Le dimensioni della povertà educativa minorile spiegate da Save the Children

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Utilizzando le parole del Dossier “La lampada di Aladino“, pubblicato nel 2014 da Save the Children, Organizzazione impegnata nel salvare la vita dei bambini e difendere i loro diritti, impariamo che la povertà educativa è “la privazione da parte dei bambini e degli adolescenti della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni. Per un bambino, povertà educativa significa essere escluso dall’acquisizione delle competenze necessarie per vivere in un mondo caratterizzato dalla economia della conoscenza, dalla rapidità, dalla innovazione. Allo stesso tempo, povertà educativa significa anche la limitazione dell’opportunità di crescere dal punto di vista emotivo, delle relazioni con gli altri, della scoperta di se stessi e del mondo”.

Un concetto multisfaccettato

La povertà educativa ha a che vedere con la dispersione scolastica, ma Save the Children e il suo Comitato scientifico ci spiegano che essa non si limita a manifestarsi nelle scarse performance scolastiche degli alunni italiani. La povertà educativa emerge nei tanti contesti di vita e sviluppo dei minori del nostro Paese, ad esempio nella scarsezza di opportunità culturali che mettano i minori in contatto con la bellezza, con l’arte, con lo sport. Non solo, esso si manifesta anche nella scarsa qualità delle relazioni familiari e amicali dei bambini e ragazzi, mettendo a repentaglio il loro sviluppo emotivo e sociale.

Il benessere, infatti, è uno stato che coinvolge tutti gli aspetti dell’essere umano, e caratterizza la qualità della vita di ogni individuo inserito in una comunità di persone. Il benessere consiste quindi nel miglior equilibrio possibile tra il piano biologico, il piano psichico ed il piano sociale dell’individuo, in un’ottica dinamica e in continua evoluzione.

La resilienza educativa

Per fortuna, nel Report “Nuotare contro corrente – Povertà educativa e resilienza in Italia“, pubblicato nel maggio 2018, Save the Children ci parla anche della resilienza educativa dei bambini.  Si tratta della capacità dei minori di uscire dallo svantaggio educativo, nonostante vivano in condizioni difficili e avverse. L’OCSE li definisce come adolescenti di 15 anni che, “nonostante provengano da famiglie che si trovano nel quartile socio-economico e culturale più basso”, superano i livelli minimi di competenze in matematica e lettura e acquisiscono un bagaglio di saperi fondamentali per avere un ruolo attivo e incisivo nella comunità, essendo in grado di applicarli anche in contesti extrascolastici. Senza dubbio la musica, lo sport, l’arte, la lettura hanno effetti molto positivi sulla resilienza. Lo dimostra il fatto che i minori che provengono da famiglie in difficoltà, ma frequentano scuole con un’ampia offerta di attività extrascolastiche, sono più resilienti di altri. Maggiore sarà l’offerta extrascolastica, maggiore sarà la resilienza.

La povertà educativa si traduce sia in una scarsa offerta di servizi di qualità, sia in una scarsa partecipazione dei minori alle attività artistiche e culturali. Per renderla misurabile, nel 2014 Save the Children ha creato l’IPE (Indice di Povertà Educativa) che è dato dalla media dei valori di 14 indicatori diversi che riguardano i molti aspetti della vita, in relazione al benessere. Esso è calcolato su base regionale ed insieme all’IPE, Save the Children ha messo a punto anche due sub-indici: quello della povertà educativa nel contesto scolastico e quello della povertà educativa nel territorio.

La povertà educativa e la scuola

Questo indice si basa su 7 indicatori relativi ai servizi scolastici, dall’infanzia alla scuola secondaria:

1. Copertura dei nidi e servizi integrativi pubblici
2. Classi a tempo pieno nella scuola primaria
3. Classi a tempo pieno nella scuola secondaria di primo grado
4. Istituzioni scolastiche principali con servizio mensa
5. Scuole con certificato di agibilità/abitabilità
6. Aule connesse ad internet
7. Dispersione scolastica

Nella classifica regionale, dal livello più severo di povertà educativa scolastica al meno severo, nel 2014 il Lazio si trovava in sesta posizione, immediatamente dopo la Calabria, mostrando i segni di una situazione preoccupante.

La povertà educativa e il territorio

Questo sub-indice fa riferimento alla partecipazione dei minori tra i 3 e i 17 anni a una serie di attività culturali, ricreative e sportive. Esso si compone dei seguenti indicatori:

8. Bambini che sono andati a teatro
9. Bambini che hanno visitato musei o mostre
10. Bambini che hanno visitato monumenti o siti archeologici
11. Bambini che sono andati a concerti
12. Bambini che praticano sport in modo continuativo
13. Bambini che utilizzano internet
14. Bambini che hanno letto libri

In questo caso, nel 2014 il Lazio si trovava al 17° posto su 18, quindi in un’ottima posizione.

Nel 2018, nella pubblicazione “Nuotare contro corrente” è stato ripresentato l’IPE rimodulato in alcuni suoi aspetti. L’Indice si avvale ora della metodologia AMPI, sviluppata dall’ISTAT per il rapporto sul “Benessere Equo e Sostenibile” del 2015. Data la revisione sia della metodologia che della natura degli indicatori, i risultati dell’IPE 2014 non sono comparabili con quelli dell’anno 2018.

Il Lazio, nell’attuale classifica regionale dal grado più severo a quello meno preoccupante, si colloca alla dodicesima posizione su 18.

Con il nostro progetto “RelAzioni a catena – comunità educante in movimento” ci proponiamo di combattere il fenomeno della povertà educativa in 4 Municipi della città di Roma, arricchendo l’offerta di servizi extrascolastici dedicati agli adolescenti e parallelamente motivandoli a partecipare, dando loro stimoli affinché possano usufruirne appieno diventando resilienti.

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