La ragazza del cappello: la storia di Meriem e la sua lotta per una vita nuova in Italia
di saledellaterra
La ragazza del cappello. Un cappello portato sempre. Sempre e comunque. Un cappello che solo ad uno sguardo superficiale può significare sfrontatezza e sicurezza di sé. Ma che, in fondo, a guardarlo bene, non fa altro che nascondere paura. La paura di essere sola come lo sei sempre stata, la paura di non essere accettata. Di non avere nessuno che ti ami o che tenga a te. Eppure, nonostante la paura, il desiderio di mostrarti “grande”, autonoma, caparbia e determinata. Quell’istinto alla ribellione e al rifiuto delle regole che, credi, ti faccia sembrare forte quando forte proprio non lo sei.
Quando hai sfidato il mare per ben cinque volte ma il mare ti ha sempre detto di no. Fino a quando, nel 2023, vedi un lembo di terra e la speranza di un futuro migliore di quello che ti sei lasciata alle spalle. Comincia così la storia di Meriem, 17enne tunisina, che ha dovuto lottare per tutta la vita contro le difficoltà e i pregiudizi, contro la solitudine e l’abbandono, contro la precarietà e la paura. Aveva issato un muro. Un muro tra lei e quel mondo che, fino al suo arrivo in Italia, non le aveva dato altro se non dolore.
A pochi giorni dallo sbarco a Lampedusa, Meriem è giunta a Palermo, accolta nella struttura ‘Il Sogno di Aylan’. Ha mostrato sin da subito la sua caparbietà e la sua fermezza rispetto al percorso di vita che voleva intraprendere. Ma anche la sua fragilità. Una fragilità figlia di un padre che l’aveva abbandonata e di una madre tanto piena di difficoltà da non poterla accudire. Una fragilità figlia dei pregiudizi. Pregiudizi culturali, pregiudizi di genere, pregiudizi secondo i quali lei, donna, non avrebbe potuto raggiungere determinati traguardi o ricoprire determinati ruoli. Una fragilità che la ragazza ha sempre camuffato con atteggiamenti di sfida e rifiuto.
“Il suo primo anno in Italia – spiega la tutor Paola Grasso – è stato a dir poco burrascoso. Meriem è stata presa in carico da ‘Un Passo Oltre’ (progetto sostenuto da ‘Con i Bambini’ finalizzato ad accompagnare i minori stranieri non accompagnati verso una graduale conquista di autonomia attraverso percorsi formativi personalizzati) a febbraio del 2024 continuando a mostrarsi scostante e diffidente. Pian piano, con gli operatori dell’equipe del SAI, si è appurato che la ragazza era sempre stata abituata a vivere in maniera autonoma. Che era sempre stata sola. Sola, per tutto il corso della sua vita. Non aveva il concetto di casa, del rispetto delle regole, non sapeva cosa volesse dire poter contare su qualcuno, che potesse esserci qualcuno pronto ad occuparsi di lei. Aveva anche un gap linguistico importante che solo ora, dopo mesi passati a rifiutarsi di studiare, sta colmando”.
Non era ancora tutto: il momento di rottura, quello vero, doveva ancora arrivare. È stato in estate, quando Meriem ha deciso di sfidare il sistema scappando dalla struttura che l’aveva accolta.
“Non sappiamo dove sia stata – commenta Paola – Fino a quando, individuata, ha fatto ritorno al SAI. Dato il tempo trascorso lontano dalla struttura, però, i servizi sociali avevano già ipotizzato il trasferimento altrove della ragazza”.
Ed è qui, a questo punto della storia, che la forza della Rete ha fatto il suo.
“L’equipe del SAI ha interceduto a favore di Meriem, spiegando che per lei, per il suo benessere, un trasferimento sarebbe stata la peggiore delle cose da farsi. Al SAI hanno capito, l’hanno capita. Hanno capito che Meriem stava sfidando il sistema, che stava mettendo alla prova chi, come altre volte le è capitato nella vita, diceva di tenere a lei, che si sarebbe preso cura di lei. Se la rete di assistenza non fosse stata attenta ai suoi bisogni, se non avesse intercettato i suoi bisogni più profondi – conclude Paola – Meriem si sarebbe persa. Se fosse stata trasferita si sarebbe sentita abbandonata di nuovo”.
Il trasferimento è stato scongiurato e Meriem è rimasta presso ‘Il Sogno di Aylan’. Ma, soprattutto, ha iniziato a cambiare.
“Non ho mai avuto una casa. Voi siete la mia casa”, ripete adesso la ragazza che ha cominciato a studiare e a parlare l’italiano, ad integrarsi al meglio al centro di accoglienza e non solo.
Ha finito il Cpia e, nel mese di settembre, ha iniziato un corso per diventare operatrice elettrica e termoidraulica presso ‘Endofap’. Sta frequentando il corso costantemente, con una inesauribile voglia di imparare e di lasciare il segno in una società ancora poco inclusiva, soprattutto verso le ragazze che vogliono svolgere lavori non convenzionali per il genere femminile. Con Meriem, a sostenerla e ad aiutarla nell’affrontare difficoltà e nel trovare soluzioni consone al suo caso e ai suoi sogni, la tutor Paola che, a seguito di una ricerca sul territorio palermitano, è riuscita a trovare una sede in cui la ragazza potrà svolgere un tirocinio che dovrebbe cominciare a giorni.
“La settimana scorsa, insieme ad un operatore di Talenti, ho accompagnato Meriem al colloquio presso la SI.CE.AS. – racconta la tutor – è stato un momento molto forte e significativo: prima di arrivare in azienda, la ragazza era molto agitata e ansiosa. Aveva paura di esporsi. Poi, pian piano, si è lasciata andare: è stata senza il suo cappellino per tutto il tempo. Un segnale importante, importantissimo. Vuol dire che Meriem ha deciso di fidarsi e di affidarsi a noi ma anche di rispettare quelle regole del vivere civile che tanto a lungo ha rifiutato”.
Al mattino, dunque, Meriem frequenterà il corso di formazione triennale, il pomeriggio sarà in via Umberto Giordano, in quell’azienda che
“ritiene che non ci siano barriere di genere, culturali o fisiche che possano impedire a Meriem di iniziare questa nuova avventura”, come spiega Angela Natoli, referente Cooperativa “La Solidarietà” – Nodo Palermo “Un Passo Oltre”.
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