Home Visiting, la metodologia di intervento di Legami Nutrienti per prevenire il maltrattamento all’infanzia
di lorsamaggiore
di GloriaSoaviCISMAI
Da oltre venti anni il Coordinamento Italiano Servizi contro il Maltrattamento all’Infanzia (CISMAI), una rete di Centri e Servizi pubblici e privati e singoli professionisti presente in tutta l’Italia, è in prima linea contro il maltrattamento all’infanzia diffondendo la cultura della prevenzione e contribuendo, con l’elaborazione di una serie di documenti messi al servizio degli operatori e dei decisori politici, all’individuazione di metodologie efficaci per contrastarlo. Tra questi le Linee Guida per gli interventi di Home Visiting, redatte nel 2017 e illustrate in un volume della collana CISMAI[1], la metodologia di punta del progetto Legami Nutrienti di cui il l’organizzazione è partner.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità è stata la prima a puntare sulla prevenzione precoce
Il lavoro sulla prevenzione e sull’home visiting portato avanti dal CISMAI ha preso spunto anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che già nel 2006 pubblicò una guida dal titolo Preventing child maltreatment: a guide to taking action and generating evidence, in cui, per una prevenzione realistica ed efficace del maltrattamento all’infanzia, focalizzava l’attenzione sulla precocità della rilevazione prendendo in esame il periodo precedente e immediatamente successivo alla nascita del figlio.
Nel 2009 il CISMAI ha tradotto quel manuale sposando completamente l’ottica dell’OMS, rinforzata anche dalla pratica professionale dei suoi soci, e dunque rimarcando l’importanza di rivolgere l’attenzione ai primi mille giorni di vita di un bambino e dei suoi datori di cura. Sul piano operativo l’home visiting è la metodologia cardine per raggiungere l’obiettivo della prevenzione precoce perché intercetta le fragilità genitoriali sul nascere e mette insieme una rete protettiva a supporto di quella precarietà per trasformarla in attenzione e cura.
L’Home Visiting non è la visita domiciliare
È bene soffermarsi sul fatto che l’home visiting non è la visita domiciliare, ma un percorso che viene strutturato all’interno della famiglia e che parte dai luoghi di nascita e crescita di un bambino, in particolare i reparti materno-infantile degli ospedali e i punti vaccinali. L’intervento si concretizza nella presenza all’interno dell’abitazione di un educatore formato che ha il compito di guidare i genitori fragili nella cura materiale ed emotiva del figlio appena nato, costruendo con loro una relazione di fiducia e non giudicante, e di connetterli alla rete dei servizi territoriali a cui spesso non sanno o non ritengono importante accedere. Va da sé che l’home visiting impone la presenza attiva e proattiva dei servizi sanitari (ospedale, consultorio, pediatra di libera scelta) sia al momento dell’evento nascita sia nei mesi successivi.
Una metodologia di intervento non applicabile a tutte le situazioni problematiche
Altrettanto evidente è la non applicabilità di questa metodologia a qualsiasi situazione di disagio. I nuclei familiari vanno selezionati tenendo presente la tipologia dei fattori di rischio e le risorse interne della famiglia. Questo aspetto è molto importante perché se usato random l’home visting non è efficace. E qui ritorna la crucialità del lavoro di equipe.
Importante è anche il contesto territoriale
Ma importante ai fini di una reale efficacia dell’intervento di prevenzione è anche la presenza di una rete tutelante fatta di strutture fisiche e risorse umane formate, partecipanti e includenti. Il lavoro su cui si concentra l’operatore familiare è la relazione madre-bambino, all’interno di un lavoro di presa in carico integrato con i servizi socio-sanitari territoriali.
I risultati dell’efficacia dell’home visiting sono evidenze scientifiche
Per non andare troppo lontano, in Paesi come l’America o il Canada che da decenni attuano con buoni risultati programmi di prevenzione basati sulla metodologia dell’home visiting, l’efficacia di questo metodo di intervento è stata dimostrata in una pubblicazione del 2007 a cura del professor Massimo Ammaniti dell’Università “La Sapienza” di Roma apparsa sui Quaderni Infanzia e Adolescenza in cui, dati alla mano, si dava riscontro di come l’home visiting avesse migliorato la qualità della relazione madre-bambino. Per non parlare dell’esperienza napoletana sulla XI Municipalità che ha dimostrato anch’essa la bontà del metodo registrando lo sviluppo di relazioni più responsive da parte delle madri verso i loro piccoli.
[1] M.T. Pedrocco Biancardi ( 2018) “Home visiting. Un modello innovativo di prevenzione del maltrattamento infantile” Franco Angeli Editore
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