“Io mi appartengo” – Progetto PCTO – UNICEF italia – Istituto d’Istruzione Superiore Statale “Enrico De Nicola”
di lostineducation
Il Progetto
Il progetto “Io mi appartengo” vuole stimolare gli studenti e le studentesse della III FS a una rielaborazione personale in forma artistica sul tema della lotta alla violenza di genere.
Tali contenuti sono stati trattati nel corso del percorso tematico relativo alla non discriminazione promosso da UNICEF ITALIA e dall’IIS Enrico De Nicola di Sesto S. Giovanni nell’ambito del progetto LOST IN EDUCATION. La tematica è stata individuata insieme alle studentesse e agli studenti della classe a partire dal Manifesto The Future we want: tale manifesto è frutto di un sondaggio scritto e pensato da adolescenti per adolescenti, in cui sono evidenziati dieci punti sul futuro che i ragazzi e e le ragazze vorrebbero.
Il progetto prevede nello specifico che gli studenti e le studentesse, guidati dalla professoressa Lucrezia Zaffarano (docente di discipline pittoriche e tutor interno del progetto), eseguano alcune tele pittoriche sul tema della lotta alla discriminazione di genere, anche nella sua accezione di lotta alla violenza domestica.
Le tele realizzate verranno esposte presso Enti del territorio particolarmente significativi per il ruolo sociale giocato nel contesto: le sedi del centro anti-violenza VENUS, lo Spazio-Arte e la sede di UNICEF MILANO. Con questi enti UNICEF Milano ha attivato una collaborazione proprio grazie al progetto LOST IN EDUCATION, a partire dall’inserimento nella mappa della comunità educante per poi proseguire la collaborazione per la stesura del patto territoriale.
Il progetto vuole promuovere un processo di Peer to Peer Education: gli studenti e le studentesse realizzeranno materiali di comunicazione e sensibilizzazione per loro coetanei, concentrandosi soprattutto sugli aspetti che li toccano più da vicino.
La metodologia di lavoro sarà orientata all’ascolto e alla partecipazione dei ragazzi: ad essere utilizzate e diffuse saranno le loro idee, le loro immagini, le loro parole.
Io mi appartengo vuole quindi essere un’occasione di riflessione per i beneficiari interni (gli studenti e le studentesse coinvolti/e) ed esterni (gli Enti attivi sul territorio e chi lo abita) in vista del superamento della discriminazione di genere e per la nascita di una nuova consapevolezza: ciascuno e ciascuna di noi appartiene a se stesso/a.
Contesto di partenza
Le attività di LOST IN EDUCATION sul tema della lotta alla violenza di genere che hanno coinvolto la IIIFS sono state realizzate nei mesi di marzo e aprile 2021 e si sono svolte in collaborazione con il centro VENUS, con la blogger femminista Marta Maria Nicolazzi e il Centro donna della CGIL. Tutte le attività si sono svolte privilegiando modalità di educazione non formale, che hanno portato i ragazzi ad immedesimarsi in alcune situazioni e ad esprimere emozioni e opinioni personali. Per quanto tematiche e modalità abbiano suscitato l’interesse degli studenti e delle studentesse coinvolte (come da loro riferito), nel corso degli incontri è emersa la necessità di passare dal teorico al pratico e di comunicare all’esterno il lavoro svolto. È fondamentale per gli studenti passare dall’ascolto alla partecipazione attiva e di far sì che essa abbia una ricaduta sul territorio.
Il progetto per azioni
Condivisione
Durante questa azione, UNICEF presenterà le finalità del progetto e le varie fasi di lavoro per realizzarlo.
Verrà favorito il passaggio dalle conoscenze, ottenute grazie al percorso formativo di LOST IN EDUCATION, alle competenze: sia quelle relative alla rielaborazione personale dei contenuti, sia quelle relative alla comunicazione del proprio lavoro all’esterno.
Verrà attivato un percorso di progettazione partecipata in cui il tutor esterno, il tutor interno e gli studenti individueranno i contenuti che vorranno trasmettere e le modalità migliori per farlo.
A modo mio
Questa azione attiene direttamente alla realizzazione concreta del lavoro. Gli studenti e le studentesse coinvolti/e per la parte pittorica verranno accompagnati dal tutor interno, la professoressa Lucrezia Zaffarano, nella creazione dei dipinti sul tema della lotta alla violenza di genere. Verrà privilegiata la ricerca dei propri contenuti e del proprio stile pittorico personale.
Il diritto alla partecipazione e alla libera espressione saranno garantiti e favoriti nel corso di questa fase del progetto.
Io il mondo
L’azione coincide con la comunicazione al mondo esterno del lavoro svolto. Verranno esposti i dipinti realizzati nelle sedi del centro VENUS (Centro anti-violenza domestica attivo con una rete di Sportelli Donna a Sesto San Giovanni, Cinisello Balsamo e Bresso), presso lo Spazio-Arte (CAG di Sesto San Giovanni) e la sede di UNICEF MILANO.
Portare il proprio lavoro all’esterno significa caricarlo di responsabilità sociale, così da parlare per molti e a molti. I ragazzi comprenderanno come parlare di temi sociali e sensibilizzare gli altri attirando la loro attenzione.
Finalità generali
La prima finalità del progetto è offrire al tema della lotta alla violenza di genere una nuova chiave di lettura, quella degli Under18. Per costruire un percorso che valorizzi il loro punto di vista è necessario interpellarli. I ragazzi e le ragazze saranno i veri protagonisti del percorso, fin da subito verrà attivato un percorso di ascolto attivo, così come sancito all’articolo 12 della Convenzione sui diritti dell’Infanzia e dell’adolescenza.
Questa finalità si incrocia con la necessità della costruzione di spazi di ascolto attivi da parte del mondo adulto, siano essi reali o virtuali.
Obiettivi specifici del progetto
Beneficiario 1: Gli studenti e le studentesse coinvolti
- Favorire la riflessione sui temi della lotta alla violenza di genere, anche in relazione alle proprie esperienze personali.
- Offrire opportunità di rielaborazione personale concreta, che utilizzino mezzi di comunicazione alternativi alla parola orale e al testo scritto.
Beneficiario 2: Il territorio
- Offrire a chi visionerà i dipinti spazi di riflessione sulle tematiche prescelte, filtrate dall’ottica giovanile.
- Dare agli enti del territorio intercettati materiali artistici e social utili al proseguo delle loro attività.
Monitoraggio del lavoro
Il lavoro di ricerca, espressione personale, costruzione del bozzetto di partenza per lo sviluppo dell’idea grafico pittorica sarà monitorato ogni settimana durante le ore di lezione, comprendendo anche il lavoro individuale che ogni studente è chiamato a svolgere. L’elaborato finale su tela è stato valutato attraverso le competenze trasversali insieme alle competenze artistiche affrontate durante il corso dell’anno.
Il Racconto
Le opere interamente pensate, progettate e realizzate dagli alunni della classe IIIFS nascono dall’esigenza di riflettere sulla violenza e in quanti modi essa si manifesti all’interno della società.
Gli studenti e le studentesse hanno seguito un percorso formativo durante il corso dell’anno coordinato dal Professor De Michele e dalla Professoressa Zaffarano insieme ad Unicef Italia dal tiitolo “Lost in education” e, prendendo coscienza della problematica, hanno formalizzato in modo sempre più esplicito le loro sensazioni ed esperienze personali costruendo immagini non stereotipate della violenza.
Non esiste luogo più sicuro dell’arte per poter parlare e le immagini realizzate ne sono l’esempio.
“Al sicuro” si augura che si trovi ogni bambino, ogni adolescente ed ogni persona: il progetto “Io mi appartengo” nato dall’incontro con Unicef, vuole essere portavoce di un nuovo linguaggio, di una nuova espressione e soprattutto di una attenzione a questo tema tanto importante. Appartenersi, significa non essere in balia dell’altro, significa non cedere al ricatto culturale per cui si esiste solo se si è la metà di qualcosa o qualcuno, e ancora, non bisogna pensare di essere sbagliati solo perché diversi.
Non esiste civiltà degna di questo nome che possa voltarsi dall’altra parte chiudendo gli occhi e bisogna partire da nuovo, dai giovani, per creare coscienze collettive consapevoli e volte all’inclusione, al rispetto e alla diversità. Gli alunni si sono messi in gioco dimostrando il valore dell’espressione artistica, condensando in una sola immagine un concetto, dalla violenza di genere a quella domestica a quella sulle donne, questi giovani artisti hanno avuto il coraggio di parlare e sottoporre agli occhi un problema che nella nostra società è ancora troppo sottovalutato o volutamente censurato.
L’arte è l’unico territorio dove il pensiero può arrivare e loro, giovani e promettenti studenti d’arte, attingendo all’immaginario collettivo, hanno creato immagini da e per ragazzi che non risparmiano un sapore agrodolce. Sono immagini che solo adolescenti possono avere il coraggio di gridare al mondo. Il gesto creativo non è slegato dal reale e per questo progetto le opere d’arte saranno esposte essendo fruibili ad un pubblico, generando quindi circolarità, conoscenza, informazione e pensiero. Simboliche, descrittive, realistiche, minimal o pop sono le reinterpretazioni di questo tema, tanto vasto come le possibili rappresentazioni offerte dai ragazzi della IIIFS, sono figurazioni di realtà possibili, fiori che nonostante tutto continuano a rinascere, paure rincuorate, tori sconfitti, triangoli che indicano il cielo, mani che accarezzano: ecco cos’è l’arte, il territorio dove accadono cose più belle.
Professoressa Gaia Lucrezia Zaffarano
Alunni Partecipanti al progetto:
1 Elia Baja
2 Colombo Maria Rachele
3 Gentilini valentina
4 Langiu Mattia Salvatore
5 Lleshi Rosaria
6 Macrì Margherita Francesca
7 Pastori Federico
8 Pinna Valentina benedetta
9 Popescu Anastasia
10 Raballo Giorgia
11 Tapia Altamirano Irene Victoria
Anastasia Popescu
“Grido nel silenzio”
Acrilico su tela
70×50
Questo dipinto, rappresenta la violenza sulle donne che può essere interpretata in diversi modi. Il punto forte del concetto creato è il desiderio e la necessità di attenzione. Il soggetto principale è l’anemone giapponese, fiore bianco e puro che indica contemporaneamente la speranza, l’attesa e l’abbandono e si regala ad una persona per farle capire che abbiamo bisogno della sua attenzione. La composizione è creata in modo che chi la veda, abbia una forte visione del messaggio di aiuto: i fiori a metafora della donna fragile e vittima, stanno bruciando, consumandosi e perdendo la speranza di ricevere attenzione. Gli steli sono legati al tronco di una quercia e contemporaneamente sono imbrigliati nel filo spinato di una rete che fa da barriera. Il tronco d’albero simboleggia la forza della donna in battaglia che in primo piano contrasta con lo sfondo scuro simbolo di terrore. Il fiore, cioè la vittima è rinchiusa in un posto oscuro, continua a bruciare senza riuscire a parlare o chiedere aiuto. La morale è presente nel titolo: ”grido nel silenzio”, con questo messaggio l’opera regala alle vittime un pensiero, una speranza, una voce in più. Nessuna donna dev’essere trascurata o ignorata. Lo sguardo cade sui fiori che bruciano, soggetto indiscusso del quadro, fiori che nonostante tutto continuano ad essere candidi e vivi.
Valentina Benedetta Pinna
“Che colore ha la paura?”
Acrilico su tela
70×50
Che colore ha la paura, forse lilla, un colore smorto, nascosto dietro a strati di oscurità, forse fucsia, come il rossetto che usi per coprire i lividi, forse nero quando di notte torni da sola.
Che colore ha la paura di una ragazza, di una bambina, di una donna?
La paura sì, ha un colore, un‘odore e una sfumatura, la paura ha il contorno di un femminile a cui si è insegnato ad averla. Preso in prestito dalle scritte pop, e dai film Horror ecco apparire una scritta tipo graffito su un muro notturno, quello della mente della vittima che sta reagendo e afferma indelebile e deciso “Scusa ma non ho più paura”, perché la violenza è il contrario della consapevolezza e quando lo capisci non puoi fare altro che perdonarti. Che sia la voce interiore, quella di un’amica, quella di una sconosciuta, “Perdonati” è un augurio dal sapore di benevolenza scritto rosa su bianco.
Giorgia Raballo
“Hai saputo cos’è successo?”
Acrilico su tela e collage
70×50
Parole, frasi, un click e tutto è in rete pronto per farti diventare colpevole di qualcosa che non hai fatto, l’opera, collage e acrilico, vuole approfondire la tematica della violenza di genere trattando in particolar modo del sexting. Essa aspira ad essere percepita dall’osservatore in maniera diretta, primaria, esattamente come le news che titolano sui maggiori quotidiani. L’insieme di notizie e l’intestazione marcata dal colore rosso, trasmettono una sensazione di pericolo-avvertimento, rendendo l’immagine chiassosa e destabilizzante, ma al contempo attirando l’attenzione sulla scritta centrale l’equilibrio formale riporta tutto all’ordine. Eseguita a mano, la frase “ non è colpa tua” si erge centrale piena della sua forza in contrasto con il rigore asettico e sovrabbondante delle notizie. Il vero messaggio che l’opera vuole comunicare è positivo, di rasserenamento, speranza ed incoraggiamento. Non è colpa tua è affermazione, è rivincita, è verità: una vittima non ha mai una colpa. Rosso sangue, rosso rossetto, rosso passione, rosso violenza, rosso tacchi troppo alti, perché il rosso ha così tante sfumature?
Maria Rachele Colombo
“Home Sweet Home”
Acrilico su tela
70×50
La porta rappresenta la casa nella sua interezza. La casa è il luogo della sicurezza e della serenità. È la culla dei rapporti intimi e familiari. In questo contesto invece la porta è l’emblema di una casa in cui questo non si realizza, al contrario è un luogo di violenza, paura e solitudine. Dall’esterno può apparire tutto tranquillo e sereno. La porta è chiusa perché la violenza che avviene nelle case è nascosta, subdola, silenziosa. Indica la situazione di disagio e tristezza in cui si trova la vittima. Tuttavia la porta è blu: questo colore infatti, rappresenta la stabilità nelle relazioni, ma anche la profondità, il mistero, l’ambiguità dell’animo. La via d’uscita per la vittima quindi risiede nella sua capacità di accedere all’esterno, di aprire quella porta per uscire da una relazione scomoda. È una condizione che parte dal cuore e dalla mente della vittima, che deve trovare in sé la forza e la volontà di prendere in mano la situazione, di affrontarla, di avere la consapevolezza di ciò che le accade. Da questo primo passo prende avvio il cammino per la salvezza dove il verde del prato rappresenta la speranza. La capacità di aprire la porta e chiedere aiuto oltre la rossa scritta biecamente rasserenante “Home Sweet Home”.
Margherita Francesca Macrì
“Principe Azzurro a chi?”
Acrilico su tela
70×50
Nell’opera, dipinto sopra un arcobaleno è rappresentato un simbolo di unione preso in prestito dalle indicazioni raffigurate nelle toilette maschili e femminili.
L’omino “maschio“ è colorato di rosa, colore culturalmente riferito al suo opposto ovvero all’universo femminile. Al contrario il simbolo “Femmina“ è colorato di azzurro, solitamente ritenuto maschile. In aggiunta alla figura è sovrapposto un triangolo di colore viola: Il triangolo dalla punta rivolta verso il cielo ha un valore sacro ed è simbolo di trinità, di perfezione e del tutto. Il tema dell’opera è l’accostamento di sacro e profano, di arcobaleni presenti sotto allo scuro del nero, all’ambiguità culturale della valenza del colore, colore che ha un significato di innocenza, amore, consegna totale, oppure di spiritualità, universalità, creatività, trascendenza, pacatezza, stabilità ed idealismo. E se il rosa deriva dal passionale rosso e dalla purezza del bianco, l’azzurro che è la mescolanza del candore biancastro e della spiritualità del blu dona tranquillità e pace ai sensi e ha un effetto calmante e rilassante. Non esistono colori semplici, così come non esistono concetti semplici e tutto è sempre costruito in un altrove, viviamo in portati linguistici e culturali che qualcun ha deciso per noi, ed è ora di guardare oltre ai significati stereotipati di valenze culturale che oggi non appartengono più ai nuovi sguardi: chi ha detto che un bambino deve necessariamente vestirsi di azzurro?
Valentina Gentilini
“Passi nell’Oscurità”
Acrilico su tela
70×50
Di spalle, di schiena, con curve evidenti e un vestito rosso, vestita della sua femminilità questa donna va nel buio, cammina come tutte, si muove come tante, all’interno dell’ignoto.
L’opera muove e si muove verso l’interno del quadro in un silenzio sospeso che è spesso il rumore del ritorno a casa, quando la sera tutto si fa più pericoloso: la violenza in questo caso è il catcalling raccontato attraverso la rappresentazione di una donna di spalle che cammina, vestita in modo sensuale. Uno sfondo nero, oscuro, la testa leggermente rivolta indietro, per controllare cosa succede dietro di lei. Fischi, insulti e apprezzamenti sgraditi, questo è quello che sente una donna quando cammina per strada. Si sente sbagliata, a disagio e senza anima, come il suo volto privo di espressione.
Quest’immagine è tanto seducente quanto innegabilmente oscena, pone davanti agli occhi un perché a cui ancora non si riesce a dare risposta.
Tapia Altamirano Irene Victoria
“Il Cerchio del Vuoto”
Acrilico su tela
70×50
L’opera parla della violenza sulle donne attraverso la rappresentazione duale della donna e del toro, guardando agli incubi, alla favola della belle e le bestie, alla mitologia antica del Minotauro.
La triste donna ha gli occhi coperti da una benda che dimostra la sua cecità a sfavore della futura speranza.
Sopra la sua testa si posa una farfalla, simbolo, in questo caso, della fragilità e allo stesso tempo della bellezza della donna e così della natura.
Sul suo dito, in basso, si trova un lungo filo rosso legato al corno del toro che rappresenta il loro legame.
La figura del toro rappresenta l’uomo e i suoi lati negativi, ovvero la violenza, la rabbia e la cattiveria nei confronti di una femmina. Si guardano negli occhi, senza vedersi, si guardano senza riconoscersi e la donna cieca di questo legame non può vedere perché il furioso toro la fissa con disprezzo impedendole di guardare la luce. Di animalità, di incontri e di scontri, di femminile e di maschile, parla quest’opera fatta di contrasti, luci e ombre in un equilibrio che dovrebbe essere “naturale”.
Elia Baja
“A bocca chiusa”
Acrilico su tela
50×70
Sarà il bianco della santa aureola che contorna l’essere donna, una santa spogliata dei suoi diritti.
Sarà il segno insistito e nero, arrabbiato e deciso. Sarà il rosso di una benda insanguinata.
Sarà il gesto dirompete e indelicato. Sarà la chiara composizione centrale che non lascia scampo, quest’opera racconta di tutto pur senza usare parole. È quell’attimo in cui capisci che non puoi parlare più.
Rosaria Lleshi
“My body is not a game”
Acrilico su tela
70×50
Mani che toccano, mani rosse, mani imbrattate, lividi e dolore, ecco l’esibizione di un corpo martoriato. Ma più della violenza, ciò che fa male è il silenzio in un gioco al massacro fin troppo presente nella nostra società.
Avete notato che a questa donna manca il volto? Potrebbe essere chiunque, una mamma, una sorella, una zia, un’amica.
Perché la violenza fisica può capitare a chiunque, perché semplicemente accade.
Queste mani dal tono rosso, indicano che no, non si può toccare ciò che si vuole, i corpi non sono in vendita e la violenza non è un gioco, nella vita vera le cicatrici non spariscono mai.
Mattia Salvatore Langiu
“La violenza è ignoranza e mancanza di vocabolario”
Acrilico su tela
50×70
Bianco, rosso e nero, il disegno grafico e verbale racconta della violenza delle parole. Volutamente sono realizzate vuote, prive di spessore, eppure quanto danneggiano le parole, quando le lingue diventano affilate come coltelli, o cattive come cinture. Bianco, nero e rosso e nulla di più affermativo, la violenza è mancanza, sì, mancanza di umanità, vuoto di sentimento. La linea sinuosa nel centro dell’opera è il soggetto principale, centro da cui dipende tutto: povera donna che afflitta piange il suo destino. Le parole fanno male nel grigio della cattiveria e sovrastano i contorni del disegno che diventando linee convergenti tolgo la speranza. Tutta la composizione è pensata verso il basso, luogo in cui la vittima si accascia; nel cielo una speranza, la frase simbolica e promettente: bisogna creare consapevolezza nelle nuove generazioni.
Federico Pastori
“Non vedo non sento non parlo”
Acrilico su tela
50×70
Quante volte ci giriamo dall’altra parte, da un’altra parte, pur di non vedere, di non sentire, di non essere complici. Invece non sentire, non vedere, non parlare rende tutti complici di un dramma che si sta compiendo, silenzioso e pesante. Prendendo una frase scherzosa, di uso comune, “Non vedo, non sento, non parlo” la tela pone in luce il drammatico fare dell’uomo che preferisce rimanere immobile, piuttosto che agire, l’opera porta all’attenzione quel limite che spesso le donne tendono a modificare sopportando sempre un poco di più. Non vedo la sua cattiveria, non racconto cosa mi succede, non sento ragioni per il mio amore troppo grande, un amore che non è nato. Blu e bianco è il colore dell’immagine sottolineato dal nero, linee che descrivono volti sfigurati. Volti di una luna che ingarbugliata dalle tenebre non può mostrarsi in tutta la sua bellezza femminile.
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