Affido Culturale: la parola ai docenti – prima parte

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Students wearing face masks and sitting at a distance from each other attend class at a municipal school on the first day of classes for the new academic year in Valencia on September 7, 2020 amid the coronavirus pandemic. - Spain will require all students aged six or older to wear masks and is urging them to wash their hands at least five times a day. The country was one of the hardest-hit countries when the coronavirus struck Europe this year before a strict lockdown helped reduce the outbreak's spread. But infections have surged since the lockdown measures were fully removed at the end of June. (Photo by JOSE JORDAN / AFP) (Photo by JOSE JORDAN/AFP via Getty Images)

 

Costruire una società con maggiore dono di sé, fiducia, attenzione per l’altro è fra i temi principali di Affido Culturale, il progetto nazionale selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa attivo in particolare a Napoli, Roma, Modena, Bari.

 

La scuola come comunità educante in cui convergono bambini e ragazzi, ma anche genitori e docenti è luogo per eccellenza in cui costruire le basi di una società impostata su questi principi.

 

In questo costante lavoro di confronto con il mondo della scuola, che Affido Culturale porta avanti a differenti livelli, abbiamo raccolto le impressioni di alcuni docenti attivi sul territorio di Napoli.

In una chiacchierata a più voci con Stefania N., docente di sostegno in una scuola primaria di Napoli, Diego R., insegnante di sostegno in un istituto professionale napoletano (indirizzo moda) dove segue due studentesse in due classi diverse, Anna Franca B., docente di Progettazione e laboratorio di Design in un Liceo artistico in provincia di Napoli, e Marina N., insegnante di sostegno in un Liceo classico e scientifico di Napoli, abbiamo affrontato in particolare due temi che proporremo in un doppio appuntamento editoriale sul nostro blog oggi e domani, venerdì 15 gennaio:

 

  • risorse personali e modalità pratiche utilizzate nella pratica dell’insegnamento da remoto e/o in presenza ai tempi del Coronavirus;

 

  • emozioni e manifestazione dell’emotività nei ragazzi fra coetanei e col mondo adulto.

 

 

L’insegnamento come professione

 

In primo luogo abbiamo discusso delle variazioni – in ambito strettamente professionale – che questo tempo storico interessato dalla pandemia da Covid -19 ha comportato nell’insegnamento e dunque le risorse e le soluzioni personalmente adottate per affrontare la didattica, in particolare, da remoto in considerazione del fatto che la Regione Campania è stata interessata da una severa chiusura degli istituti scolastici non solo nel periodo marzo>giugno ma anche ottobre>dicembre 2020.

 

E’ emerso che l’insegnamento come professione, più di molte altre, intreccia indissolubilmente praticità ed emotività.

 

“Il mio primo compito – riferisce Stefania N. – è quello di ridurre lo stato di disagio dei ragazzi sia nelle relazioni che nel processo di apprendimento. Anche durante il periodo dell’attività da remoto, ho cercato di ridurre il disagio creato dalle restrizioni del lockdown, progettando attività in cui i miei alunni potessero esprimersi anche col corpo attraverso la manualità e l’apprendimento esperienziale”.

 

“Credo che l’insegnamento, per essere efficace, debba passare necessariamente attraverso il contatto diretto, la presenza fisica, la relazione affettiva ed emotiva. Nella DAD è impossibile realizzare quell’erotica dell’insegnamento che, di fatto, è la ‘condicio sine qua non’ della relazione formativa. Nella didattica di sostegno, di cui mi occupo, questa mancanza si avverte con estrema forza: vi è una dimensione affettiva che è cruciale nella didattica inclusiva e che immancabilmente va perduta quando l’unico contatto possibile avviene attraverso un monitor. Mai come in questo periodo il ruolo degli insegnanti e della scuola, in generale, risulta di fondamentale importanza, perché consente ai ragazzi di avere un importante punto di ancoraggio, un confronto con gli adulti che possa fornire loro una guida e un minimo di stabilità. riferisce Diego R. che precisa Detto questo, il lavoro di insegnante non risulta meno stimolante, anzi la DAD ci invita a individuare percorsi alternativi, strumenti didattici più accattivanti ed inclusivi, dalla flipped classroom al PowerPoint.”

Anche Anna Franca B. si associa a questa posizione “la modalità di insegnamento da me attuata è sempre stata incentrata su una didattica molto partecipativa e di collaborazione. Inizialmente ero preoccupata su come poter fornire ai miei allievi un adeguato insegnamento, ma è bastato reinventarsi. Ho acquistato una webcam direzionale, quella per fare i tutorial, ed i risultati sono stati decisamente soddisfacenti. Abbiamo dovuto formarci sull’utilizzo di piattaforme, vari formati di documenti e file multimediali. Le correzioni avvengono tramite invio foto dell’elaborato che correggo o live o con rinvio foto con l’IPad.”

 

Marina N. conclude con una riflessione anche da un punto di vista economico, il cui carico è stato maggiore sia per i docenti che per le famiglie. “Non è banale la spesa relativa al potenziamento delle strumentazioni tecnologiche, al carico delle utenze. Senza dimenticare che con il lavoro a distanza, azzerandosi lo spazio-tempo, non sei più padrona del tuo tempo e della tua professione. In questo senso tutto ciò che veniva identificato come tradizionale, tutte le disposizioni e le categorie utilizzate per ottemperare ai bisogni educativi e formativi vanno necessariamente ripensati”.

 

Si conclude per il momento questa nostra chiacchierata, a domani per un ulteriore focus sul mondo della scuola dal punto di vista dei docenti.

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