Fare prevenzione a scuola. Colloquio con Selvaggia Prevete
di Artemisia
La II indagine nazionale sul maltrattamento dei bambini e degli adolescenti in Italia, realizzata da Terre des Hommes e Cismai – Coordinamento Italiano dei Servizi contro il Maltrattamento e l’Abuso all’Infanzia per l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha evidenziato come siano 77.493 su 401.766 i/le bambini/e e ragazzi/e presi/e in carico dai servizi sociali in Italia che hanno subito maltrattamento e/o abuso sessuale. Detto altrimenti, si tratta di 193 minorenni ogni 1.000, tra i/le minorenni in carico ai Servizi.
L’OMS sottolinea l’importanza della prevenzione per proteggere bambini/e, ragazzi/e da abusi e/o maltrattamenti. La prevenzione può essere di tipo primario, quando lavora sul prevenire il verificarsi di abusi, o di tipo secondario, quando agisce sul riconoscere il prima possibile un abuso e/o un maltrattamento già avvenuto.
L’attuazione di strategie preventive per un fenomeno che coinvolge e impatta un’intera comunità avviene solo quando la comunità stessa è in grado di riconoscerlo. Da questo punto di vista, la scuola può giocare un ruolo fondamentale.
La scuola – a cominciare da quella dell’infanzia – è lo spazio nel quale bambini/e e ragazzi/e sperimentano per la prima volta la relazione con adulti diversi da genitori o familiari, da amici di famiglia o vicini di casa con cui hanno una consuetudine. Con questi adulti passano una parte significativa della loro giornata, con loro apprendono, da loro sono valutati, ed essi possono diventare riferimenti importanti lungo il percorso di crescita.
Sono adulti che possono notare un cambiamento nei comportamenti, un chiudersi in se stessi, lo spegnersi di un sorriso, un isolarsi improvviso, o viceversa, un improvviso eccesso di vivacità, un’aggressività nei confronti di compagni e compagne, che potrebbero essere il segnale di un malessere che merita di trovare ascolto, per conoscerne le cause e per offrire un sostegno appropriato. In questi casi diventa molto importante sapere come parlare con il/la bambino/a o ragazzo/a, a chi rivolgersi dopo averlo/a ascoltato/a, come relazionarsi con la famiglia, come gestire la vicenda con il resto classe.
Per questo il progetto DREAM ha ideato una serie di attività di sensibilizzazione e formazione sul tema dell’abuso e del maltrattamento all’infanzia per le scuole.
Per poter aderire alle attività di sensibilizzazione e formazione del progetto Dream appositamente pensate per gli/le studenti delle scuole secondarie di primo e secondo grado, per gli/le insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado e per genitori dei bimbi che frequentano la scuola dell’infanzia e primaria, gli istituti fiorentini possono collegarsi alla piattaforma dell’iniziativa “Le chiavi della città” del Comune fino al 22 novembre. Dopo tale data sarà possibile contattare l’Associazione Artemisia all’indirizzo e-mail: dream@artemisiacentroantiviolenza.com.
Ne parliamo con Selvaggia Prevete, psicologa e psicoterapeuta, che fa parte del ‘Gruppo scuola’ di Artemisia, un team di operatrici, psicologhe ed educatrici a cui spetta l’ideazione e la realizzazione delle attività di sensibilizzazione negli istituti scolastici.
Come si parla di abusi e maltrattamenti sui minori in una classe?
Se ne parla in maniera molto diversa a seconda dell’età. Con i bambini piccoli si fanno i “collage delle emozioni”, si lavora con i disegni, si parla più per immagini e per storie. Con i ragazzi delle superiori si tiene conto che si tratta di giovani adulti in grado di avere un pensiero critico, dunque si può parlare in maniera più aperta e diretta, descrivendo le varie forme di abuso e maltrattamento, e si forniscono sempre indicazioni su dove chiedere aiuto. I ragazzi delle medie fanno balzi di crescita da inizio a fine anno, e tra la prima e la terza media: si usano molto i video per avere esempi su cui elaborare il loro pensiero, alimentando la conversazione, ad esempio, su quali possono essere le strategie protettive più efficaci.
Quali argomenti si toccano nelle attività di sensibilizzazione?
Si affrontano temi come i confini corporei, cosa ci piace e cosa non ci piace nei contatti fisici e nelle relazioni, il consenso. Con i più piccoli si parte dalle emozioni, ad esempio localizzandole nelle diverse parti del corpo. Li si invita a dire quali sono i tipi di contatto che non gli piacciono, e perché certi contatti non gli piacciono. E poi si parla di protezione: quali sono le situazioni che ci possono mettere a rischio, cosa fare in situazioni diverse, per esempio se la mamma e il babbo sanno dove si trova il bambino oppure no, cosa fare se chiamo aiuto e non mi sente nessuno….
Parliamo molto di consenso: consenso degli altri al nostro comportamento, consenso nostro al comportamento degli altri. Così si educano i minori a dire dei “No”, che non sono “No” facili perché sono in contrasto con l’educazione corrente che consente agli adulti un accesso molto ampio al corpo dei bambini. È tollerato, ad esempio, che la zia molli un pizzicotto anche se doloroso nelle guance della nipotina, e se la bambina protesta viene rimproverata dai genitori.
Quali obiettivi vi proponete nel lavoro nelle scuole?
Sia negli incontri con i bambini/e ragazzi/e che in quelli con insegnanti e genitori ci proponiamo di offrire degli strumenti che aiutino minorenni e adulti a nominare e riflettere sul fenomeno degli abusi e maltrattamenti all’infanzia. Sono temi che fanno paura, ancora accompagnati da tanti pregiudizi e vergogna, sui quali non si sa come intervenire. Vogliamo aiutare adulti e bambini/e, ragazzi/e a migliorare le proprie capacità di analisi delle situazioni di rischio, imparando a distinguere le situazioni di rischio reale da quelle in cui non c’è, renderli consapevoli della propria autoefficacia e capacità di mettere in atto comportamenti protettivi e difensivi quando necessario, oltre a fornire riferimenti chiari in merito a chi rivolgersi per chiedere aiuto.
Come si conducono le attività?
Interveniamo sempre in due, sia per gestire meglio il lavoro con la classe, sia perché una delle due può avere una funzione un po’ più osservativa delle dinamiche nella classe, mentre l’altra è impegnata nella conduzione dell’attività o nella facilitazione della discussione. E ovviamente le operatrici più esperte fanno sempre l’affiancamento a quelle che sono ai primi incontri.
Poi in classe ci possono essere le insegnanti. Alle scuole medie e alle superiori è più frequente che le operatrici siano lasciate sole con gli alunni, così da facilitare una discussione più aperta. Mentre invece alle elementari le insegnanti sono più presenti, a volte anche solo per ascoltare, per avere consapevolezza di quanto vissuto dagli allievi, così da poter poi assicurare la gestione emotiva sulla stessa lunghezza d’onda anche successivamente.
A volte capitano insegnanti un po’ troppo “entranti”, che rendono difficile l’interazione con la classe, perché magari introducono termini o concetti che sono troppo frettolosi, o allarmistici o viceversa minimizzano… Ma non si può contraddire un insegnante davanti alla classe e bisogna allora trovare una modalità per rimettere in circolo quello che l’insegnante ha detto in maniera funzionale al lavoro che si era pianificato.
Quali difficoltà o sfide si affrontano durante questi incontri?
Le domande di ragazzi e ragazze rappresentano sempre la sfida più grande. A volte siamo chiamate a rispondere a domande molto dirette, alle quali è fondamentale dare risposte concettualmente corrette e con parole davvero “giuste”, cioè calibrate sull’età, sulla sensibilità e tenendo conto del fatto che i bambini, soprattutto alle elementari, tendono a riportare molto le proprie esperienze personali. Quindi occorre fare in modo che il bambino o la bambina non si metta troppo a nudo e che sia accolto correttamente dagli altri.
Poi c’è il tempo, che è sempre troppo poco! Noi interveniamo molto nelle scuole superiori su invito dei ragazzi, durante le assemblee. In genere abbiamo a disposizione solo due ore, per cui occorre avere un focus molto preciso, non mettere troppa carne al fuoco, per non rischiare di non riuscire a incidere davvero.
Le classi sono miste, ragazzi e ragazze sono insieme, ma l’abuso e il maltrattamento possono essere percepiti in maniera molto diversa.
È vero. Oggi si parla, per fortuna, molto di violenza contro le donne, per cui si tende a pensare che solo le ragazze possano essere vittime di maltrattamenti e abusi, e che gli autori dei maltrattamenti siano sempre maschi. Ma non è così. Occorre fare molta attenzione alla parte maschile: perché abbiamo ancora stereotipi culturali per cui i maschi si sanno difendere da soli, sono forti. Perciò va sempre specificato bene che abusi e maltrattamenti possono riguardare bambini e bambine, anche perché i maschi hanno maggiori difficoltà a parlare delle proprie emozioni e questo rende per loro ancora più difficile portare all’esterno i propri problemi, condividerli anche nel gruppo di coetanei. I maschi tendono a “fare delle cose insieme”, mentre le ragazze si confrontano molto di più tra loro.
Come sono strutturati le attività proposte dal progetto DREAM sulla piattaforma “Le chiavi della città”?
Sono tre le tipologie di attività che possono essere scelte, e il loro obiettivo in generale è offrire “le parole per dirlo”. Per i/le ragazzi delle scuole secondarie di primo e secondo grado proponiamo incontri di sensibilizzazione di due ore attraverso laboratori partecipativi, brainstorming collettivo e utilizzo di supporto video. Per le scuole dell’infanzia e le scuole primarie abbiamo ideato un modulo di due ore rivolto a insegnanti e genitori volto a sensibilizzare al tema e a fornire strumenti, libri e video, per parlarne con i bimbi anche molto piccoli, per rafforzare la capacità di prevenire eventuali abusi e maltrattamenti. Infine, per gli insegnanti delle scuole di ogni ordine e grado, proponiamo un modulo di 5 ore complessive – si concorderà poi con le scuole come distribuirle.
Questi ultimi sono incontri più strutturati e approfonditi, perché le/gli insegnanti possono giocare un ruolo fondamentale nella prevenzione degli abusi sui minori, nell’emersione del fenomeno e nell’attivazione di percorsi di supporto. Spesso le scuole hanno già chiaro a chi si devono rivolgere, ma è anche successo che Artemisia sia stata contatta per avere un confronto con personale esperto in tema di abuso e maltrattamento sui minori.
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