Il Progetto Zenobia a Piombino: il racconto delle nostre operatrici
di cadiai3
Piombino è una piccola realtà in Toscana, regione che si distingue per la promozione dei servizi educativi per la prima infanzia. Tuttavia, quella di Piombino sembra essere una situazione a parte: il quartiere Cotone-Poggetto è un ex quartiere industriale, che con il tempo si è progressivamente impoverito tanto da essere oggi considerato “un’area di Crisi industriale complessa”, caratterizzata da edilizia povera, degrado, disoccupazione diffusa, presenza crescente di immigrazione e povertà. In situazione di crisi come questa è rilevante il ruolo dei cittadini, che attraverso un tavolo di quartiere stanno lavorando per trasformare il quartiere in un luogo di attivismo civico, integrazione sociale e decoro urbano. Eppure, nonostante il contributo della popolazione locale, il progetto Zenobia in questo quartiere ha faticato a partire.
Ecco il racconto di Chiara, pedagogista e referente di zona del Progetto a Piombino.
Chiara, quali sono le criticità di Piombino e del quartiere dove c’è Zenobia?
Le criticità sono tante, ma quella che più salta agli occhi è l’assenza totale di servizi. Ciò è emerso anche nei colloqui di conoscenza con le mamme, in un primo momento ci siamo approcciate a loro in un ambiente informale: abbiamo iniziato in piazza e fatto una presentazione porta a porta del progetto per invogliare le mamme a venirci a conoscere. Quando siamo andate porta a porta a invitare i bambini, la gente aveva pudore ad aprirci la porta. Abbiamo visto che in alcuni case le stanze sono separate da tende, non essendoci pareti, i bambini spesso dormono nella stessa stanza dei genitori, in un materassino per terra. Questa è la situazione di tante famiglie.
Una volta entrate più in confidenza, le criticità hanno iniziato ad emergere. Quello che ci viene detto è che innanzitutto non c’è un collegamento continuo di mezzi pubblici con il centro e questo comporta un disagio enorme. Il centro dista cinque o sei chilometri, farli a piedi diventa un impegno enorme, soprattutto per le famiglie.
Anche per quanto riguarda certe scuole, anche primarie, succede che, se i bambini fanno il rientro, non c’è un autobus che li riporti a casa. Non c’è una farmacia nel quartiere, non c’è un ambulatorio medico, una scuola, un asilo. Non c’è attività sportiva strutturata, e neanche un bar o un ristorante. All’interno del quartiere è possibile trovare solo un tabaccaio, un parrucchiere, un panettiere e un supermercato. In realtà i supermercati sarebbero due, ma per raggiungere il secondo serve attraversare il viale di ingresso a Piombino, e farlo è pericolosissimo.
La piazza è il principale luogo di ritrovo anche se non c’è nulla, per certi aspetti è una risorsa il fatto che non ci sia niente, perché stimola i bambini ad inventarsi qualcosa da fare e trovare il modo di non annoiarsi. D’altra parte, le mamme si sentono abbandonate.
Come vivono queste criticità gli abitanti del quartiere?
Indubbiamente gli abitanti del quartiere e, soprattutto, le famiglie che lo abitano, si sentono abbandonati. Ci sono dei bambini che amano giocare a calcio e non lo possono fare perché le mamme non hanno modo di accompagnarli.
Questo senso di abbandono è in gran parte colmato dal tavolo di quartiere, che è un’associazione di volontari che da anni gestisce un doposcuola gratuito, una scuola di italiano e alfabetizzazione per le donne, anch’essa gratuita. Con i pochi spazi a disposizione si cerca di fare attività all’aperto, anche una volta alla settimana.
Però fino ad oggi non c’è stato niente di strutturato, in grado di fornire un servizio di ascolto e di presa in carico delle difficoltà che sia più continuativo.
Viste le caratteristiche del quartiere, quale vuole essere il ruolo del Progetto Zenobia?
Come Zenobia vogliamo presentarci a queste famiglie più che come un servizio educativo come uno di prossimità. Vogliamo creare un punto d’incontro e di ascolto, dove forniremo uno sportello psicologico che non sarà solo uno sportello d’ascolto individuale, ma ci saranno anche degli incontri a tema per dare risposte a bisogni che emergono dalle famiglie.
Il nostro spazio si trova a Poggetto, questa è una zona più residenziale e ospita numerose famiglie. Tuttavia c’è una netta divisione anche tra varie realtà etniche: nigeriani, senegalesi, maghrebini. Non è che ci sia una grande armonia fra questi gruppi. Uno dei nostri compiti è quello di avvicinare queste comunità, di non escludere nessuno. Piano piano bisogna far capire che Zenobia è di tutti. Questo è il nostro compito, è molto ambizioso e ne siamo consapevoli, ma vogliamo procedere un obiettivo alla volta. Ti devi dire “vorrei arrivare a questo” e canalizzare le energie e tutto ciò che programmi per andare in quella direzione. Ogni conquista è una tappa importante del percorso.
Il tavolo di quartiere è stato fondamentale per il nostro lavoro e ci ha sostenuto tantissimo: sono stati il tramite, infatti, rappresentano un importante punto di riferimento per il quartiere, essendosi guadagnati la fiducia di molte persone. Ad inizio progetto ci preoccupava l’idea di arrivare a gamba tesa, come se avessimo la soluzione ad ogni problema, quindi abbiamo prima proposto la possibilità di fare attività insieme e contribuire all’educazione e alla crescita dei bambini: inizialmente in modo informale e poi in modo sempre più strutturato, offendo qualcosa senza niente in cambio. Così facendo abbiamo ricevuto una dolce accoglienza.
Secondo te Zenobia come aiuta bambine, bambini e mamme?
Zenobia aiuta bambini e genitori a esprimersi in un contesto dove effettivamente c’è una povertà sociale enorme, oltre che educativa. Di fatto non c’è niente a livello di servizi educativi sul territorio, anche se i bambini vanno a scuola, difficilmente vengono iscritti al nido. Spesso, fino ai tre anni, per cultura, vengono tenuti a casa.
Il Progetto offre un’opportunità per i piccolini per sperimentare qualcosa che sia diverso dalla famiglia. Una condivisione sul territorio di momenti di laboratorio dove gli si mostra cosa succede di fatto all’interno di un nido, se poi vorranno, potranno fare questo passo. Quello che dovrebbe passare come messaggio è che mandare un bambino al nido è una facilitazione per tutti i livelli successivi, ma anche una facilitazione di integrazione e inclusione di una famiglia che magari abita in periferia all’interno di un contesto sociale positivo, che non guarda a quello che possiedi economicamente, ma che è una fusione anche di culture dove te porti qualcosa e ricevi qualcosa. Questa è la funzione fondamentale dei servizi educativi dell’infanzia: abbassare le differenze, e, anzi, iniziare a vederle come risorse. È questo il messaggio che si vorrebbe passare ai genitori.
All’interno delle nostre attività vorremmo coinvolgere anche i padri, che sono quelli che di solito decidono che i bimbi fino a tre anni non si mandano a scuola perché c’è la mamma che non lavora e sta a casa con i bambini. Le mamme andrebbero liberate da questo senso di colpa di mandare i bambini al nido, darebbero ai bimbi un’opportunità in più e sarebbe un’opportunità in più anche per loro. Potrebbero in quel tempo seguire un corso di lingua o di formazione, o ritagliarsi uno spazio lavorativo, che molte desiderano. Tante mamme hanno manifestato la volontà di trovarsi un lavoro, che non sia necessariamente nel quartiere o all’interno della famiglia o svolgendo lavoro casalingo per altri.
Una nostra mamma mi raccontava che aveva studiato giurisprudenza e voleva fare un corso di italiano con il diploma, mi diceva che aveva difficoltà perché aveva i bambini e non sapeva a chi lasciarli, inoltre il corso era lontano e di sera.
Il nido si trova fuori dal quartiere?
Si, è venuto fuori durante le prime interviste in cui si presentava il progetto. C’era la possibilità del nido gratis, il comune di Piombino ha aderito al bando nidi gratis. È una grande opportunità. Ma se hai tre figli che fanno scuole diverse, senza la macchina e col pullman che non passa in certi orari. Molte mamme dicono che non è semplice.
Nella rimodulazione del progetto, anche azzardando, abbiamo pensato a un pullmino per facilitare gli spostamenti di queste mamme. Se il problema è andare all’open day per vedere come funziona un nido, offriamo un servizio per andare al nido, attrezzato di seggiolino, e si va a vedere il nido. Così prendi le informazioni per sapere come fare la richiesta per partecipare a questo bando. Anche a volerlo fare con un abbonamento, le corse degli autobus non vanno bene.
Che tipo di relazioni si sono istaurate tra le diverse famiglie che partecipano al Progetto?
Inizialmente pensavamo fosse loro abitudine trovarsi e sfruttare momenti come quelli in piazza, durante il gioco dei bambini, per socializzare tra loro, ma ci sbagliavamo. C’erano due o tre mamme che vedevamo sempre in piazza e all’inizio non si avvicinavano nemmeno a noi. Poi abbiamo fatto la festa del quartiere, abbiamo mangiato con loro e presentato ufficialmente Zenobia. Hanno iniziato a venire e abbiamo visto che venivano più mamme che effettivamente tra loro non si conoscevano. Con il passaparola siamo arrivate a diverse mamme che portano i bambini perché si divertono e stanno bene. E anche per le mamme è una bella occasione di scambio e confronto.
Una mossa vincente è stata, durante l’inaugurazione, fare il giro con la banda dal Poggetto al Cotone, passando per tutte le strade con i bimbi. Qualcuno si è incuriosito. La maggiore pubblicità, se si può dire così, per questi servizi è sempre il passaparola. All’inizio abbiamo usato la strategia di invitare i bimbi ad aiutarci a preparare gli addobbi per la festa e, da lì, alcuni sono stati bene e hanno scelto di tornare.
Il Progetto Zenobia
Il progetto “Zenobia”, selezionato da CON I BAMBINI nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile, nasce per prevenire e contrastare la povertà educativa nei bambini e nelle bambine in fascia 0-6 anni, integrando funzione pedagogica e intervento sociale per avvicinare e favorire la partecipazione stabile delle famiglie al sistema dei servizi per la prima infanzia.
All’interno del progetto abbiamo infatti scelto 4 territori dove intervenire realizzando questi spazi dedicati ai più piccoli: Cosenza, Piombino, Bologna e Cardito (Na).
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