Jolly Roger, intervista ad Assunta Legnante

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L’atleta paralimpica Assunta Legnante, campionessa di getto del peso e lancio del disco, medaglia d’oro nel getto del peso a Parigi 2024, oggi si è prestata per un’intervista da parte dei ragazzi di Jolly Roger – La radio dei pirati, satellite di Aracne – La Rete che Include, progetto di inclusione sociale selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, nato per promuovere nel complesso ed eterogeneo territorio del III Municipio di Roma la piena inclusione sociale di 200 minori con disabilità e in condizioni di povertà educativa.

Assunta, che emozioni provi ogni volta che vinci una medaglia?

Io ti rispondo nello stesso modo in cui rispondo ai ragazzi che incontro nelle scuole: tu che emozione provi quando, dopo un’interrogazione o un compito, prendi un bel voto? Ecco, è la stessa emozione che provo io: il sapere di aver lavorato per qualcosa nel modo giusto e aver ottenuto il risultato che speravo. Quindi ogni volta sono molto contenta. La prima medaglia del mondo paralimpico, l’oro a Londra nel 2012, mi ha regalato un’emozione impareggiabile perché ha segnato come una rinascita per me, ex atleta vedente appena passata dalle competizioni paralimpiche. Ma c’è un’altra medaglia che è sempre importantissima: la prossima.

Come funziona il tuo allenamento quotidiano?

Io mi alleno quattro o cinque giorni a settimana, a volte in palestra, quando alleno la forza; quando invece mi esercito a lanciare il peso o il disco sono in pedana, al campo.

Com’è nata la tua passione per questo sport inusuale, tanto più per una donna?

Con la scuola, con i vecchi Giochi della Gioventù che un tempo erano una manna dal cielo per tutti i ragazzi e che aiutavano anche a trovare nuovi talenti nello sport – e che io spero sempre ritornino, prima o poi, nelle scuole. Io giocavo a pallavolo, poi all’improvviso ho cominciato a fare atletica; la stazza ha fatto tutto, perché a quindici anni ero già alta un metro e settantotto, oggi sono uno e ottantotto.

Quali sono le difficoltà che incontri maggiormente nel tuo percorso di atleta?

Da quando sono non vedente, le difficoltà maggiori sono quelle dove non sono autonoma: in pedana devo essere posizionata da una guida, nel mio caso il mio allenatore; anche in palestra mi deve aiutare negli esercizi, a posizionarmi nel giusto modo. Questa è la difficoltà maggiore; per il resto io penso che sia nelle difficoltà che si trova la forza per fare tutto.

Pensi che il mondo dello sport italiano abbia un adeguato livello di inclusività?

Il livello di inclusività si è alzato moltissimo. Da un po’ di anni a questa parte lo sport paralimpico viene visto in un modo diverso da parte del pubblico: prima eravamo considerati disabili che avevano un hobby e quindi facevano uno sport giusto per uscire di casa; adesso siamo considerati atleti a trecentosessanta gradi perché magari, vincendo tante medaglie, in tanti si sono resi conto che dietro quelle medaglie c’è tanto lavoro, tanto allenamento e tanti sacrifici. Si può sempre migliorare naturalmente, ma al momento non ci lamentiamo.

Assunta, tu sei diventata conosciutissima sui social anche per la tua autoironia e anche queste paralimpiadi si sono caratterizzate per un buon livello di autoironia. Pensi ce ne sia bisogno, oppure c’è ancora bisogno di un tatto, una protezione particolari nei confronti delle persone con disabilità?

Innanzitutto dipende dalla personalità di ciascuna persona disabile, ma penso che essere autoironici sulla propria disabilità sia anche un buon modo per mettere a proprio agio l’interlocutore. Cioè, se io per prima scherzo e gioco sulle mie difficoltà, sulle mia fragilità, metto a proprio agio il mio interlocutore nel parlare e nel rapportarsi con me. Ad esempio, se io sono autoironica non si farà mai il problema di dire “ci vediamo domani”, una frase banalissima che, però, dopo essere stata pronunciata in mia presenza spesso scatena il “oh cavolo, l’ho detto a una persona che non ci vede!”; ma se io stessa scherzo salutando con “ci vediamo domani”, il problema sparisce!

Noi siamo qui grazie ad Aracne che, tra i tantissimi servizi e attività che propone ai ragazzi, sostiene anche Jolly Roger. Secondo te, negli ultimi anni in Italia ci sono stati dei passi avanti dal punto di vista dell’inclusione, ci sono maggiori occasioni per le categorie più fragili? Oppure c’è ancora tantissimo lavoro da fare?

Il mondo sta cambiando nei nostri confronti e lo sport è un mezzo fondamentale per migliorare l’inclusività. Noi come federazione Fispes abbiamo addirittura un’Accademia per giovani atleti disabili, un contesto in cui possono non solo divertirsi, ma magari chissà, anche diventare grandi campioni in futuro. Non solo nello sport, ma anche in altri ambiti come la musica, il teatro, le scuole c’è un interesse sempre maggiore verso quest’argomento.

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