ISPCAN 2023. Dati e testimonianze al centro
di Artemisia
Si è tenuto circa un mese fa a Edimburgo, Scozia, il congresso annuale dell’ISPCAN – International Society for the Prevention of Child Abuse and Neglect, la più importante organizzazione internazionale che si occupa di abuso e maltrattamento sull’infanzia, fondata nel 1977 negli Stati Uniti con l’obiettivo di “fornire ai professionisti globali in prima linea nella ricerca e nella pratica una comunità di apprendimento e una rete attiva per far progredire la prevenzione, il trattamento e la collaborazione per i diritti dell’infanzia”, come si legge sul sito istituzionale.
Oggi all’ISPCAN aderiscono centinaia di esperti/e da tutto il mondo, con i più diversi profili disciplinari, attivi in tutto lo spettro dei servizi per la protezione e il supporto all’infanzia, dentro le istituzioni, nella società civile, nelle università.
Organizzato dal Childlight Global Child Safety Institute con il supporto della Polizia della Scozia, il congresso ISPCAN ha riunito dal 24 al 27 settembre scorso circa 800 esperti/e provenienti da 71 paesi, ha visto 10 sessioni parallele, 6 masterclass, la presentazione di 100 poster per illustrare i risultati di ricerche, progetti pilota, sperimentazioni, nuovi servizi e modelli organizzativi, il lancio della nuova rivista internazionale Child Protection and Practice.
Ne parliamo con Rocco Briganti, direttore di Specchio Magico e componente del Board of Directors di ISPCAN, oltre che membro del CISMAI che a sua volta è Country Partner di ISPCAN.
“Per chi come me è arrivato in punta di piedi, con l’emozione di poter incontrare, conoscere e ascoltare dal vivo alcuni dei più importanti studiosi e studiose del maltrattamento e abuso sull’infanzia, sui cui testi si sono formate generazioni di operatori e operatrici anche in Italia”, esordisce Briganti, “la sorpresa più grande è stata senz’altro quella di trovarsi immerso in una comunità aperta e inclusiva, con una gran voglia di stringere contatti, fare rete, sviluppare progetti, in un’atmosfera di grande curiosità e ascolto, senza retoriche preconcette a impedire uno scambio nutriente”.
L’interesse suscitato dalle esperienze italiane presentate all’ISPCAN “ha dato la misura di quanto il lavoro che facciamo in Italia sia composto da best practices che ancora faticano a raccontarsi a livello internazionale, complice la barriera linguistica. In contesti come questo si acquista consapevolezza del proprio valore e si riesce a prendersi quel tempo per consolidare saperi e pratiche fuori dall’urgenza in cui siamo sempre immersi nel quotidiano”, prosegue Briganti.
“Si impara anche a essere più evidence based”, aggiunge, “ovvero a raccogliere e interrogare i dati, sia quantitativi che qualitativi, per raccontare le proprie esperienze in maniera chiara, così da facilitare il riconoscimento di eventuali progetti e modelli di intervento che possono essere adattati e riproposti anche in altri contesti”.
Lo scambio di esperienze, il poter imparare da chi ha già messo in pratica approcci e metodologie, è al cuore di ISPCAN fin dalla sua fondazione. D’altro canto Briganti sottolinea come “non dobbiamo dimenticare che ci sono tanti paesi dove i nostri approcci sembrano lontanissimi, e dove bisogna partire dai principi fondanti della protezione e tutela dell’infanzia: l’ISPCAN è anche l’occasione per sostenere ricercatori e ricercatrici, operatori e attivisti che spesso nel proprio paese sono isolati e devono affrontare imponenti battaglie culturali per promuovere una diversa considerazione dell’infanzia”.
La parola chiave è stata dunque, come sempre, ma anche di più di sempre essendo il primo congresso in presenza dopo la pandemia Covid19, collaborazione. L’ISPCAN è un grande spazio collaborativo, in cui si cerca di essere ognuno utile alla causa dell’altro/a, grazie anche alle attività di networking previste in tutte le sessioni di lavoro e ai momenti sociali e culturali che hanno punteggiato le quattro giornate scozzesi.
Questo spirito governa anche il nuovo ISPCAN Knowledge Hub, la piattaforma che “consente di presentare e connettere esperienze e pratiche da tutto il mondo”, sottolinea Briganti, “così da creare gruppi di lavoro, facilitare ricerche collaborative transnazionali e potenziare l’adattamento di buone pratiche”. I poster presentanti al congresso di Edimburgo sono già disponibili nel Knowledge Hub.
Parole chiave e argomento centrale del congresso, al quale sono stati dedicati numerosi panel, presentazioni, tavole rotonde, sono stati i dati, intesi come strumento per qualsiasi azione di advocacy.
“I dati permettono al legislatore, ovvero a chi definisce le politiche per l’infanzia, di calibrare le proposte legislative sui reali bisogni e sulle attuali dimensioni del fenomeno. In effetti, solo se si conosce l’abuso e il maltrattamento all’infanzia, e dunque se ne riconosce l’impatto sociale, si può provare a prevenirlo, contenerlo, contrastarlo con maggiore efficacia”, nota Briganti. “Se dici che in Italia 1 minore su 9 ha subito una qualche forma di abuso, o che 1 donna su 3 ha subito una qualche forma di violenza, appare evidente che non stiamo parlando di casi isolati da affrontare individualmente, ma di un problema sociale che richiede interventi di sistema”.
Occorre, è stato detto da più parti, un grande investimento – e anche un grande impegno collettivo a tutti i livelli – sul fronte non solo della raccolta dati, ma anche della definizione di nuovi indicatori per monitorare un fenomeno in continua evoluzione, che oggi si confronta con le nuove tecnologie digitali, la sovraesposizione dei minori alla violenza online, la pedo-pornografia, il deep o dark web, l’impatto pervasivo dei social media.
“Si tratta di un fenomeno globale, il cui controllo è molto difficile, e che manca ancora di una descrizione statistica significativa e di ampio respiro utile non solo a introdurre delle normative che tutelino i/le minori, ma anche a fornire a bambini/e, genitori e professionisti/e strumenti per affrontare questo scenario che riguarda potenzialmente il futuro di tutti noi”, spiega Briganti.
In Italia il CISMAI ha già fatto un gran lavoro in questo senso, come testimoniano le diverse Linee di indirizzo pubblicate negli ultimi anni, per esempio con la definizione e classificazione di nuove forme di violenza, l’attenzione verso violenza assistita o verso gli orfani speciali.
L’altro grande tema, oltre ai dati, su cui c’è stata grande attenzione è quello della voce delle vittime, con la logica di riuscire a testimoniare gli effetti della protezione infantile nel breve, medio e lungo periodo e far sì che la narrazione in prima persona diventi fondante per gli interventi in termini di policy e servizi.
“Ci sono stati da questo punto di vista due momenti di grande emozione: l’incontro con Lori Poland e quello con Paul Stewart”, racconta Briganti.
Quello di Lori Poland è stato un caso molto famoso, che nel 1983 lasciò gli Stati e Uniti e il mondo con il fiato sospeso. Lori venne rapita dal giardino della sua casa quando aveva solo 3 anni, abusata e chiusa in una latrina interrata per 3 giorni, riuscì a salvarsi perché dei birdwatcher udirono il suo pianto e allertarono la polizia. Oggi Poland è la presidente di EndCAN, End Child Abuse and Neglect, una organizzazione statunitense specializzata nella prevenzione e nella cura del trauma.
“È stata Lori Poland a organizzare la fiaccolata dell’ISPCAN sotto al Parlamento scozzese per attirare l’attenzione delle istituzioni sull’abuso e il maltrattamento all’infanzia”, aggiunge Briganti.
Paul Stewart è stato un centrocampista inglese, che arrivò a giocare anche alcune partite con la maglia della nazionale. Ma l’atleta aveva un segreto che ha distrutto la sua carriera sportiva: per 4 anni, da quando ne aveva 11, è stato abusato dall’allenatore della sua squadra, che lo aveva terrorizzato minacciando di fare del male ai suoi genitori e al fratellino se avesse parlato. Da adulto, e nonostante i successi sportivi, Paul era caduto nella dipendenza da alcool e droghe per riuscire a convivere con la sofferenza psichica.
“È stato dopo aver rivelato la sua storia, nel 2016, che Stewart ha deciso di mettere la sua esperienza al servizio della prevenzione, creando un programma di formazione specificamente rivolto ai/lle giovani che fanno sport. Così è riuscito anche a superare progressivamente il trauma. Sentirlo parlare della sua esperienza può essere di grande incoraggiamento”, conclude Briganti.
Nel 2021 il CISMAI, con la direzione scientifica dello stesso Briganti, ha ospitato un eccellente Congresso ISPCAN in cui Artemisia, Comitato Minori Abbandonati dallo Stato al Forteto e Agevolando hanno presentato un workshop molto intenso, intitolato “Ascoltare le voci di adulti sopravvissuti ad abusi su minori in contesti di assistenza fuori casa”, relativo alla condizione dei/lle sopravvissuti/e e al maltrattamento istituzionale. Questa esperienza è stata di grande ispirazione per i membri dell’ISPCAN e per tutto il pubblico, un esempio molto forte di ciò che Briganti ci ha raccontato in questa intervista.
Il prossimo congresso dell’ISPCAN è già stato fissato. Appuntamento dal 18 al 21 agosto 2024, a Uppsala, in Svezia.
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