Fobia scolare e abbandono scolastico: un fenomeno da attenzionare
di La Lanterna di Diogene Coop. Sociale Onlus
“Il termine fobia scolare, fobia scolastica o rifiuto ansioso della scuola, indica un disturbo che si può manifestare sia nei bambini che negli adolescenti, in quest’ultimi si manifesta prevalentemente tra i 12 e i 15 anni, in cui il livello di ansia, la paura e l’angoscia nel recarsi e restare a scuola sono tali da compromettere in modo significativo una regolare frequenza scolastica, con assenze ripetute croniche che possono condurre a un blocco della frequenza.”.
È la riflessione che proviene dagli specialisti che lavorano allo sportello Ascoltarsi attivato nell’IC Giovanni XXIII di Terrasini (PA) grazie all’Atelier Koiné, un progetto selezionato dall’impresa sociale “Con i bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che vede come ente capofila la coop “La Lanterna di Diogene”.
“La fobia scolare si discosta e si differenzia dal fenomeno della dispersione scolastica, frequente tra gli adolescenti, i quali usano saltare la scuola non per paura, ma per una mancanza di autorità e di disciplina.
La fobia scolastica può colpire anche chi in precedenza, aveva mostrato un buon adattamento all’ambiente scolastico, buoni risultati e nessuna difficoltà nelle relazioni con coetanei e insegnanti.
I sintomi della fobia scolastica sono l’ansia, la paura e l’angoscia che può sfociare anche in attacchi di panico nel momento in cui si esce da casa e ci si avvicina al plesso scolastico.
Si possono presentare, inoltre, disturbi del sonno, al pensiero di doversi recare a scuola, crisi di pianto o attacchi di collera, lamentele e rimostranze sul frequentare la scuola, frequenza discontinua, manifestazione di un ampia serie di sintomi somatici (vertigini, mal di testa, tremori, palpitazioni, dolori al torace, dolori addominali, nausea, vomito, diarrea, dolori alle spalle, dolori agli arti) tanto da indurre dei malesseri o delle condizioni di malattia, che si verificano soltanto prima dell’ingresso a scuola e si calmano soltanto col la scelta del genitore di rinunciare sull’intento o con il rientro a casa quando si presentano a scuola.
Frequenti sono anche la messa in atto di comportamenti problematici, nel corso della mattinata, come capricci o rifiuto di muoversi che induce i genitori a non mandarli a scuola. Il manifestarsi di tale fobia rappresenta solitamente un segnale d’allarme particolarmente rilevante, che non va mai sottovalutato, perché può essere il sintomo di una sottostante struttura psicopatologica in procinto di scompensarsi. I sintomi si presentano di solito in modo graduale e possono cominciare dopo un periodo di vacanza o dopo una malattia, più raramente al rientro dopo il fine settimana. Il comportamento di rifiuto scolare secondo Kearney è una inabilità del bambino a mantenere un funzionamento appropriato all’età rispetto alla frequenza scolastica o a una mancanza di coping adattivo agli stress collegati a tale contesto” (Keraney & Albano).
I comportamenti tipici che si manifestano sono il rifiuto della scuola per evitare stimoli collegati che provocano loro emozioni negative, come ad esempio, l’allarme antincendio, il bus, la palestra, il cortile, i corridoi, la classe, oppure delle caratteristiche specifiche di un insegnante, caratteristiche dell’edificio, tono di voce dei compagni. La condotta può essere finalizzata ad evitare le interrogazioni, le interazioni con i compagni, l’ansia da separazione o ha come obiettivo perseguire ricompense concrete come dormire, fare sport o shopping, incontrare gli amici e l’uso illimitato del telefono cellulare.
La prognosi del disturbo è direttamente legata alla durata del rifiuto scolastico con conseguenze nel breve e nel lungo periodo. Nel breve termine si includono un forte stress per il bambino, un peggioramento del rendimento scolastico, l’alienazione sociale, l’aumento del rischio di problemi giuridici (nel caso di adolescenti), conflitti familiari. Mentre tra le conseguenze a lungo termine troviamo problemi di mancanza di occupazione lavorativa (nel caso in cui ci sia stato un abbandono scolastico) abuso di sostanze e comportamenti delinquenziali.
I sintomi possono iniziare in seguito ad eventi di vita stressanti che si sono verificati a casa o a scuola tra cui un trauma fisico, la propria malattia o di un membro della famiglia, la separazione tra i genitori, la separazione transitoria da uno dei genitori, relazioni conflittuali nella famiglia, problemi con il gruppo dei pari o con un insegnante e il ritorno a scuola dopo una lunga interruzione o vacanza.
I fattori scatenanti sono spesso collegati all’iperprotettività materna fortemente connessa ad un vissuto di insicurezza, tanto da minare il processo di separazione-individuazione del figlio, legandolo ad una forma di rapporto dipendente che non stimola lo sviluppo di un’autostima adeguata. Spesso il padre è poco presente e scarsamente rassicurante che lascia il bambino privo di un modello di riferimento stabile.
Lo stile educativo è troppo tollerante e poco autorevole, ben diverso da quello vigente in ambito scolastico. I fattori individuali scatenanti sono: insicurezza, bassa autostima, incertezza sulle proprie capacità o sull’affrontare le nuove e più impegnative richieste di studio, perfezionismo indotto, una rigidità verso se stessi che può impedire di perdonarsi anche piccoli insuccessi che favoriscono la strutturazione di una personalità focalizzata su risultati individualistici e causano una lenta svalutazione del sé alla base dell’ansia nell’affrontare l’iter scolastico. I meccanismi di mantenimento sono legai ai comportamenti di evitamento o di fuga da eventi spiacevoli che comportano una riduzione dell’ansia, a questo si aggiunge il rinforzo positivo che il bambino riceve nello stare a casa”.
Un caso clinico
Età: 11aa (Frequenta la prima media).
Contesto familiare: conservato, la mamma è collaborante, insicura sulle azioni da mettere in atto, poco autorevole, svolge il mestiere di architetto anche se ha poco tempo da dedicare al lavoro e lo svolge prevalentemente da casa anche a causa del covid, il padre ha un’attività in proprio e gestisce una grande lavanderia che lavora molto anche con ristoranti e alberghi, è stato invitato ma non è mai riuscito a liberarsi.
Modello educativo: rigido, incentrato sul bisogno di rispettare il prossimo e sul rispetto delle regole in generale, esigente sulle performance scolastiche.
Primi sintomi: già qualche difficoltà lo scorso anno in V elementare, ma nulla di allarmante.
Comorbidita’: sospetto disturbo ansioso, sospetto disturbo post traumatico da stress e pregressa tendenza al disturbo ossessivo compulsivo.
Durata del disturbo: un mese circa.
Apparente causa scatenante: crollo di parte dell’intonaco del tetto che lo ha colpito causando una piccola escoriazione al naso, trauma più grave ha riguardato il compagno che ha subito qualche punto di sutura alla testa.
Evoluzione: ritiro da scuola, frequenti assenze, paura soprattutto in concomitanza a condizioni meteo avverse, pioggia e tuoni, non direttamente collegate al crollo del tetto, non riconducibile ad infiltrazioni secondo quanto stabilito dagli ingegneri che hanno curato i sopralluoghi e gli accertamenti tecnici necessari.
La mamma conosce i tecnici perché nel suo lavoro spesso si trova a collaborare con ingegneri del territorio, pertanto, ha ricevuto direttamente le rassicurazioni circa lo stato dell’edificio periodicamente sottoposto a manutenzione e recentemente sottoposto a ristrutturazione straordinaria.
Interventi effettuati: sportello d’ascolto psicologico, colloqui con gli insegnanti, confronto tra la mamma, preside e vicepreside.
Interventi futuri:
– coinvolgere la figura paterna che appare meno coinvolta per impegni lavorativi
– favorire il contatto con la scuola ed evitare sensazione di solitudine rispetto al problema
– sostenere il merito e non la competitività, “non sei il voto che prendi, non vali il voto che prendi”
– garantire la socialità con il gruppo classe anche in occasioni conviviali, il bambino vive in un paese vicino che non gli consente sempre di incontrare i compagni fuori dalle ore trascorse in classe
– rassicurare la mamma e potenziare la fiducia circa le abilità del bambino di far fronte alle difficoltà
– aiutare la famiglia ad affrontare le difficoltà, i genitori sono contrari alla vaccinazione e questa scelta ha precluso loro la possibilità di frequentare locali e uscire a cena nel fine settimana, la madre tutte le volte che deve recarsi a scuola per i colloqui deve effettuare un tampone
– aiutare la scuola ad affrontare questo caso di difficile gestione, proprio per le molteplici contraddizioni che lo caratterizzano. Un alunno che non vuole entrare in classe, che si dispera aggrappato alla mamma può far sentire l’insegnante rifiutato, il disturbo del bambino si è slatentizzato proprio a scuola e per gli insegnanti può essere difficile trovare un modo giusto per accogliere il bambino, per consolarlo, contenere la sua angoscia, quando, nel frattempo, l’aula è piena di altri alunni, ci si sente sconfitti, incapaci di capire e di agire.
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