Dispersione scolastica e criminalità: l’emergenza giovani in Sicilia
di itetragonauti
C’è una relazione tra dispersione scolastica e criminalità organizzata? Un fattore alimenta l’altro, perlomeno è quanto si osserva nelle aree periferiche delle grandi città siciliane dove il tasso di abbandono arriva a toccare il 50-60%. Lo spaccato è emerso al convegno organizzato a Catania, il 2 aprile 2022, dall’Associazione Centro Koros di Catania nell’ambito del progetto A Scuola per Mare.
Al convegno – “Un passo avanti” – Combattere la dispersione scolastica per fermare la devianza minorile” – sono intervenuti Claudio Fava, presidente della Commissione regionale Antimafia della Sicilia, Roberto Di Bella, presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Gabriele Gaudenzi, presidente di APS I Tetragonauti e responsabile del progetto A Scuola per Mare, Ubaldo Lucci, presidente di Unione italiana vela solidale, Simona Ravizza, direttrice dell’associazione Antonia Vita-Carrobiolo, Francesca Andreozzi, presidente della Fondazione Fava e Aps Centro Koros.
Nel suo intervento Claudio Fava ha fotografato il contesto sociale in cui si colloca l’emergenza giovani: la dispersione scolastica è in media pari al 20% nella città metropolitana di Catania, ma con marcate differenze tra i diversi quartieri. Nelle periferie supera il 50-60%, indice che alcune aree negli anni sono diventate veri e propri ghetti sociali con la presenza di vulnerabilità gravi. In questi luoghi, dove la presenza delle istituzioni non è avvertita quanto dovuto, le mafie finiscono per essere percepite, da una parte delle persone più fragili, come una risposta sociale. Le scuole, dal canto loro, si assumono una funzione di supplenza sociale con le limitate risorse a disposizione, rapportandosi anche alle realtà del terzo settore. Il privato sociale però, ad oggi, non è nelle condizioni di garantire continuità ai percorsi avviati che sono necessariamente legati ai finanziamenti: quando un progetto finisce si ferma, a volte viene rinnovato in seguito, ma nel frattempo la vita dei ragazzi continua e può prendere la strada della criminalità.
«Occorre recuperare un grande spirito di sinergia tra le istituzioni e assumere il tema del disagio minorile come priorità sul piano politico perché riguarda circa mezzo milione di siciliani», ha osservato Fava.
Una seria politica antimafia non può non considerare la condizione minorile, che è cruciale, secondo Roberto Di Bella: «Circa l’80% dei ragazzi che entrano nel circuito penale hanno una scolarizzazione molto bassa. Molti di loro hanno appena la licenza elementare, spesso parlano soltanto in dialetto e ci sono difficoltà di interlocuzione». Eppure, continua Di Bella, «in Calabria i ragazzi nei contesti di ’ndrangheta vanno a scuola». Nella città metropolitana di Catania si parla di 16-18 mila bambini e ragazzi tra i 6 e i 16 anni che non vanno a scuola. Dall’altra parte, i procedimenti civili per la dispersione scolastica si contavano sulle dita di una mano prima degli interventi messi in atto. Proprio dall’analisi di queste situazioni è partito il lavoro congiunto delle istituzioni.
«Insieme al prefetto di Catania Claudio Sammartino – spiega Di Bella – abbiamo creato una cabina di regia interistituzionale in Prefettura sulla condizione minorile nella città, coinvolgendo gli uffici giudiziari minorili, la procura distrettuale antimafia, l’ufficio scolastico provinciale, Comune e Città Metropolitana, l’asp, le diocesi del territorio e l’ispettorato del lavoro, oltre a tutte le forze dell’ordine. Abbiamo aperto questo osservatorio alle realtà del terzo settore per ricevere degli stimoli importanti».
Da lì state messe in atto una serie di azioni significative. Innanzi tutto sono stati mappati i quartieri-ghetto della città di Catania, rappresentando le criticità emerse e ipotizzando dei piani di sviluppo. Tra le prime iniziative, quella di sensibilizzare i dirigenti scolastici sull’obbligo di segnalare i casi di dispersione scolastica. Per facilitare la procedura è stato predisposto un modulo che le scuole del territorio devono compilare con cadenza trimestrale.
Ma c’è stato un passaggio ulteriore particolarmente significativo. A Catania 26 mila persone percepiscono il reddito di cittadinanza e 60 mila persone ne beneficiano, considerando i nuclei familiari. La maggior parte di queste persone sono residenti nei quartieri-ghetto. «L’articolo 7 comma 9 della legge prevede una serie di obblighi per chi percepisce il reddito di cittadinanza, tra cui garantire i corsi di istruzione dei figli. Abbiamo realizzato un protocollo con l’Inps facendo dettagliare nel patto per l’inclusione sociale che il percettore del reddito di cittadinanza deve siglare l’obbligo di garantire la frequenza scolastica dei figli».
Il protocollo che ne è derivato, firmato lo scorso febbraio, è una novità a livello nazionale. L’iniziativa sta procedendo e spiccano i primi risultati: solo nel primo trimestre 2022 sono arrivate 550 segnalazioni di dispersione scolastica, a fronte delle 40 del primo trimestre 2021. «Stiamo inviando le segnalazioni all’Inps per la revoca del reddito di cittadinanza e per una serie di omissioni».
Tra gli obiettivi, far capire ai ragazzi che la mafia non conviene e offrire alternative con programmi strutturati, senza dimenticare di raccontare delle vittime della criminalità organizzata, tra le quali ci sono anche le persone coinvolte nelle organizzazioni mafiose. «I principali boss di Catania sono stati ragazzi di un quartiere ed hanno avuto una progressione criminale nella carenze delle loro famiglie, nella disattenzione delle istituzioni; nella criminalità organizzata hanno trovato un’occasione di appagamento identitario e di riscatto sociale. La mafia in alcuni contesti è stata più credibile dello Stato: come la mafia infiltra le istituzioni le istituzioni devono infiltrare quei contesti». A livello istituzionale sono stati già adottati gli strumenti necessari come l’allontanamento dei ragazzi nei casi più gravi, il coinvolgimento dei familiari, il monitoraggio sul territorio. «Anche qualche boss catanese si è fatto avanti e ci stanno incoraggiando a proseguire. Uno in particolare ha detto allontani mio figlio da questo quartiere altrimenti farà la mia fine».
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