Progetto Rete CEET al circolo “Cinema Vekkio” a Corneliano d’Alba: il racconto dell’educatrice Chiara Fenocchio

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Il grimaldello che ci ha permesso di aprire la porta è stata la proposta di organizzare, grazie all’azione 10 del progetto CEET di contrasto all’abbandono scolastico, piccoli gruppi di sostegno e supporto allo studio fuori e dentro la scuola, per aiutare principalmente i ragazzi che a causa di scarsa conoscenza della lingua, disturbi specifici dell’apprendimento e della carenza di supporti tecnologici, avevano subito i più gravi effetti collaterali della didattica a distanza e faticavano a rimettersi in pari con i compagni.

Dopo 4 mesi di silenzio il cortile ha ricominciato a riempirsi di voci, non tante quante quelle a cui eravamo abituati ma di certo una boccata d’ossigeno per tutti noi e per tutti i ragazzi che hanno partecipato alle attività estive del circolo “Cinema Vekkio” di Corneliano d’Alba, un piccolissimo comune nella provincia profonda del nord-ovest .

Così è trascorsa gran parte dell’estate 2020, l’anno in cui il tempo si è fermato, a ricostruire le relazioni interrotte, a rigenerare la fiducia nell’altro, che non è soltanto un potenziale untore, ma anche un amico, un ragazzo, un educatore, o un passante, qualcuno con cui divertirsi, crescere e condividere spazi e tempi di socialità.

Fortunatamente la nostra capillare presenza sul territorio per più di vent’anni ha fatto sì che la ripresa delle relazioni educative nel circolo fosse piuttosto veloce e che persino le restrizioni dovute al contenimento del covid-19 diventassero uno strumento per “allargare la rete”, contattare più associazioni alla ricerca di spazi da trasformare in sedi di centri estivi, coinvolgere maggiormente famiglie e istituzioni nella costruzione di spazi di socializzazione, gioco e crescita comune.

Ciò che ancora ci sfuggiva era la scuola, tramutata in roccaforte inespugnabile dopo mesi di chiusura e insicurezze sulla riapertura: penetrare in quegli spazi sembrava diventato impossibile. Abbiamo dovuto aspettare febbraio per poter accedere alle aule (e agli stessi ragazzi che vedevamo ogni pomeriggio al circolo) ma i mesi di trattative, contatti, incontri con insegnanti e dirigente avevano prodotto un risultato impensato: l’ingresso di un nostro operatore (io che sto scrivendo, n.d.a.) nella scuola secondaria, con la quale, in vent’anni di lavoro e di tentativi caduti nel vuoto, non eravamo mai riusciti ad instaurare una collaborazione continuativa e proficua.

Il grimaldello che ci ha permesso di aprire la porta è stata la proposta di organizzare, grazie all’azione 10 del progetto CEET di contrasto all’abbandono scolastico (Implementazione azioni educative e rigenerazione presidi territoriali – Azioni di contrasto alla dispersione scolastica), piccoli gruppi di sostegno e supporto allo studio, fuori e dentro la scuola, per aiutare principalmente i ragazzi che a causa di scarsa conoscenza della lingua, disturbi specifici dell’apprendimento e della carenza di supporti tecnologici, avevano subito i più gravi effetti collaterali della didattica a distanza e faticavano a rimettersi in pari con i compagni.

Dopo i primi incontri tenuti singolarmente con i ragazzi coinvolti (2 ragazzi in prima, 2 in seconda e 3 in terza), le lezioni hanno iniziato a coinvolgere anche alcuni compagni di classe, permettendo di fatto a volte un tutoraggio tra pari molto proficuo e dai risultati più che soddisfacenti sia dal punto di vista didattico che emotivo.

I ragazzi che hanno partecipato a questi incontri sono fioriti: hanno acquisito più sicurezza e motivazione hanno scoperto il lato più piacevole dell’imparare e si sono sentiti capaci. Io, che ho avuto l’opportunità di assistere a questa fioritura, ho provato la loro stessa gioia ed ho preparato il terreno per questo nuovo anno insieme che, iniziato in modo sicuramente meno burrascoso, ha goduto delle reti tessute nei mesi precedenti ed ha portato da subito buoni frutti.

Il nuovo anno scolastico mi ha trasformata in una specie di ibrido “educatore scolastico” permettendomi di fungere da nodo tra la classe, le famiglie e i ragazzi, condividendo informazioni, collegando il lavoro svolto a scuola con quello presso il circolo in modo molto più efficiente ed efficace e raggiungendo molto più facilmente i ragazzi che hanno cominciato a frequentare anche il circolo in modo più assiduo.

Le voci dei ragazzi, che si muovono frastornati nelle nebbie di questi tempi confusi, mi hanno insegnato molto dal punto di vista umano e professionale. La lezione più importante che ho imparato in questi miei “giorni da prof” è che per venire fuori dalla confusione servono i ponti e i giardinieri, servono i nodi e i cortili, servono i banchi e i prati.

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