“Wow, si è acceso!” Così Marco diventa una celebrità

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La scorsa settimana il nostro formatore Marco Brocchieri ha guidato gli alunni e i docenti dell’istituto comprensivo Sperone-Pertini, una delle scuole satellite nella periferia di Palermo, alla scoperta della basi dell’elettronica, a partire dalla scheda Arduino. Di ritorno nella capitale, anzi nella periferia della Città metropolitana di Roma, Marco ha subito piacere di condividere la sua esperienza, che racconta con leggerezza, ironia e stupore.

Avete presente le vecchie foto di nonni e bisnonni, quelle sbiadite in bianco e nero? Marco in foto viene così. Anche un suo selfie sembra un dagherrotipo, che lo ritrae impassibile, serio, riflessivo… Per questo il suo racconto ci piace davvero, perché è tutto sorridente e allegro, come i suoi laboratori, pieni di “effetto wow”. Lasciamolo raccontare senza rovinare la magia di questa storia…

“Non appena mi presento agli studenti della 2ª B, loro capiscono subito dal mio accento che non sono palermitano. Rotto così il ghiaccio, comincio a fare la conoscenza dei ragazzi. “Con te facciamo robotica, vero?”. Dal tono con cui si rivolgono a me intuisco che le aspettative sono alte: nei loro occhi c’è la curiosità e la vivacità di chi sa che sta per intraprendere un viaggio entusiasmante.

Non mi faccio intimorire e iniziamo subito le prime sperimentazioni usando un simulatore di circuiti elettrici. L’obiettivo sarebbe far accendere un led senza farlo bruciare ma ovviamente la creatività prende il sopravvento: per alcuni di loro l’obiettivo diventa distruggere il led nel peggior modo possibile. È chiaro però che l’attività li ha catturati perché nell’arco di pochi minuti la vivacità diventa concentrazione, e i ragazzi dimostrano uno spirito di collaborazione e condivisione che è raro trovare negli alunni di seconda media.

Archiviate le basi dell’elettronica, passiamo alle prime esperienze con la scheda Arduino e le componenti reali. “Wow si è acceso, si è acceso!!!” F. non riesce a trattenere l’entusiasmo quando per la prima volta riesce a far illuminare un led.

Durante la ricreazione iniziano gli scambi culturali Roma–Palermo (anzi, Montecelio–Palermo): loro mi insegnano una frase del loro dialetto, io insegno loro una frase del mio. Come già detto sono molto curiosi e mi fanno mille domande su Roma: chi c’è stato dice di aver mangiato la carbonara e la cacio e pepe, che “però in Sicilia si mangia meglio”!

Il secondo giorno iniziamo a programmare. Per gli studenti si tratta della prima esperienza di coding. La novità viene accolta con curiosità e c’è chi si cimenta nella creazione di semafori interattivi.

Durante le attività pomeridiane faccio la conoscenza dei docenti coinvolti nel progetto. Da parte loro c’è molta voglia di imparare e mettersi in gioco, per sperimentare nuovi strumenti didattici con Arduino e la robotica educativa in generale. Anche gli adulti si entusiasmano nel portare a termine i primi esperimenti con la scheda elettronica: alcuni di loro partivano con un timore referenziale verso la materia e si sono sentiti un po’ bambini nello scoprire invece la semplicità con cui programmare e far accendere i led.

Tra i ragazzi della scuola nel frattempo sono diventato una specie di celebrità: anche gli alunni delle classi che non sono direttamente coinvolte nella formazione mi fermano e mi chiedono di me e di Roma. Mi aspetto da un momento all’altro di dover iniziare a firmare autografi. Qualche provocatore se ne esce con un timido “Forza Lazio”, altri mi chiedono di parlare in romanaccio. Sono molto legati a Palermo e mi consigliano cosa devo assolutamente mangiare durante la mia permanenza.

Negli ultimi due giorni di formazione con gli studenti delle due classi abbiamo iniziato a fare sul serio, sviluppando progetti di robotica e Internet delle cose. Grande successo per il dispositivo in grado di monitorare il livello di umidità nei vasi. Durante queste attività mi colpisce N., silenziosa e minuta ma vero punto di riferimento per la sua classe. È la prima a finire gli esercizi e sempre pronta ad aiutare i compagni in difficoltà. Inoltre, quando si tratta di mettere a posto i kit a fine lezione mi fa ben volentieri da assistente.

Inizia così l’ultimo giorno. I., che nei giorni precedenti mi ha dato del filo da torcere parlando incessantemente per quasi tutto il tempo, sembra essere il più dispiaciuto per la fine delle attività. Mi porta un regalo e, nel darmelo, dice “Marco oggi mi comporto bene perché voglio lasciarti un buon ricordo di me”.

L’attività del giorno è la costruzione del primo robot, usando carta, forbici, Arduino e tanta creatività. Per i ragazzi si tratta del coronamento di una settimana di attività e tutti, nessuno escluso, mette il massimo dell’impegno e della serietà nell’attività. Alla fine mostrano con orgoglio la loro creazione. I più estrosi hanno addirittura creato una storia di background al loro nuovo amico. Ad esempio abbiamo “Cucuzza Bianca”, il robot che ascolta la musica trap ed è grande fan di Sfera Ebbasta.

È giunta l’ora dei saluti. Vengo letteralmente assalito da un’orda di ragazzini che non vuole lasciarmi andar via. I. mi abbraccia e la sua professoressa fa fatica a riportarlo in classe. S. mi dice che prima di partecipare a OpenSpace non aveva mai considerato l’informatica e che le piacerebbe intraprendere una carriera lavorativa nel digitale. In generale sembrano tutti molto contenti dell’esperienza e alcuni mi hanno promesso che compreranno uno starter kit di Arduino per continuare a fare esperimenti anche a casa.

Al suono della campanella mi trovo casualmente nell’atrio della scuola e vengono ad augurarmi buon viaggio studenti mai visti prima. A quanto pare la notizia di un nuovo “prof” venuto da Roma ha destato la curiosità di un po’ tutto l’istituto.

In questo frangente ricevo quello che, secondo me, è stato uno dei feedback più belli della settimana: il tassista che è venuto a prendermi per portarmi all’IIS Pio La Torre, osservando la scena, mi dice: “l’ho vista con i ragazzini, mi sembrava Paolo Villaggio nel film Io speriamo che me la cavo”.

 

 

 

 

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