ISTAT: quel milione in più di nuovi poveri che colpisce i giovani e il futuro del nostro paese

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Slow Food Roma, Openpolis e Con i Bambini, insieme per capire e contrastare la povertà educativa

Crescono i poveri in Italia. Un fenomeno che aumenta a un ritmo incalzante, aggravato dalla pandemia da Covid19 in atto dallo scorso anno. A dirlo sono le stime preliminari diffuse da ISTAT relative al 2020 sulla povertà assoluta che delineano un panorama preoccupante soprattutto per le fasce più giovani della popolazione.

Andando a disaggregare quel milione di nuovi poveri in Italia, si rileva infatti che gran parte di essi sono costituiti da ragazze e ragazzi al di sotto dei 18 anni, il che peggiora sensibilmente i dati relativi alla povertà educativa in Italia. Come è noto, molte associazioni, enti e fondazioni si occupano di contrastare questo fenomeno che pare aggravarsi di anno in anno, privando bambini e adolescenti “del diritto all’apprendimento in senso lato, dalle opportunità culturali e educative al diritto al gioco”. Per capire più a fondo i dati pubblicati da ISTAT, ci siamo rivolti a Luca Giunti della Fondazione Openpolis.

Luca Giunti, qual è il suo ruolo all’interno della Fondazione Openpolis e di cosa si occupa l’osservatorio?

Come analista dati, mi occupo dell’osservatorio sulla povertà educativa, curato in collaborazione con l’impresa sociale Con i Bambini. L’osservatorio è nato 3 anni fa per alimentare un dibattito, basato sui dati, sulla condizione dei minori in Italia. Per questo aggreghiamo e analizziamo dati sulla presenza di servizi rivolti a bambini e adolescenti, in ambiti come la scuola, la cultura, lo sport e i servizi sociali.

Perché monitorare i dati relativi alla povertà educativa è importante per capire la società?

C’è un primo motivo quasi scontato, legato al fatto che sono proprio le giovani generazioni quelle che saranno “in prima linea” tra qualche anno: nel mondo del lavoro, nel sociale, nella politica. Quindi occuparsi delle persone di minore età e della loro condizione sociale e educativa significa anche occuparsi, come si dice con una formula abusata, del futuro del paese. Ma c’è anche un aspetto tutt’altro che scontato: da un decennio, infatti, bambini e ragazzi sono la fascia di popolazione più spesso in povertà assoluta.

Secondo i recenti dati preliminari pubblicati da ISTAT, il tasso di povertà assoluta è cresciuto in modo esponenziale durante l’ultimo anno: ci puoi riassumere i valori analizzati e dirci quali sono i fattori di questa dinamica?

L’emergenza Covid, come era purtroppo prevedibile, ha aumentato il numero di poveri assoluti nel nostro paese. Istat ha anticipato alcune stime preliminari (il dato definitivo lo avremo a metà anno). Si stima un aumento di circa un milione di persone in un solo anno, che porta a 5,6 milioni i poveri assoluti in Italia. Se confermato, si tratterebbe del dato più alto dal 2005. L’effetto in termini sociali sarebbe quindi anche più grave della precedente crisi economica nel decennio scorso.

L’aumento della povertà assoluta ha colpito tutti in modo eterogeneo. Quale fascia della popolazione ha colpito maggiormente? Sono emersi dati interessanti e inaspettati rispetto alle indagini effettuate a seguito delle crisi economiche passate?

Nell’anno della pandemia la povertà è aumentata soprattutto nelle fasce d’età più giovani, un dato che purtroppo non è nuovo e che è in linea con quanto avvenuto nella crisi precedente, successiva alla recessione del 2008. Prima di quella crisi, c’era molta meno distanza tra la povertà assoluta delle diverse fasce d’età. Alla fine degli anni 2000 per tutte le generazioni l’incidenza di povertà assoluta era attorno al 4%.  Poi la forbice si è allargata: con i minori di 18 anni stabilmente sopra il 10-12%. Secondo le stime preliminari, nel 2020 l’incidenza della povertà assoluta tra i più giovani raggiungerebbe il 13,6%, una quota molto preoccupante, la più elevata nella serie storica dal 2005. Quindi in un quadro dove tutti peggiorano la propria condizione, per i bambini e le loro famiglie la tendenza è anche più grave.

Questa critica situazione economica come si riversa nelle abitudini di spesa dei cittadini? Un focus sulle spese dedicate all’alimentazione?

In linea con il calo del Pil dell’anno scorso, anche la spesa media familiare è diminuita (una contrazione del 9% circa). Anche in questo caso si tratta del calo più accentuato dal 1997, quando è iniziata la serie storica. In termini territoriali, è maggiore nel nord Italia (-10%), ma la contrazione delle spese familiari riguarda tutto il paese, da nord a sud. In questo contesto, le spese alimentari e quelle per l’abitazione (servizi, manutenzione ecc.) sono rimaste sostanzialmente stabili. Sia perché corrispondono a settori meno colpiti dalle restrizioni alle attività, sia perché comunque parliamo di spese essenziali, difficilmente comprimibili per le famiglie. Al contrario calano drasticamente le spese per i servizi di ristorazione, quelle per attività culturali/ricreative, quelle per i trasporti e per l’abbigliamento.

Quanto ci vorrà – e cosa servirebbe – per ristabilire un equilibrio economico sociale?

Di fronte a cifre simili è molto difficile fare previsioni e ovviamente non esiste la bacchetta magica. Rispetto agli altri paesi Ue, l’Italia storicamente ha mostrato in altre crisi un ritardo nel recupero dalle recessioni. Il senso dell’iniziativa Next Generation Eu dovrebbe essere proprio quello di evitare che succeda di nuovo. E già dal nome mi sembra abbastanza netta, e condivisibile, la scelta di privilegiare gli investimenti strutturali e di lungo periodo sulle prossime generazioni.

Mai quanto oggi povertà economica e povertà educativa si alimentano a vicenda: in tal senso dobbiamo garantire come meglio possibile le opportunità di crescita culturale per le fasce più colpite da questa situazione. Con il corso base HACCP, educazione sensoriale ed educazione alimentare curato da Slow Food Roma per il progetto “Prima Infanzia” selezionato dalla Fondazione Con I Bambini, l’associazione offre un terreno fertile aperto a tutti, in particolare a quelle donne e bambini in stato di povertà assoluta. Il cibo diventa così uno strumento culturale in grado di attivare un processo di crescita personale volto a incrementare la stima di sé per far emergere risorse latenti e portare l’individuo a riappropriarsi con consapevolezza del suo potenziale. Un modo in più che si aggiunge alle numerose iniziative sociali nate sul territorio per impedire che le disuguaglianze economiche, educative, culturali e sociali si tramandino ancora una volta dai genitori ai figli, consentendo di guardare finalmente con più ottimismo al futuro.

Giulia Catania

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