SCHOOL FACILITATOR: ecco cosa significa per gli operatori di “Give teens a chance” – intervista ad Anna

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La scuola non può stare ferma, ad attendere il ritorno dei ragazzi dispersi. C’è bisogno di “uscire” per andare incontro, per cercarli nei luoghi dove vivono, per ritrovare, al di là dei proclami retorici, un reale rapporto con il territorio. Per questo il progetto “Give teens a chance”, finanziato da Con i Bambini nell’ambito del fondo per il contrasto della povertà educativa minorile ha introdotto la figura di operatori che facciano da mediatori tra la scuola e il quartiere, supportando il lavoro dei docenti e trasformandosi nelle antenne e nel braccio dell’istituzione scolastica sul territorio. Qualcuno recentemente ha trovato un nome efficace per questa figura: “school facilitators”, facilitarori scolastici. Incontriamo oggi Anna, una delle sette operatrici del progetto e “school facilitator” presso l’Istituto Comprensivo Voltri 2.

In che cosa consiste questo lavoro?

Si tratta di una sperimentazione. Vuole offrire un supporto a 360° gradi ai ragazzi in difficoltà, dal sostegno in classe la mattina durante l’orario di lezione all’aiuto nei compiti e nello studio al pomeriggio. Ma soprattutto, grazie alla stretta collaborazione con gli insegnanti, non ci limitiamo ad offrire un sostegno, ma cerchiamo di prenderci cura di ogni aspetto della vita dei ragazzi, tenendo conto delle loro condizioni economiche e sociali, del livello culturale della famiglia e della loro situazione scolastica. Spesso stringendo rapporto con le loro famiglie e mediando tra loro e le istituzioni

Com’è la giornata tipo di un facilitatore scolastico?

É un lavoro certamente dinamico. Per esempio stamattina ho supportato a casa M. una ragazzina che si è ritirata a causa delle troppe assenze: la sua famiglia ha optato per una sorta di scuola parentale, ma ci hanno chiesto aiuto, perchè sentono di non avere gli strumenti culturali e il tempo per questo percorso non facile. Poi, in una delle classi più complesse della scuola, ho aiutato una docente in alcune attività sperimentali sulla sensibilizzazione alla cura dell’ambiente. Al pomeriggio aiuteremo alcuni ragazzi con i compiti e nello studio, tenendo aperti i locali della scuola.

Qualcuno direbbe che fate gli insegnanti di sostegno 

Direi proprio di no: sia per diverse specializzazioni professionali, sia per l’inquadramento differente. Ma, soprattutto, quella dell “school facilitator” non é una figura che limita il suo raggio d’azione entro i confini dell’orario scolastico. Direi che la sua forza è proprio quella di essere una figura di mediazione, pienamente dentro i meccanismi della scuola, ma percepita come prossima e informale dai ragazzi e dalle famiglie. Un compito cruciale che svolgiamo é quello di mettere in comunicazione la scuola con la famiglia:  spesso le istituzioni scolastiche si sono trovate da sole e con scarse risorse di fronte a situazioni molto difficili. La creazione di un rapporto personale e di fiducia con i genitori é un passo fondamentale per rendere la scuola più vicina. “Give teens a chance” é come un ponte che cerca di unire due parti legate, ma che spesso faticano a remare insieme e nella stessa direzione.

In tutto quest’anno ci siamo interrogati su come non lasciare da soli i ragazzi di fronte alle sfide e alle difficoltà poste da questa crisi. Tanti non avevano gli strumenti per seguire le lezioni da casa; nel mese di marzo, insieme alla scuola, abbiamo consegnato loro dei tablet. Nel periodo più duro del lockdown abbiamo partecipato alle lezioni in DAD e organizzato delle videochiamate individuali o in gruppo per studiare con gli studenti che avevano maggiori difficoltà. In questi mesi, seguendo le segnalazioni della scuola, il progetto é andato a cercare quei ragazzi che hanno abbandonato la scuola per la paura del contagio o perché ormai pluribocciati e a disagio nel contesto scolastico. Con il consenso delle famiglie abbiamo iniziato con loro un percorso d’istruzione. La cosa più drammatica, andando nelle case dei ragazzi, è stato scoprire come la crisi economica sta riportando nelle nostre periferie la povertà più dura e l’emergenza alimentare. Grazie a Con i Bambini abbiamo potuto dare una mano anche in questo. Ma ci ha commosso parlare con i genitori che, ringraziandoci, ci spiegano sempre che, comunque, la fame più grande dei loro ragazzi resta quella di futuro.

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