Tre luoghi comuni da sfatare sui bambini
di lorsamaggiore
Il mondo dell’infanzia gronda di luoghi comuni tramandati da una generazione all’altra sulla scorta di convinzioni lontane dalla pratica comune con i bambini, perché basta frequentare a vario titolo l’universo infantile e sintonizzarsi sulle sue frequenze emotive o più semplicemente ricordarsi di quando si è stati piccoli, per comprendere alcuni elementari concetti.
Aiutare i grandi a “vedere” i bambini è lo scopo principale di Legami Nutrienti, progetto selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che con la sua gamma di azioni accompagna gli adulti di riferimento nella lettura dei bisogni e delle emozioni dei più piccoli contribuendo a scalfire quelle errate convinzioni (e i relativi danni) contro cui la lunga esperienza professionale degli enti partner si è scontrata nel corso degli anni.
“È piccolo e non capisce”
Quante volte abbiano sentito pronunciare questa affermazione, magari nella sala d’attesa del medico o durante una chiacchierata con amici, che sminuisce la portata traumatica di alcuni eventi sui bambini.
In realtà è vero l’esatto contrario: più i bambini sono piccoli, più le esperienze traumatiche sono per loro dannose perché non possiedono ancora gli strumenti utili a mentalizzarle, dunque, non possono dare a tali eventi una sistemazione. Immaginiamo un infante a cui improvvisamente viene a mancare il datore di cure: non sentirne più l’odore e la voce, non percepirne più la presa è un’esperienza angosciosa.
Sulla scorta di questo falso convincimento gli adulti commettono moltissimi errori perché ignorando la sofferenza dei bambini piccoli non mettono in atto comportamenti protettivi e curativi nei loro confronti.
“Inutile dire ai bambini la verità, soffrirebbero troppo”
Strettamente collegato al primo luogo comune è il secondo: “Inutile dire ai bambini la verità, soffrirebbero troppo” oppure “se non ne parla è meglio non affrontare il discorso”. Affermazioni di tale portata si sprecano a proposito di eventi più o meno traumatici che possono colpire una famiglia durante il suo ciclo vitale come la detenzione di un genitore (molto frequente nel lavoro con famiglie problematiche), l’essere stati adottati, la malattia di un fratello etc.
Ai bambini vengono spesso raccontate vere e proprie bugie nel tentativo di proteggerli dal dolore senza accorgersi che, invece, assorbono gli umori degli adulti di riferimento se non addirittura ascoltano in maniera più o meno accidentale i loro discorsi. Le spiegazioni dei grandi non corrispondono alle loro tonalità emotive né non sono coerenti con la realtà. Ciò genera molta ansia nei bambini e li spinge a costruirsi spiegazioni molto personali, scollate dal reale, che nel tempo possono anche creare gravi problemi psicologici.
Di argomenti dolorosi i bambini non ne vogliono mai parlare (a chi piacerebbe farlo?), ma ciò non significa che non soffrano o gli fa bene non parlarne. A tutti noi da grandi è venuto da domandarci: “Perché non mi hanno mai chiesto se ero triste?”.
“Picchia la madre, ma i bambini non li ha mai toccati”
La violenza assistita, presente nel 19,4% dei casi di maltrattamento all’infanzia (fonte CISMAI, 2018), non è poi una tragedia. Un luogo comune che stenta a morire anche tra gli “addetti ai lavori” generando ulteriori danni ai bambini già provati da un genitore violento.
Di questo tema il CISMAI (Coordinamento Italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia), partner di Legami Nutrienti, ha iniziato ad occuparsene già nel lontano 2003 fornendo una prima definizione di violenza assistita ed elaborando nel 2005 le prime linee guida, rivisitate nel 2017 alla luce della Convenzione di Istanbul:
“I figli di donne maltrattate possono avere conseguenze anche molto gravi nel processo evolutivo […] effetti e traumi possono presentarsi sia se sono presenti durante la violenza, sia quando sono assenti ma vedono lividi e sentono rumori di stoviglie rotte. Sperimentano così la paura, l’angoscia, l’impotenza: tutti sentimenti che lasciano ferite profonde”, e possono provocare danni permanenti alla psiche di un bambino.
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