Nutrirsi di cure sin dai primi 1000 giorni

di

Cambiare l’inizio della storia, per cambiare tutta la storia.

Di che cosa parliamo

Questo breve articolo parla delle Cure che nutrono[1], cioè di gesti e azioni che si possono fare nel periodo iniziale della vita delle persone per farle crescere meglio: proteggere, offrire cibo, tutelare la salute fisica, regalare emozioni attraverso la voce e le parole, il contatto, la risposta efficace e rassicurante ai loro bisogni.

Quest’onere non può ricadere solo sulle spalle dei genitori e della famiglia (più spesso delle mamme). Le cure precoci condivise con professionisti/e, operatori/operatrici e comunità di riferimento, riducono le possibili diseguaglianze di partenza tra un contesto familiare fragile e uno più strutturato, mitigano lo stress e il senso di isolamento dei genitori, responsabilizzano una comunità più vasta intorno al benessere delle bambine e dei bambini. Perché quello che accade, o non accade, negli anni iniziali della vita ha una influenza potente su come le persone potranno scegliere di essere e saranno nel futuro. A volte, davvero, come diceva il pediatra Dimitri Christakis, se cambi l’inizio della storia, puoi cambiare tutta la storia.

Ma in che cosa consistono queste cure? Quando si comincia a prestarle? Chi deve prestarle? E soprattutto che cosa possono fare le persone che lavorano con le famiglie per rendere l’esperienza della genitorialità e della relazione con i e le più piccole, un’esperienza di crescita condivisa?

Il Percorso formativo

Ispirandosi al documento sulla “Nurturing Care Framework”, per iniziativa e sotto il coordinamento dell’Istituto superiore di Sanità, alcune organizzazioni professionali scientifiche e sociali italiane,  hanno predisposto un percorso formativo intitolato “Le cure che nutrono”, che si rivolge a tutte le persone impegnate nel lavoro di supporto alle famiglie: professionisti/e del mondo sanitario, sociale, educativo, della cultura, ma anche rappresentanti del mondo del policy making, servizi pubblici e attori privati che investono nell’educazione e nel welfare territoriale.

Ecco spiegata la decisione di inserire questo percorso anche nel progetto “Il buon inizio. Crescere in una comunità educante che si prende cura” di Save the Children, finanziato dall’Impresa Sociale Con i Bambini, nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il progetto svolge, infatti, , oltre alla gestione di un Polo educativo integrato, cioè di uno spazio educativo e di supporto alla genitorialità, anche una funzione di raccordo con i servizi educativi rivolti alla prima infanzia, con i servizi sanitari di prossimità e con i servizi sociali. E quindi esercita una responsabilità anche nella diffusione di punti di vista e strumenti di lavoro oltre che di modalità flessibili e innovative di collaborazione tra i diversi attori del territorio.

Come raccontare tutto questo?

Non è semplice parlare di approcci, sguardo e consapevolezza a persone che già lavorano all’interno di servizi socioeducativi e sanitari, e sono quindi persone competenti che da anni seguono famiglie, anche multiproblematiche. È il grande nodo da sciogliere per chiunque si occupi della formazione di adulti professionalmente maturi!

Quindi abbiamo impostato tre incontri, mettendo al centro altrettanti aspetti da approfondire insieme per dare un’impronta più decisa alla funzione di “facilitatori e facilitatrici” della relazione di cura.

  1. L’approccio di sistema. Si tratta di identificare la relazione di cura come un sistema di forze, che intervengono sul benessere fisico, psicologico, emotivo e cognitivo dell’interno nucleo familiare. Queste forze sono rappresentate dalle condizioni materiali e di salute di adulti e piccoli, dalle risorse e competenze che gli adulti hanno a disposizione, dalle ansie che sperimentano, dalle domande che si pongono e dalle azioni che possono concretamente mettere in atto. Obiettivo del lavoro è quello di favorire il benessere nelle cinque aree identificate dall’approccio delle Cure che nutrono: salute fisica, alimentazione sana e bilanciata, protezione dai rischi, esposizione precoce ad esperienze educative, relazione genitoriale responsiva.

 

  1.  I fattori di rischio e di protezione. Per favorire una gestione dinamica e positiva delle forze in campo occorre identificare i fattori di rischio e, al contrario, quelli di protezione (sia esogeni, sia endogeni). Le patologie, le dipendenze, la fragilità socioeconomica, la precarietà, la scarsa conoscenza dell’ambiente di riferimento sono, ad esempio, fattori di rischio; mentre la disponibilità a chiedere aiuto, la presenza di un compagno e/o di una famiglia supportiva, la capacità di riconoscere la propria paura o la propria stanchezza sono, al contrario, fattori che possono rappresentare una fonte di protezione del nucleo.

 

  1. La comunicazione. Come si comunica con le famiglie? La comunicazione efficace è una condizione essenziale per un buon esito del lavoro di condivisione della cura. La ricerca di un linguaggio idoneo a creare fiducia, dei luoghi e delle occasioni più appropriate per parlare, la sperimentazione di posture di dialogo e interazione non giudicanti o paternalistiche, la capacità di fare domande senza generare timore e stress. Tutto questo è alla base di una relazione fatta di parole (e di parole comprensibili), ma anche di linguaggi non verbali, di gesti, di interazioni simboliche, di organizzazione degli spazi di conversazione.

Per nutrire, le cure hanno necessità di essere robuste e delicate al tempo stesso, e soprattutto di essere pensate ogni volta, un po’ diverse, speciali per ogni persona.

Ogni volta che nasce una persona, nascono nuove relazioni. Le cure nutrono soprattutto quelle relazioni e le relazioni, a loro volta, nutrono le opportunità di futuro.

 

Approfondimento a cura di Francesca Romana Marta, coordinatrice Fiocchi in Ospedale e referente per i programmi 1000 giorni di Save the Children.

[1] Le cure che nutrono è la traduzione italiana di “Nurturing care Framework (for Early Child Development”, titolo di un documento di policy, realizzato nel 2018 da diverse organizzazioni internazionali e istituzioni di ricerca e portato in Italia dal Centro per la Salute del Bambino di Trieste (https://www.epicentro.iss.it/materno/pdf/Nurturing-care-ita-x-sito.pdf)

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