I Mega Partner si raccontano – Istituto “F. Cavazza”
di unioneitalianaciechi
Il primo dei Mega Partner che fa parte del Progetto Bloom Again e che andremo a intervistare è l’Istituto dei ciechi “Francesco Cavazza”. Noi abbiamo raggiunto i due referenti che sono: Marco Mattioli e Paola Gamberini.
D: Marco, quali sono stati i benefici sin d’ora ottenuti grazie alla partecipazione al progetto?
Mattioli: La rete collaborativa che si è istituita fra i partner è risultata di grande rilievo in quanto ha contribuito a consolidare il rapporto fra i diversi enti che si occupano specificamente di disabili visivi e pluriminorati. Di notevole valore anche lo scambio di idee fra i soggetti coinvolti nel progetto stesso, teso quindi, in particolare, ad ampliare i livelli di esperienza e conoscenza maturati nei rispettivi ambiti operativi.
D: Ha incontrato difficoltà durante la prima annualità, anche data la situazione pandemica che abbiamo vissuto tutti?
Mattioli: Sì, infatti la difficoltà principale è derivata proprio dalla inevitabile necessità di organizzare i workshop a distanza; quindi è venuta meno buona parte di quella fase interattiva solitamente incoraggiata dalla presenza in loco dei partecipanti, specialmente sul piano pratico con l’impossibilità ad esempio di procedere con la sperimentazione degli ausili tiflo-informatici che venivano proposti durante i workshop stessi ma anche al livello di dialogo, in termini di richieste, di chiarimenti specifici. Sono stati proposti dei video esplicativi sugli ausili però purtroppo ovviamente non possono essere in grado di risultare esaudienti come un’esperienza diretta vissuta dai partecipanti.
D: Paola, secondo lei quali sono i punti di forza della strategia progettuale da segnalare come buona pratica trasferibile?
Gamberini: Noi come Istituto “Francesco Cavazza” ci siamo occupati soprattutto degli aspetti legati alle nuove tecnologie e anche di elaborare un questionario riguardante le autonomie, l’orientamento e la mobilità. Quello che mi è sembrato un aspetto positivo del progetto è stato innanzitutto il fatto che siano stati abbinati momenti di formazione teorica a momenti di workshop esperienziali. Questo abbinamento mi è sembrato molto utile! Poi, ho potuto rilevare l’importanza di mettere a disposizione degli operatori, che si occupano di ragazzi con disabilità visiva, questionari di valutazione e autovalutazione per monitorare i progetti che vengono attuati. Un altro aspetto che mi è sembrato interessante e buona pratica da ampliare, è quello di implementare le iniziative di formazione nei rispettivi ambiti regionali perché c’è molto bisogno di formazione: l’ho riscontrato personalmente sul campo durante le lezioni. Infine secondo me sarebbe necessario prevedere regolarmente moduli formativi sulle pluridisabilità perché è un argomento molto importante da coltivare.
D: Paola, infatti volevo chiederle proprio se ha qualche altro suggerimento per migliorare, implementare il progetto.
Gamberini: Quelli appena citati, sono secondo me i suggerimenti fondamentali. Il fatto di aumentare le iniziative di formazione diffusa sugli ambiti regionali e quello di distinguere in un certo senso i diversi “target” per quanto riguarda la formazione degli operatori: c’è bisogno infatti di informazione specifica sulla cecità, sull’ipovisione, sulla pluridisabilità e poi in abbinamento con momenti esperienziali. Un aspetto ulteriore però è scaturito dall’esperienza vissuta dai colleghi che hanno partecipato al workshop. Per quel momento esperienziale avevamo predisposto attività di formazione teorica sulle nuove tecnologie pensate per bambini e ragazzi non vedenti o ipovedenti quindi “normodotati” mentre in realtà vi hanno partecipato soprattutto ragazzi con pluri-disabilità: la nostra proposta suggerisce di cercare di essere più specifici nell’abbinamento tra il tipo di formazione teorica che un certo partner fa e il tipo di workshop a cui partecipa.
D: Mi rivolgo nuovamente a Paola. Le va di condividere con noi un episodio significativo che ha caratterizzato gli interventi all’interno dei workshop esperienziali?
Gamberini: Ci sono due episodi. Innanzitutto il fatto di aver visto come sia possibile attivare le risorse di persone con pluridisabilità, anche nell’ambito di workshop esperienziale, attraverso esperienze come la piscina oppure serate passate a suonare insieme la chitarra e a cantare. Vedere quanto l’aggregazione curata da operatori esperti, competenti e coinvolti umanamente possa davvero aiutare. L’altro momento che posso ricordare riguarda invece l’esperienza di formazione teorica. Tante domande sono state rivolte da operatori che nonostante seguissero già dei ragazzi con disabilità visiva erano però “digiuni” delle nuove tecnologie, essenziali invece nell’ambito pedagogico didattico: questo mi ha innanzitutto fatto sentire l’utilità dell’iniziativa ma mi ha fatto anche capire quanto ci sia bisogno, ancora una volta, di formazione.
D: Grazie per essere stati con noi e grazie per il vostro operato.
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