L’Alfabetizzazione emotiva e i benefici nei bambini: Ida Zito, racconta la sua esperienza da operatrice tutor nel plesso Mattarella – Bonagia di Palermo
di metaintelligenze
Sono Ida Zito, di professione faccio la psicologa. Il mio percorso, in qualità di tutor ed esperta nel progetto “Giocare per Diritto” è iniziato a marzo, su proposta di una collega, la dottoressa Patrizia Maione, anche lei operatrice tutor. Il titolo del laboratorio “Alfabetizzazione Emotiva”, all’interno dell’area di azione “Ora gioco”, mi aveva incuriosito parecchio. In questa occasione, vorrei condividere con voi ciò che mi ha saputo restituire in termini umani e professionali questa bellissima esperienza.
– Ci può spiegare in cosa consiste l’Alfabetizzazione emotiva e i suoi aspetti peculiari?
L’alfabetizzazione emotiva, chiamata anche educazione emotiva, consiste nell’insegnare cosa sono le emozioni, a cosa servono, come si esprimono e come gestirle in modo consapevole, dunque, insegnare a capire se stessi e gli altri sul piano emotivo.
Le emozioni hanno un ruolo fondamentale per la nostra sopravvivenza: servono a guidarci, a individuare i pericoli e a difenderci. Quando, però, la loro intensità diventa eccessiva o quando non riusciamo a riconoscerle corriamo il rischio che si rivoltino contro di noi.
Sono da considerare dei segnali che parlano del nostro stato interno, dei nostri livelli di soddisfazione e benessere. Ci dicono se stiamo più o meno raggiungendo i nostri obiettivi personali affettivi e interpersonali.
– Quali sono stati i punti di forza che avete riscontrato durante le attività laboratoriali realizzate presso l’Istituto Comprensivo Mattarella-Bonagia di Palermo?
Io credo che l’obiettivo sia stato pienamente raggiunto, in questa prima fase laboratoriale con i nostri bambini della IV° classe della scuola primaria. Se un bambino, poi un altro e poi ancora un altro, ti corre incontro per abbracciarti, con le braccia spalancate, e con la lacrima, indice di gioia per alcuni e dimostrazione di tristezza per altri, riesce a dire che non vogliono che il progetto finisca così presto, credo mi possa ritenere soddisfatta per quello che si è riusciti, in pochi incontri, a trasmettere loro.
Il nostro viaggio non è stato percorso in una strada a senso unico ma a doppio senso; non siamo stati noi ad insegnare loro cos’è un’emozione, come si può gestire e anche riconoscere. Ma l’hanno insegnato anche loro a noi adulti e ai loro compagni. Ci siamo messi in gioco tutti, esperti esterni, insegnanti curriculari e di sostegno. Ognuno a proprio modo ha dato il proprio contributo.
Quanto volte ci si sofferma a riflettere sul significato di un’emozione? Quante volte riusciamo a dare loro un nome? A guardarle in faccia senza avere paura?
Ebbene, noi tutti lo abbiamo iniziato a fare, visto che il progetto è ancora in corso: i nostri bambini sono stati in grado di guardarsi dentro. È come se con una lente di ingrandimento avessero visto da vicino cosa abita dentro ognuno di loro, dandone espressione non solo verbale
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