La scuola è come il silenzio… accade sempre qualcosa!

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Non importa che le lezioni siano sospese… le storie di OpenSpace non sanno stare in silenzio.

In questo periodo, mentre l’emergenza del Coronavirus ci tiene lontani dai laboratori, le persone che abbiamo incontrato continuano a raccontarci di loro. Basta uno spunto inatteso, come il deserto di una strada o una piazza improvvisamente vuota, a ricordarci un incontro. Così sistemando i file audio in una cartella del desktop ritroviamo una voce…

Ascolta “Esploratori sonori: il mal di testa di Alessio” su Spreaker.

“D. ha 11 anni e frequenta la 2ª C dell’istituto comprensivo Telesio-Montalbetti di Reggio Calabria“, ci racconta Fiammetta Castagnini, che le scorse settimane ha animato il laboratorio di digital storytelling e sound design. Alla fine della lezione Fiammetta ha chiesto a D. di registrare con lo smartphone e il microfono lavalier la storia che aveva appena scritto, perché era rimasta colpita dalla sua capacità di trasformare un luogo reale, la “camera anecoica”, in un luogo misterioso, dal potere quasi “curativo”. Il file ritrovato è un esercizio, ci spiega Fiammetta. Ma lasciamola raccontare con le sue parole…

Prendendo spunto dall’attività che avevamo svolto insieme “Esploratori sonori”, D. era rimasto affascinato dallo scoprire come l’unico posto al mondo in cui si può ricreare artificialmente il silenzio sia proprio la cosiddetta camera anecoica… un ambiente fisicamente determinato in cui le riflessioni sonore sono ridotte (assorbite) il più possibile.

Esploratori sonori è un training all’ascolto in cui i giovani possono testare in prima persona la loro capacità di attenzione sonora. E possono stupirsi di quante informazioni possiamo trarre dal nostro sistema orecchio-cervello: un fantastico analizzatore di spettri sonori che ci dice molto sul nostro pianeta, un pianeta acustico, così come viene definito dall’ingegnere del suono Trevor Cox (Pianeta acustico. Viaggio fra le meraviglie sonore del mondo, edizione Dedalo, 2015).

La domanda che pongo all’inizio della lezione interattiva agli studenti è: “Secondo voi il silenzio esiste?”

D., così come alcuni dei suoi compagni, aveva alzato la mano: “Certo il silenzio esiste, le professoresse ci dicono sempre di stare in silenzio”.

Nel corso del laboratorio D. aveva poi scoperto che la camera anecoica, la cui origine etimologica deriva dalla parola eco, con l’alfa privativa davanti, letteralmente “senza echi”, è un luogo  dove si può sperimentare ciò che è più vicino a un ambiente senza suoni, ma anche la percezione di rumori per noi insoliti, interni al nostro corpo, come il battito cardiaco o l’attività cerebrale. E talvolta la privazione di rumori ambientali può disorientare le persone.

Ma D. ne ha colto senz’altro il lato perturbante e positivo. Il luogo non luogo diventa nella sua storia un divertente rimedio al mal di testa del suo personaggio inventato, forse il suo alter ego Alessio?

“Dopo essere andato a Boston mi recai in una camera anecoica dell’università di Harvard. Tutti quelli che mi conoscono sanno questa storia. La ripeto continuamente. Comunque, in quella stanza silenziosa udii due suoni, uno alto e uno basso. Così domandai al tecnico di servizio perché, se la stanza era tanto a prova di suono, avevo udito due suoni. ‘Me li descriva’, disse. Io lo feci. Egli rispose: ‘Il suono alto era il suo sistema nervoso in funzione, quello basso il suo sangue in circolazione’. Dunque, non esiste una cosa chiamata silenzio. Accade sempre qualcosa che produce suono”.  [John Cage]

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