Le Regioni si raccontano – Lombardia
di unioneitalianaciechi
Nicola Stilla, consigliere delegato e referente del progetto Bloom Again in Lombardia
D. Quali sono stati i benefici del progetto?
R. Sintetizzandoli, principalmente sono due. Il primo è aver dato la possibilità a diversi studenti, sia della scuola primaria che della secondaria, di approfondire e meglio approcciarsi ai corsi per il Braille e per l’informatica, perché l’azione che abbiamo concluso riguardava prevalentemente questo. È stato un grande risultato, perché i nostri ragazzi hanno acquisito una grande padronanza dello strumento. L’altro obiettivo conseguito è quello che come Consiglio regionale siamo riusciti a dotarci di un pulmino a 9 posti per poter organizzare escursione, uscite e servizi proprio per i ragazzi anche con pluridisabiità. Perché l’altra finalità di quell’azione era quella di prevedere l’organizzazione di 8 fine settimana sottoforma di laboratori per potenziare le capacità di autonomia dei nostri ragazzi, fine settimana in cui i ragazzi stanno con noi sia il sabato che la domenica per socializzare con momenti ricreativi, con soggiorno con gli operatori ai quali si aggiungono gli spostamenti per delle escursioni.
D. Quali difficoltà durante la prima annualità?
R. La grossa difficoltà purtroppo è dipesa dalla pandemia, perché abbiamo fatto fatica a rispondere agli imprevisti numerosi, come l’impossibilità di muoversi nelle zone rosse, visto che dovevamo mandare i nostri operatori nei domicili. Ma non solo per la zona rossa, ovviamente anche le famiglie non erano così concordi nel far entrare un operatore esterno dentro casa. Quindi la vera difficoltà è stata rappresentata dalla pandemia e quindi non è stato difficile dal punto di vista organizzativo anche per quanto riguardano i fine settimana educativi, dei quali siamo riusciti a farne solo una parte di quelli previsti nel progetto.
D. Quali sono i punti di forza del progetto?
R. Ne intravedo due. Il primo riguarda i nostri ragazzi: i momenti di socializzazione sono fondamentali per i nostri ragazzi e quindi la forza è stata proprio questa. Partire da una socializzazione tra pari per poi spostarsi a una socializzazione anche con gli altri. I ragazzi vivono questi momenti con entusiasmo e attesa. L’altro punto di forza riguarda quei ragazzi che grazie al progetto sono in grado di usare lo strumento informatico in maniera autonoma e questo sta consentendo di sviluppare meglio tutto il percorso didattico e di studio che stanno affrontando.
D. Come sarebbe possibile migliorarlo?
R. Non è facile, ma in questi giorni pensavo che questi progetti dovrebbero avere una durata maggiore. Questa considerazione è strettamente legata al momento pandemico, ovviamente, però sicuramente pensare di dare questa opportunità anche dopo la chiusura del progetto, con la regione Lombardia. Maggiore tempo e maggiore flessibilità nel progetto possono offrire un rimedio a qualsiasi imprevedibilità.
D. Ci racconta un episodio significativo?
R. Ne sintetizzo due. Il primo l’ho già accennato in parte: quello delle famiglie che chiamano per informarsi su quando sarò il prossimo fine settimana. Questa è una grande soddisfazione, perché significa che abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. L’altro momento è quando un genitore, magari nel confronto per un percorso didattico, dice “ma tanto adesso il ragazzo potrebbe fare a meno del libro cartaceo, perché riesce a utilizzare il pc”. È importante perché anche in questo caso si vede che l’obiettivo è stato raggiunto senza troppe parole o festeggiamenti, perché lo strumento informatico può sostituire o integrare lo studio e le conoscenze del bambino oltre al libro. Pe noi è una soddisfazione, per il bambino essere autonomo è un motivo di gioia, e per la famiglia è la soluzione a uno dei problemi che devono affrontare durante l’anno, nell’inserimento scolastico. E tutto questo nonostante questa pandemia abbia fortemente limitato tutto ciò che si poteva fare in precedenza, come erogazione di tutti i servizi a 360 gradi.
Federico Scarparo, uno degli operatori del Consiglio regionale Uici della Lombardia per il progetto Bloom Again
D. Quali sono state le ricadute sui minori coinvolti nel progetto?
R. Il concetto chiave che meglio racchiude il percorso di Bloom Again è il tempo. Un tempo che è stato dedicato ai ragazzi, alle loro necessità, ai bisogni specifici e alle loro aspirazioni, e anche ai loro sogni. Un tempo che non è dettato da scadenze scolastiche, compiti o performance. Alcuni bambini li conoscevo direttamente perché sono coinvolto nel loro percorso informatico come tifloinformatico. Alcuni di loro si sono rivelati una sorpresa: sia nel loro ambiente domestico, sia nei nostri centri, erano loro i protagonisti. Hanno fatto domande e ottenuto trucchi per poter lavorare meglio al pc, e si sono anche divertiti. È stato un percorso cucito su misura su di loro, senza il timore che qualcuno li giudicasse. Abbiamo affrontato i problemi incontrati di volta in volta con soluzioni sempre diverse e che spesso loro stessi hanno trovato, conoscendo meglio la tecnologia assistiva.
D. Quali sono stati i benefici riscontrati dalle famiglie?
R. In molti incontri hanno partecipato anche i genitori e sono rimasti sorpresi dall’impegno messo dai loro figli. A volte non si attendevano nemmeno dei risultati e invece abbiamo ottenuto l’effetto sorpresa. È stato molto divertente per molti versi. Per alcuni poi è stato anche possibile rendersi conto che l’autonomia attraverso l’uso del pc non è solo possibile, ma anche raggiungibile. E fondamentale è stata la loro collaborazione attiva, anche per trovare momenti di partecipazione o semplicemente per sostenere il percorso dei loro figli. Penso abbiano apprezzato anche l’attenzione dell’Uici nel mandare avanti un progetto che rispondesse alle loro attenzioni e a quelle dei loro figli.
D. Ha incontrato difficoltà nella prima annualità del progetto?
R. La difficoltà è stata proprio cercare di rispettare le regole di quarantene e quant’altro. Molto spesso è stato difficile spiegare ai bambini che non ci si poteva incontrare per il consueto incontro, ma devo dire che loro hanno rispettato le modalità di intervento, tenuto la mascherina, mantenuto le distanze e abbiamo anche utilizzato di volta in volta, gli strumenti tecnologici per fare videochiamate o comunque per sentirci.
D. Cosa suggerisce per migliorare gli interventi?
R. Quando la pandemia lo permetterà sarebbe bello che i ragazzi condividessero tra loro le esperienze, dandosi consigli e supportandosi. Sarebbe un modo per conoscersi e capire che anche altri stanno percorrendo un percorso simile.
D. Ci può raccontare un episodio significativo?
R. Con tutti i bambini ho ricordi particolari. Ma ricordo con piacere un bambino, ipovedente che frequentava la prima media, che ha iniziato a utilizzare un programma per la creazione di contenuti digitali. Un programma che lui è riuscito a gestire al meglio utilizzandolo da solo, imparando molti trucchi dai comandi alla tastiera, senza lasciarsi vincere dall’apparente impossibilità di poter utilizzare questo programma. In questo modo ha addirittura creato dei video di spiegazione sugli argomenti trattati a scuola o approfondito argomenti particolari che riguardavano i propri interessi. E la cosa che mi ha colpito è come ha saputo superare una sua timidezza iniziale e abbia cercato sempre di migliorarsi nell’utilizzo del programma. E la motivazione ha avuto un ruolo fondamentale nell’apprendimento, strategie funzionali al raggiungimento dell’obiettivo preposto.
Signora Annarita, mamma di Matteo che ha preso parte al progetto Bloom Again
D. Quali sono stati i benefici ottenuti da suo figlio?
R. Mio figlio impazzisce per tutto ciò che è tecnologia, quindi questo progetto per lui è stato bellissimo, visto che lo ha aiutato nel lavorare con l’informatica su cose scolastiche, ma anche per divertimento. Tanto è vero che quest’anno che finisce la terza media e dovrà iniziare le superiori, ha scelto un indirizzo dove farà grafica e cose che ha imparato in questo progetto riguardo l’informatica. Per cui lo ha talmente esaltato che ha deciso di continuare su questa strada.
D. Come è riuscito a sostenere suo figlio?
R. Come mamma non ho fatto assolutamente niente, perché lui e l’operatore si conoscevano benissimo e avevano già un rapporto di amicizia. Poi nel problema sorto dalla pandemia, la soluzione è stata trovata con le videolezioni quando non ci si poteva incontrare. Quindi, non c’è mai stato nessun bisogno dei genitori.
D. In che cosa il progetto ha migliorato la quotidianità di suo figlio?
R. Il suo interesse lo ha portato ad applicare nelle sue giornate tutto quello che ha imparato, sia per studiare che per divertirsi.
D. Come sono state superate le difficoltà della pandemia?
R. Quando non si poteva essere in presenza si faceva tutto online, quindi non ha influito sulla praticità del progetto. In più lo svolgimento delle attività o in sezione o a casa è stato un elemento di comodità non indifferente.
D. Ha qualche suggerimento per migliorare gli interventi messi in atto?
R. No, è stato perfetto. In più, non credo di avere le competenze, spero solo che queste esperienze si possano ripetere nel tempo.
D. C’è un’esperienza significativa che vorrebbe condividere con noi?
R. Non c’è, perché comunque nei momenti in cui Matteo faceva questi corsi, erano lui e l’operatore e guai ad entrare nella camera mentre erano loro dentro. Bisognerebbe chiedere a Matteo, perché ci sono stati sicuramente.
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