Ma dove vai se le competenze trasversali non ce le hai?

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Chi lavora in ambito educativo solitamente possiede delle conoscenze e delle competenze tecniche che gli consentono, ad esempio, di conoscere le teorie educative, le applicazioni pratiche di tali teorie, i vari periodi di sviluppo dei bambini e dei ragazzi, l’importanza delle differenze individuali, delle dinamiche nel gruppo, dei giochi e degli esercizi da proporre. Tutto ciò consente di organizzare un lavoro quotidiano che conduce al raggiungimento degli obiettivi educativi che ci si è dati. Questi interventi sono continuamente verificati e mediati dalla relazione con i propri utenti, cogliendo feedback, segnali, possibilità di sviluppo, da organizzare in progressive attività programmabili.

Nel contesto appena descritto siamo, pienamente, all’interno di ciò che si definisce il SAPER FARE, le nostre competenze tecniche. Quando si parla di “competenza” in senso stretto ci si riferisce ad una fusione fra le conoscenze (i saperi) e le abilità (saper fare).

Le competenze posso dirsi tali perché ci consentono di agire, in quanto consistono nella capacità di applicare le proprie abilità a specifici contesti. L’azione infatti esiste solo in un contesto, l’azione non è mai astratta. Io agisco una competenza o un comportamento nella relazione con la realtà in cui opero, con l’ambiente in cui vivo e gli attori in essa coinvolti.

Se ne deduce che l’ambiente è lo sfondo nel quale ci si muove ed è veicolo delle relazioni interpersonali e sociali nel quale l’azione si inserisce. In esso si crea e si vive un continuo passaggio di informazioni tra interno ed esterno coinvolgendo la persona in un ambito che va oltre le sue competenze tecniche. In altre parole: esistono dinamiche profonde della realtà nella quale agisco il mio saper fare. Le conosco? Quanto sono consapevole del mio potere in questo senso? So identificare i fattori in gioco, le mie caratteristiche personali e usarli in modo funzionale al mio obiettivo?

Ecco che tali domande ci portano dritti alla seconda e rilevante area delle competenze: il SAPER ESSERE. Infatti, il saper essere altro non è che l’insieme delle competenze trasversali. Le competenze trasversali servono per interagire con la realtà quotidiana grazie ad una maggiore consapevolezza di sé e del proprio ruolo, della propria funzione, e degli obiettivi sviluppabili attraverso il proprio lavoro. Sono le mie competenze relazionali, organizzative, emotive che, tramite un continuo scambio ed osmosi, si intersecano con le mie competenze tecniche.  Si chiamano trasversali perché attraversano tutti gli ambienti nel quale ci si muove, indipendentemente dall’ambito tecnico specifico nel quale opero.

La formazione, nelle professioni che utilizzano la relazione come strumento di lavoro, dovrebbe mirare a sviluppare le competenze trasversali integrandole con le competenze tecniche. Ogni professionista dovrebbe avere uno spazio nel quale educare e far evolvere il suo saper essere in modo funzionale ai propri obiettivi professionali. Dovrebbe avere uno spazio nel quale imparare a scoprire l’interconnessione profonda fra pensiero, emozione e azione.

E allora perché le trascuriamo? Viviamo in una società che richiede costantemente di essere preparati al cambiamento, all’altezza delle aspettative e orientati alla performance eccellente. Siamo nell’era della specializzazione del lavoro, quindi più le competenze tecniche sono specifiche e capaci di operare chirurgicamente nel proprio contesto, più chance di successo avremo.

Per raggiungere il livello di specializzazione richiesto dal mercato abbiamo bisogno di molta preparazione. Ed in effetti ci si prepara tantissimo, si studia, si sperimenta. Tuttavia, ci sono tantissime persone che sono tecnicamente preparate eppure non riescono a raggiungere i risultati sperati. Collezionano qualifiche, si formano con i migliori del settore, acquisiscono competenze super aggiornate eppure non riescono a far accadere ciò che desiderano oppure sono incapaci di gestire gli aspetti relazionali ed emotivi sul luogo di lavoro. Ne conoscerai certamente anche tu.

Questo perché essere preparati non significa allenare solo il proprio sapere fare. Non significa solo saper pedissequamente applicare una tecnica educativa, saper somministrare un test, saper trasmettere in aula alcune nozioni. Essere preparati si lega a doppio filo al proprio livello di consapevolezza interiore, di conoscenza del proprio funzionamento, di rilevazione dei propri punti di forza interni e esterni. Quindi, per essere preparati e competitivi è necessario saper essere, prima ancora che saper fare.

Allenare le competenze trasversali significa giocarsi in prima persona, assumersi dei rischi, aprirsi alla correzione quindi richiede un coinvolgimento personale che talvolta si tende a rimandare, vuoi per mancanza di tempo, vuoi per una maggiore facilità a formare le competenze tecniche.

È invece importante porre l’accento sul fatto che il successo professionale è dato da quell’alchemico mix fra competenza tecnica e la capacità di conoscersi, di sapersi ascoltare in profondità, di arrivare al centro di sé stessi per attivare quella forza di volontà che sposandosi con la razionalità e la progettualità mi consente di raggiungere gli obiettivi.

Per ottenere risultati che mirino all’eccellenza ed essere agenti di cambiamento reale ed intenzionale, dobbiamo tornare a curare questo codice personale, questa ricetta segreta che crea un saper essere unico in ognuno di noi.

La bella notizia è che tutto ciò è fattibile, che le competenze trasversali si possono scoprire, valorizzare e allenare. Ma hanno bisogno di tutta la tua presenza. Accetti la sfida?

Danila Saba
Job Coach & Formatrice

 

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