Fare ricerca qualitativa: un modo per dare ascolto ai bisogni della scuola

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Il progetto Scuola (è) Comunità è partito a marzo 2024 con la prima azione, una ricerca qualitativa svolta dal Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, finalizzata a mappare bisogni e difficoltà degli istituti comprensivi coinvolti, raccogliendoli direttamente dalla loro voce. Condurre un’analisi preliminare alla progettazione permette di cucire i successivi interventi sulle esigenze, l’identità e le aspirazioni delle scuole stesse, che spesso vedono calare dall’alto progetti non rispondenti ai loro reali bisogni. La ricerca è iniziata con una serie di interviste alle figure chiave degli istituti, i/le Dirigenti scolastici/che e alcuni docenti collaboratori della Dirigenza, con l’obiettivo di comprendere l’evoluzione della scuola, la sua identità attuale e le direzioni di cambiamento. In seguito sono stati organizzati alcuni focus group con i docenti di ogni singolo istituto, nei quali si è discusso di gestione della diversità socio-culturale a scuola, benessere organizzativo, bisogni e criticità. A partire da questi elementi, le ricercatrici di Unito hanno tracciato dei profili delle scuole, facendone emergere la ricchezza e diversità di condizione, ma anche le difficoltà e strategie comuni. 

I primi risultati di questa parte di indagine sono stati presentati l’8 ottobre, presso la biblioteca pubblica Primo Levi, a partner di progetto, Dirigenti e docenti, da cui abbiamo ricevuto l’importante feedback di essersi sentiti rappresentati e ascoltati.

Dalle voci dei soggetti intervistati è emerso come le scuole, in assenza di indicazioni e politiche nazionali, abbiano dovuto imparare da sole a gestire una popolazione che cambiava. Ciò ha comportato differenze fra i singoli istituti pur collocandosi in un contesto simile, premiando quelli con uno staff dirigente stabile nel tempo e una linea di indirizzo forte. Le scuole di Barriera di Milano e Falchera sono diventate negli anni un luogo di incontro fra tradizioni scolastiche ed educative diverse; con i giusti strumenti, esse possono essere un laboratorio per mettere in discussione gli assunti su cui si basa il modello scolastico italiano, rendendolo più aperto a ogni forma di diversità. Docenti e dirigenti non si riconoscono nelle narrazioni vittimistiche che dipingono i loro istituti come svantaggiati e problematici, anzi: si raccontano come scuole che insegnano a stare nella complessità della società contemporanea, insegnando a relazionarsi con l’Altro. Le difficoltà nascono da risorse scarse e intermittenti, oltre che da bisogni strutturali insoddisfatti. Il personale scolastico conosce il proprio contesto e le sue necessità. La richiesta principale è: prima dei progetti serve ascolto.

 

Valentina Moiso e Sara Giannoni, Università degli Studi di Torino – Dipartimento di Culture Politica e Società

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