Il lavoro di Antenna Interattiva di LeNu nel II Circolo Didattico di Quarto
di lorsamaggiore
“Le “Antenne” del progetto Legami Nutrienti” – ha osservato la Dirigente Scolastica Giuseppina Noto in un’intervista di qualche tempo fa – “costituiscono un punto di osservazione privilegiato delle dinamiche relazionali tra bambini e adulti e consentono, grazie alla collaborazione con personale qualificato, di individuare in maniera precoce le difficoltà del bambino e del nucleo familiare in un’ottica di prevenzione della povertà educativa”.
Tra il ‘personale qualificato’ c’è la psicologa Carmen Piantadose di Fondazione Città Nuova, nostro partner di progetto, che all’interno del II Circolo Didattico di Quarto sta portando avanti, in sinergia con gli insegnti, il lavoro di sostegno e intercettazione prematura del disagio psico-sociale dei bambini e delle loro famiglie.
In cosa consiste?
«Il mio compito – racconta Carmen – è condurre colloqui psicologici con genitori e insegnanti per sostenerli nella comprensione delle dinamiche relazioni che sottendono le difficoltà familiari, dei bambini e del gruppo classe. In certi casi affianco le insegnanti nella comunicazione con alcune famiglie per trovare strategie comuni nella gestione delle fragilità osservate e riferite. Infine, conduco gruppi tematici con i genitori che si agganciano ai laboratori, strutturati sul disegno e il gioco, che le mie colleghe svolgono in classe con i bambini e dai quali, grazie all’osservazione, vengono fuori difficoltà e problematiche».
Le problematiche emergenti
Le tematiche maggiormente affrontate riguardano: i “capricci”, il corretto uso della tecnologia e i suoi vantaggi e svantaggi, ma anche come sostenere i bambini nella costruzione delle proprie autonomie e come gestire la paura di allontanarsi. Infine, ma non meno importante, è stato spesso affrontato il tema dei conflitti e delle regole. Il lavoro condotto, nello specifico, con i genitori è stato incoraggiarli a cercare cosa li muovesse emotivamente quando si sentono impotenti e non riconosciuti nel loro ruolo genitoriale. La richiesta di consulenza da parte dei genitori o è sollecitata dalle insegnanti o fa seguito agli incontri di gruppi.
Il percorso di consulenza individuale
Il percorso ha un massimo di 5 incontri generalmente con cadenza mensile. «Negli incontri in presenza a scuola – spiega la psicologa – convoco entrambi i genitori (anche se viene generalmente solo la madre) e dopo aver ascoltato la loro storia, insieme, si cerca di comprendere e trasformare le dinamiche sottostanti le risposte disfunzionali dei loro figli. In alcuni casi, oltre agli incontri a scuola, ho proposto incontri di accompagnamento familiare con un’educatrice a casa che aiutasse la famiglia nel sostenere il bambino e nel comprendere il suo disagio.
Il lavoro con i gruppi di genitori
I gruppi sono momenti di scambio tra i genitori che si confrontano su tematiche specifiche come: i capricci e l’uso della tecnologia. Oltre ad una parte “teorica”, che spiega a grandi linee i vari momenti fondamentali delle tappe del ciclo di vita del bambino e della famiglia, i genitori sono invitati a mettersi in gioco sia provando ad essere loro stessi il loro bambino (provando a verbalizzare cosa sente e cosa prova in alcune situazioni di vita quotidiana), sia provando a mettere in atto strategie diverse dalle proprie per affrontare le difficoltà raccontate; infine il gruppo stimola una riflessione tra i partecipanti sul loro essere genitori. Gli incontri di gruppo hanno permesso ai genitori di chiedere consulenze individuali e di chiedere aiuto sempre di più anche alle insegnanti, sentendosi non giudicati.
I risultati
I genitori coinvolti si sono affidati molto a tutti gli operatori del progetto provando a mettere in pratica quanto appreso dai gruppi. Inoltre hanno sviluppato un maggiore interesse verso le attività svolte dai loro bambini, e anche in questo caso alcuni hanno ripetuto le esperienze vissute a casa. Gli incontri di gruppo hanno permesso ai genitori una maggiore sintonizzazione emotiva con i figli e un’implementazione del loro vocabolario emotivo, infatti, sono riusciti a riconoscere e nominare alcune delle loro emozioni e si sono dati la possibilità di condividere tutto ciò con ì propri figli.
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