina, sicuramente dovuta anche a operatori del settore davvero capaci, il rispetto delle regole, dei turni. E l’amicizia. Sì, perché questi bimbi si sono conosciuti per la prima volta proprio nell’ambito di questo eccellente laboratorio e si sono riconosciuti tutti fin da subito come amici. Ecco, prendiamo spunto magari, noi che a volte siamo sempre così indaffarati e musoni.
Ebbene, quanti colori turbinavano tra l’erba. Così tanti che ad esempio mi sono chiesta perché mai noi adulti bandiamo sempre le cose che profumano di gioia e di vita. Due di loro avevano una maglietta arancione, riscopriamo l’arancione che fa sorridere.
Lo scopo di questo laboratorio non è solo il mero divertimento, anche se questo costituisce una parte importante dell’iniziativa, c’è molto altro: anzitutto prendere coscienza di sé, del proprio ruolo nello spazio, delle capacità che, se non sono ancora acquisite, lo saranno certamente in una seconda fase dal momento che ognuno ha il diritto di arrivare dove vuole. Così si impara a saltare se non si sa saltare, si agisce sulla coordinazione se questa è scarsa, si impara a correre se non lo si sa fare correttamente, si imparano un milione di cose al punto che se io stessa facessi un piccolo test sarei più o meno sempre con il sedere a terra. Non per niente, ci sono tre ragazze fantastiche: la prima è Maristella, laureata in Scienze Motorie, che tiene più di ogni altra cosa al divertimento, al gioco libero, alla libertà. Maristella non trascura l’aspetto psicologico e pensa che tra gli obiettivi più importanti del laboratorio debba sussistere la socializzazione, un po’ come sentirsi “squadra”. Ma è anche vero, come sottolinea l’operatrice, che nessuno deve mai subire la violenza di sentirsi costretto a partecipare a una qualsiasi attività; mai dimenticare che sono essere umani dotati di propria volontà e capacità decisionale. La ragazza non nasconde le difficoltà che a volte sono insorte, non a livello motorio, ma prettamente comportamentale e di qui la messa in atto di una strategia fondamentale come quella di lavorare sul rispetto delle regole. O a dover studiare il modo migliore per evitare che il bambino particolarmente timido – esiste in ogni realtà e sempre esisterà – si isoli maggiormente fino a perdersi. Nella fattispecie volete sapere se il bimbo in questione ha superato i suoi limiti? La risposta è sì, evviva Maristella.
C’è poi Arianna, laureata anch’essa in Scienze Motorie, che invece si occupa di una fascia di bambini più alta a livello di età, e dunque svolge il proprio lavoro con “Bimbinsalute” senza scontrarsi con criticità particolari. Ama il proprio lavoro, soprattutto entrare in empatia con ciascuno di loro, cercando di carpirne quegli atteggiamenti rivelatori.
E infine Desia, con un curriculum incredibile e laureata in Scienze Motorie, per cui i bambini di “Bimbinsalute” ma non solo, sono un faro capace di aiutare anche chi lavora nel settore, per scoprirsi o riscoprirsi, per essere fieri di sé o migliorare. Le ho chiesto come gestisse i momenti di crisi, soprattutto comportamentale, da parte dei bambini. Desia non ha esitato, nello spazio di un fiato ha detto: sincerità. E mi ha parlato del suo modo di chetare l’eventuale sovversivo; e dunque, prima un approccio morbido – un richiamo insomma -, poi il rimprovero vero e proprio (be’ ci sta) e per finire sguardo dritto negli occhi, riepilogo di quanto accaduto e la domanda: secondo te è giusto? In che modo? Sappiamo quanto i bambini siano intelligenti e in grado di riflettere, dunque perché non parlarci? Perché non confrontarsi?
Serve. Perché poi tornano. E lo fanno con un fiore in mano, un disegno che li rappresenti, un sorriso che vale più di tutto messo assieme.
La perla l’ho lasciata per la fine, perché vorrei raccontare di una donna dalla straordinaria forza che mi ha stupito, meravigliato, lasciato delle riflessioni importanti come eredità. Lei è la responsabile del progetto, Monica Capodicasa, con un passato che c’entra niente con il lavoro che attualmente svolge. Faceva l’umanista, laureata in Lettere con indirizzo archeologia e, come capita a tutti in questo caso, si barcamenava tra supplenze varie. Ma già da quel momento sentiva dentro stridere qualcosa, come se stesse percorrendo il cammino di qualcun altro. Ma poi una semplice esperienza ha avuto il potere di stravolgere tutto, di farle capire quale fosse il suo sentiero: dopo una campagna di scavi in Libia, Monica si fermava a giocare con i figli del custode. E cielo se amava farlo! Tornata a casa era ormai chiaro: ha lasciato tutto e si è dedicata totalmente a lavorare con i bambini. E diamine se non ha avuto ragione: oggi gestisce ben tre scuole per l’infanzia e sta anche per laurearsi in Scienze dell’Educazione.
Nel frattempo si dedica anima e corpo all’associazione “Bimbinsalute”, partner della Cittadella dell’Infanzia, dove lotta costantemente affinché si difenda il valore di giocare all’aperto, di sporcarsi, di abbattere ogni competizione che tanto non serve a niente e anzi è dannosa, imparare le regole e il loro perché. Per Monica lo slogan potrebbe essere questo: “Il vincitore non c’è”, tutti partecipano, tutti si divertono, tutti apprendono. Al punto che, e questo mi ha tanto stupito, sono diventati tutti amici. Non solo i bambini con i bambini ma le madri, con Monica in testa, hanno stretto legami forti che non dubito saranno anche duraturi. Si tratta di una grande soddisfazione perché questo è un caso di vita vera in cui l’umanità vince e si stringe attorno ad altra umanità. Io lo trovo strabiliante, qualcosa di prezioso da portarsi dentro come un dono.
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