Un progetto imolese di contrasto alla povertà educativa minorile fra quelli finanziati da Con i bambini
di officinaimmaginata
C’è anche il progetto G.P.S.-Giovani, Processi, Scelte. Mappe per una comunità educante che si mette alla prova, di cui è capofila la cooperativa sociale Officina immaginata di Imola, fra i 152 progetti finanziati che la Fondazione Con i bambini (la cui attività è sostenuta dalle Fondazioni bancarie italiane, fra cui la Fondazione Cassa di risparmio di Imola) ha finanziato attraverso il bando “Comunità educanti”, nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile.
Il progetto, la rete e le azioni
G.P.S. è «un progetto di rete che vuole spingere la comunità educante del nostro territorio verso la progettazione condivisa di servizi innovativi di prevenzione rivolti ai minori e ai giovani del nostro territorio in situazione di disagio, di dispersione scolastica e di devianza, nonché di proposte concrete a sostegno dei ragazzi messi alla prova – spiega Daniele Fabbri, presidente della cooperativa sociale Officina immaginata –. Gli obiettivi comuni sono quelli dell’impegno contro le disuguaglianze fra la popolazione giovanile e della tutela delle giovani generazioni».
E al termine del progetto, della durata di due anni e mezzo, si arriverà alla redazione del primo Patto educativo di comunità del territorio, un protocollo/convenzione per la messa in campo di azioni innovative in ciascuno dei due ambiti presi in esame, con l’assunzione di impegni precisi da parte di ciascuna associazione/ente/organizzazione firmataria.
Al momento, «la rete comprende l’Aeca-Associazione emiliano romagnola di enti autonomi di formazione professionale, di cui fa parte il Ciofs, l’Asp del circondario imolese, l’Associazione Santa Maria della Carità (l’ente gestore della Caritas della Diocesi di Imola) il Centro sociale Giovannini del quartiere Marconi – aggiunge Fabbri –, però si vuole aprire anche agli istituti comprensivi e superiori, alle associazioni culturali e sportive, all’Azienda usl, alle cooperative sociali e del terzo settore, alle associazioni di categoria, alle Forze dell’Ordine e a tutte quelle aziende sensibili alla formazione e al reinserimento educativo dei ragazzi, per determinare assieme buone pratiche affinché i giovani a rischio possano essere coinvolti nella vita della nostra comunità in maniera inclusiva e valorizzante per loro e per la nostra città».
E «alla redazione del Patto si arriverà attraverso attività di formazione per gli educatori, per gli operatori e per gli insegnanti, per implementare le loro capacità educative, metodologiche ed organizzative – entra nei particolari –, appuntamenti e convegni formativi aperti all’intera cittadinanza, e visite ad altre Comunità educanti che condividono i nostri obiettivi, le nostre metodologie e i nostri contenuti educativi, per lasciarci ispirare dalle loro esperienze e stringere collaborazioni».
Già dalla fine di quest’anno, alcuni partner del progetto cominceranno ad estendere alcuni servizi al territorio.
«Attiveremo uno Sportello di orientamento nei quartieri individuati nel progetto – anticipa Fabbri –, un servizio di prossimità in sinergia con i centri sociali, per offrire strumenti per la ricerca attiva del lavoro, corsi di formazione, stesura del curriculum vitae a giovani che non accederebbero al servizio centralizzato».
E l’Associazione Santa Maria della Carità, per esempio, curerà su tutti i quartieri le attività di sostegno/ascolto rivolte alle famiglie per supportarle nella genitorialità e nella gestione delle dinamiche familiari che coinvolgono gli adolescenti a rischio.
Le voci della rete
«Abbiamo aderito al progetto perché crediamo nell’importanza, come servizio sociale, di essere parte attiva della rete e protagonista insieme a tutti gli attori della comunità – commenta Susi Lamieri, Responsabile area servizio sociale dell’Asp –. Questo permette uno sguardo attento sul territorio e i suoi bisogni, la creazione di legami di fiducia, l’implementazione di buone prassi e di progetti creativi e funzionali ad un sistema sociale che cambia e si trasforma».
«Questo progetto rappresenta l’opportunità, per gli operatori dei vari enti, dei vari soggetti istituzionali, del mondo cooperativo e del mondo del volontariato, che già collaborano molto tra loro nelle varie reti sul territorio, nei vari progetti territoriali e in tante azioni specifiche che vengono già promosse sul territorio, per dedicare del tempo a formazioni qualificate – aggiunge Alessandro Zanoni, direttore della Caritas della Diocesi di Imola –, di cui poi possono andare a beneficiare quelle reti e quelle azioni operative che sono già in essere sul territorio».
«Come centro sociale Giovannini, siamo felici di aver aderito al progetto e che sia stato finanziato dalla Fondazione con i bambini per due motivi in particolare – continua Emilio Masi, presidente del Centro sociale Giovannini –. In primis, il nostro centro sociale vede in prima persona le fragilità di molti giovani del territorio, a volte sono i nostri vicini di casa, e ci auguriamo che si intensifichino e siano efficaci le attività di prevenzione rispetto al rischio di devianza micro criminalità giovanile. In secondo luogo, vogliamo dare il nostro contributo e mettere a disposizione i nuovi locali del centro sociale, inaugurati nel 2021, per gli incontri e i convegni del progetto».
«Come Ciofs evidenziamo alcuni obiettivi fondamentali dell progetto G.P.S., in cui ci ritroviamo pienamente – prosegue Vita Scarantino, coordinatrice e progettista del Ciofs –: rafforzare il lavoro di rete fra chi opera nel territorio, e costruire occasioni di formazione e confronto per chi lavora per i giovani e con i giovani».
«Non possiamo che essere soddisfatti di essere stati scelti fra gli oltre 700 progetti che la fondazione Con i bambini ha preso in considerazione – conclude Fabbri –. Crediamo che il valore aggiunto che la Fondazione ha riconosciuto al nostro progetto sia la volontà di sperimentare nuove modalità di approccio ai giovani, per costruire assieme a loro il diritto alla conoscenza e alla formazione, il diritto di vivere i luoghi e gli spazi della città, il diritto di essere parte della comunità, e il diritto all’ascolto, per comprendere le loro aspirazioni, le loro paure e le loro necessità».
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