Sportello d’ascolto: Comunicare emozioni
di La Lanterna di Diogene Coop. Sociale Onlus
Riportiamo di seguito l’articolo della specialista dello sportello d’ascolto della scuola L. Pirandello di Fonte Nuova, un servizio reso possibile grazie al progetto Progetto nazionale L’Atelier Koinè, promosso e finanziato dall’Impresa Sociale Con I Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile. Con le sue parole, l’esperta mette il punto sulle difficoltà emozionali dei ragazzi in questo periodo di pandemia e sulla necessità di educare a convivere con la propria capacità empatica.
Irritabilità, alterazioni del sonno, disturbi d’ansia e fobie sociali, mangiare troppo o troppo poco sono solo alcuni dei comportamenti che stanno emergendo, sempre di più, come manifestazioni di una quotidianità limitata e limitante in adulti e ragazzi. Le neuroscienze offrono un quadro preciso di come reagisce il nostro cervello in situazioni di deprivazione sociale, e mancanza di contatto fisico.
Il distanziamento sociale di questi ultimi anni, sta pesando soprattutto sui più piccoli, privati delle possibilità di stare con i loro coetanei in un’età in cui, lo scambio sociale, rappresenta una componente fondamentale dello sviluppo. «Tutti hanno bisogno di interazioni sociali per rimanere mentalmente forti ma per i bambini e i ragazzi imparare a connettersi con gli altri ha un’importanza vitale. La relazione con gli altri è alla base per imparare a navigare in situazioni sociali, a stare con gli altri, a tollerare la frustrazione e a trovare un nome a ciò che provano. Il distanziamento sociale e contatto fisico, hanno un ruolo determinante, soprattutto sulla psiche dei piccoli, perché migliora l’empatia e la capacità di relazionarsi con gli altri ma non solo.
Ogni giorno abbiamo la conferma parlando con i ragazzi e con le figure di riferimento di quanto distanziamento e limitazioni pesano e stanno pesando sui ragazzi che incontriamo all’interno delle scuole. Emergono sempre di più sensazioni di vuoto e solitudine attraverso paure e angosce sempre più profonde con la tendenza a “lasciarsi andare”.
Sembra necessario aiutare i ragazzi ad arginare la passività, riconoscere i propri bisogni e le proprie emozioni e soprattutto chiamarli per nome. L’assenza di legami e di contatto con gli altri genera mancanza di parole che progressivamente porta ad un vuoto e un senso di angoscia profondo. Aiutare a definire i propri stati d’animo e le emozioni collegate alle esperienze di vita è il primo grande passo per superare quel vuoto e quell’immobilità che ha caratterizzato questi ultimi anni. Quando il cervello umano rimane inattivo (in uno stato di quiete) per troppo tempo senza trasformare la tensione in energia viva, questa spinge all’azione dell’individuo e questo è ciò che riscontriamo quando i ragazzi ci parlano di azioni e comportamenti reattivi e spesso poco funzionali, che mettono in atto come forma di comunicazione ed espressione di ciò che sentono. Tutte le emozioni, partendo dalla noia, rabbia, paura, tristezza e gioia devono essere riconosciute, accolte e comunicate. Essere in sintonia con le nostre emozioni corrisponde ad essere in sintonia con noi stessi, ci aiuta a capire meglio quali sono le nostre necessità. Essere capaci di parlare di emozioni pone le fondamenta per risolvere i problemi e i conflitti in modo sano e protettivo. La regolazione e alfabetizzazione emotiva è una risorsa interna importante da incrementare nei ragazzi e negli adulti di riferimento come canale per comunicare e rimanere connessi con se stessi e con gli altri. Per acquisire questa capacità è necessario che il genitore, l’insegnante e l’adulto di riferimento in generale, incoraggi il ragazzo a parlare delle emozioni esperite e si presti ad ascoltare con empatia e senza giudizio ciò gli verrà riferito.
Per spronare un bambino o un adolescente a raccontare ciò che ha provato si può chiedere ad esempio: cosa hai provato? Che emozioni hai sentito? In quale parte del corpo le hai sentite?
È molto importante spiegare ai ragazzi che non ci sono emozioni buone o cattive, ma piuttosto emozioni piacevoli e emozioni spiacevoli e che ognuna di loro è importante. Infine, è bene tenere in considerazione la differenza tra emozione e comportamento. Le emozioni infatti sono solo emozioni, possono essere piacevoli o spiacevoli, ma non sono di per sé né buone né cattive.
I comportamenti che derivano dalle emozioni però non sono sempre buoni o cattivi: a volte le emozioni spiacevoli portano ad intraprendere comportamenti dannosi per sé e per gli altri. Quindi di fronte ad un ragazzo arrabbiato si potrà dire ad esempio che la rabbia è un’emozione sana, anche se spiacevole, e che provarla in certe situazioni è del tutto normale.
È fondamentale che un genitori o un insegnante ascolti e accetti l’emozione di condivisa dal bambino o ragazzo, aiutandolo a dargli parola e ad attribuirgli un nome piuttosto che “agirla”.
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