Covid-19: le riflessioni dei ragazzi durante il lockdown e la sfida educativa che si apre con la Fase 2

di

Per non fare isolare i giovani, bisogna puntare sul loro protagonismo: l’esperienza degli operatori di Uisp Sassari

Rinchiusi e racchiusi tra le quattro mura di casa. Genitori e figli. Giornate che scorrono tra smartworking e didattica a distanza.

Uniti per forza, ma anche divisi dai bisogni di ognuno in un periodo che produce dubbi di ogni genere e chiede risposte urgenti.

In mezzo a tanta confusione emotiva c’è una cosa – forse – che abbiamo afferrato sin da subito: la consapevolezza che la vita in uno spazio circoscritto e fondata su un numero di relazioni limitato è un’occasione da cogliere per rafforzare le relazioni familiari.

L’hanno capito da subito, i grandi. L’hanno capito i ragazzi. E lo abbiamo capito noi operatori di Uisp Sassari che lavoriamo nell’ambito del progetto Futuro Prossimo, ascoltando i loro racconti al telefono e leggendo i loro messaggi.

Scrive in una nota Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva: “Gli adolescenti si sono imbattuti nella dimensione della responsabilità e sacrificio in maniera potente. Nulla è più impegnativo che togliere la libertà a una persona, e noi abbiamo chiesto loro di stare “imprigionati” proprio in una fase della vita che per definizione deve stare nel fuori, vivere di esplorazione e di relazione. Per loro, dentro questo sacrificio c’è anche un allenamento alla vita che forse come genitori del terzo millennio non avremmo mai immaginato di dover imporre, convinti come eravamo di crescerli felici, senza fatica e senza frustrazioni”.

Come hanno reagito i ragazzi a questa privazione di libertà che è contestualmente richiamo alla responsabilità?

Cosa hanno rivelato rispetto alla loro capacità di sacrificio?

Ci siamo presi il tempo di rileggere tutti i messaggi ricevuti in questi due mesi. E abbiamo riascoltato le loro proposte, spesso elaborate in forma di canzoni o contenuti espressivi quali video, foto, disegni. Sono tante le parole chiave che emergono dall’espressione dei loro stati emotivi e sono tanti i modi in cui quegli stessi stati hanno infuso pregnanza al loro racconto.

In cima alla lista c’è la parola speranza, a seguire: incoraggiamento, consiglio, sostegno, moralità, positività, nostalgia.

Provarea inquadrare – quasi ragionando su categorie – le parole dei ragazzi è un esperimento.

Esperimento che serve a comprendere quali siano le emozioni prevalenti nel loro vissuto emotivo, valutazione che ci aiuta a capire se e come possiamo sostenerli in modo più efficace.

Partendo da questi presupposti, dai pensieri e dalle parole scritte pronunciate o elaborate in forma creativa dai ragazzi, emergono sentiti forti ed impattanti.

Speranza

Sfruttare al meglio questi giorni per scoprire che questo periodo ci insegnerà qualcosa di nuovo e di importante

Gaia – intervista telefonica

Incoraggiamento

Io adesso sono qua con un foglio a scrivere per dare un sostegno alle persone a sopravvivere

Agostino – canzone

Consiglio

Meglio restare a casa, dedicarsi alle proprie passioni e che Dio ci aiuti ad allontanare questa malattia

Mame – intervista telefonica

Sostegno

Stiamo vicini ma lontani, diamo sostegno ai medici e agli anziani

Stefano – canzone

Moralità

Se non rispetti le regole, la sicurezza su che cosa è fondata?

Pasquale – canzone

Positività

A me questo tempo sta servendo a concentrarmi di più sulla mia musica. Compongo spesso nuovi beat e sto scrivendo molte cose nuove”.

Davide – intervista telefonica

Nostalgia

Come vorrei che tu fossi qui

Emilia – canzone (Wish you were here, Pink Floyd)

Il divieto è elemento che ha caratterizzato la vita di tutti nelle ultime settimane, imperativo declinato nella formula del “non usciamo”, blocco che – secondo quanto riportato dai ragazzi – genera tre interrogativi principali nella loro testa: cosa significa stare uniti? Cosa posso fare per me? Cosa posso fare per gli altri?

Tre quesiti che richiamano al senso di responsabilità e di sacrificio. I ragazzi, pur sentendosi confusi rispetto a un cambio così drastico di abitudini, non sembrano aver perso mai di vista una certa serenità emotiva. Non manca tra loro chi ha subito un impatto emotivo forte, in alcuni casi destabilizzante, negativo. Ma riflettendo sul contenuto delle frasi riportate notiamo come l’unico spunto che si ricolleghi ad una sensazione non propriamente positiva è la nostalgia. Una nostalgia che è desiderio di presenza, sensazione alimentata dal vorrei che è comunque un’emozione viva, pulsante seppure malinconica. La proiezione verso il futuro, la positività, il senso di cooperazione: le parole rivelano che i ragazzi, durante questo tempo quasi sospeso e interrotto, non solo non hanno rinunciato a pensare in modo positivo ma sono riusciti in qualche modo a trasmettersi fiducia a vicenda, a sentirsi davvero uniti in una sorta di processo educativo tra pari.

Il distanziamento sociale ha rischiato di produrre – tra le tante – una conseguenza specifica che è la paura dell’altro, considerato talvolta possibile untore e quindi pericoloso nemico. Paura che non sparirà di colpo neanche ora che siamo entrati in una fase più moderata dei divieti e che i dati epidemiologici sembrano più confortanti. Viene quindi da porsi un’ulteriore domanda: come possiamo evitare che ciò accada? Come possiamo evitare che la paura o anche solo la semplice  diffidenza nei confronti dell’altro, possa pervadere il nostro pensare e il nostro vivere? Esiste un modo di prevenire e arginare conseguenze sociali così negative? Le risposte ce le stanno dando i ragazzi, basta semplicemente leggere attentamente tra le righe. Ci dicono che occorre produrre pensiero, cultura, e vedere la crisi come un’opportunità e non soltanto come una sciagura. Esprimersi, sostenere l’altro, dedicarsi alle proprie passioni, rispettare le regole per il benessere comune, sfruttare i momenti più difficili e complessi nella speranza di imparare qualcosa di nuovo e importante. Parole, comportamenti, pensieri che somigliano a semi. Semi capaci di germogliare nei terreni più aridi, di diventare piante e – come le piante – crescere prendendo dalla terra solo ciò che serve per poi, col tempo, restituire forza al mondo. E bellezza.

Articolo a cura di Pasquale Posadinu, operatore Uisp Sassari

Regioni