Che cos’è la povertà educativa minorile?
di fondazionedicomunitavaldinoto
Stando alla definizione che ne da Save the Children, la POVERTA’ EDUCATIVA MINORILE «indica l’impossibilità per i minori di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Nel nostro Paese la povertà educativa priva milioni di bambini del diritto di crescere e di seguire i loro sogni. La povertà educativa è una povertà che nessuno vede, nessuno denuncia, ma che agisce sulla capacità di ciascun ragazzo di scoprirsi e coltivare le proprie inclinazioni e il proprio talento».
Non si tratta quindi solo di una carenza di “diritto allo studio”, ma della mancanza di opportunità educative ad ampio spettro, che incidono negativamente sulla crescita lata del minore.
Il concetto di povertà educativa è comparso nella letteratura nel corso degli anni ’90, ed è stato poi ripreso da organizzazioni non governative (in particolare Save the Children) e governi nella definizione delle politiche per l’infanzia e l’adolescenza. Generalmente riguarda i bambini e gli adolescenti che vivono in contesti sociali svantaggiati, caratterizzati da disagio familiare, precarietà occupazionale e deprivazione materiale.
Dalla ricerca “Domani (Im)possibili” del 2024, emerge che in Italia più di 1,3 milioni di bambini, bambine e adolescenti vivono in povertà assoluta, senza beni indispensabili per condurre una vita accettabile. Va da sé che la povertà economica sia alla base di quella educativa; basti pensare al fatto che molti bambini senza possibilità economiche non possono permettersi l’acquisto di libri o l’accesso a quel comparto culturale che dovrebbe far parte della vita di ogni giovane per diritto costituzionale di formazione.
Più di 1 ragazzo su 4, che vive in condizioni di grave deprivazione materiale, pensa che non riuscirà a finire la scuola e che sarà costretto ad andare a lavorare, a fronte dell’8,9% dei coetanei. Il 58,4% di minori in condizione di fragilità non possono permettersi attività di svago fuori casa a pagamento.
La famiglia d’origine, ovviamente, gioca un ruolo fondamentale in quanto l’istruzione dei genitori condiziona molto il futuro dei bambini, a partire dai primi anni di vita, mettendo in atto quella che è definita “trappola della povertà educativa”. Una bassa condizione sociale, uno stato di particolare indigenza, si traducono, molto spesso dunque, in minori opportunità culturali e formative che la stessa famiglia può non può offrire ai figli; risulta evidente come a soffrire maggiormente la povertà materiale siano i nuclei con un solo genitore lavoratore (peggio se con stipendio medio-basso) o con più figli. Ulteriore conseguenza di ciò è la scelta dell’indirizzo di studi dopo le scuole medie, spesso dettata, da parte dei ragazzi, dalla condiziona familiare.
I dati Almadiploma indicano che in Italia nel 2023 solo il 16,1% dei diplomati al liceo era figlio di lavoratori esecutivi, mentre nei professionali l’incidenza era più che doppia (34,3%). A ciò si aggiunga che, in 2 casi su 3, i figli di chi non ha il diploma non si diplomano a loro volta.
Si tratta di tendenze negative, perché portano le disuguaglianze economiche, educative, culturali e sociali a tramandarsi dai genitori ai figli, rendendo il fenomeno della povertà educativa, in qualche modo ereditario.
Per questa ragione investire sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza, con progetti come “Sprigiona il tuo cuore” che, selezionato da Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto alla povertà educativa, punta sul diritto alla relazione con il genitore, si dimostra essere un investimento assolutamente fruttifero per il futuro.
Fonti: Save the Children e Openpolis
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