Il contatto emotivo tra genitori e figli in età adolescenziale

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“Il rapporto con mio figlio è sempre stato tranquillo, sereno, affettuoso…improvvisamente non lo riconosco più…è diverso, silenzioso e quando provo a parlargli spesso mi risponde “TU NON MI PUOI CAPIRE”! E finiamo per discutere”.

Molti genitori ci raccontano che il tentativo di cercare un dialogo con i propri figli si trasforma puntualmente in lite, pur con le migliori intenzioni da parte di entrambi. Capiamo insieme perché.

Questo è l’invito che ci fa Gianni Girolami, specialista dello Sportello ascoltarsi dell’Atelier Koiné, un progetto selezionato dall’impresa sociale “Con i bambini” nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile, che vede come ente capofila la coop “La Lanterna di Diogene”, che fa il suo servizio di consulenza presso l’istituto “De Gasperi” di Palombara Sabina” (RM)

Nel periodo adolescenziale il rapporto genitori – figli cambia, si trasforma e non di rado presenta una certa conflittualità, un muro contro muro che a volte degenera in scontro. Entrambi sperimentano la strana sensazione di non riconoscersi più.

In questo periodo il giovane, percepito come ribelle dagli adulti, da una parte rinnega l’infanzia, dall’altra ricerca faticosamente il suo status di adulto, non ancora maturo, ed esprime con le parole, così come con i fatti, l’esigenza di autonomia e al tempo stesso il bisogno di dipendenza.

Cerchiamo di capire meglio cosa sta accadendo nella mente e nel corpo del nostro adolescente. Sappiamo tutti quanto l’adolescenza sia una fase di vita percorsa da profondi sconvolgimenti, sia interiori che esteriori; ma come vive l’adolescente queste modificazioni così radicali? Partiamo dal presupposto che l’esperienza  dell’adolescente è perlopiù ambivalente, infatti se fino a poco tempo prima i continui cambiamenti e  mutamenti erano contenuti all’interno della cornice dell’infanzia e della dipendenza dai genitori, con l’arrivo  dell’adolescenza questa cornice si rompe e non basta più a contenere il corpo e la mente che si estendono a  dismisura; i vincoli di dipendenza si sciolgono e il giovane si ritrova a fare i conti con nuove libertà, nuove  possibilità da gestire, come quella di un diverso rapporto con l’altro sesso e di una nuova capacità generativa.  È la vita che diviene e con essa l’adolescente deve trovare al suo interno una nuova coerenza che gli permetta di mettersi in rinnovata relazione con sé stesso e con gli altri.

Volete che questa rivoluzione copernicana rimanga indifferente ai genitori? Impossibile! E non solo perché l’adulto si trova a relazionarsi con una persona che sta fronteggiando i profondi cambiamenti che abbiamo visto, ma anche perché egli stesso sta portando avanti la propria personale “battaglia” contro la separazione da modi di essere non più aderenti alla propria età cronologica da un lato, e l’individuazione in una rinnovata identità dall’altro. Quindi non una sola rivoluzione interiore-esteriore (quella dell’adolescente), ma ben due (o tre o quattro e così via, in base alle caratteristiche del nucleo familiare) che si intersecano e si influenzano vicendevolmente!

Ma da chi o da cosa cercano di ribellarsi i figli adolescenti? Da un modello genitoriale, il più delle volte. È la cosiddetta caduta degli dei: i genitori che sono stati sempre il centro del loro mondo, percepiti come onnipotenti e infallibili, vengono messi in discussione nel tentativo di prendere le distanze e costruire un rapporto alla pari.

È il difficile compito di differenziazione psicologica dell’adolescente dai suoi genitori.

In questa fase di transizione, queste due componenti a volte si confondono ed è necessario un enorme sforzo di riorganizzazione e ricerca di un nuovo equilibrio.

E sono molti altri i compiti di sviluppo che gli adolescenti devono affrontare con la crescita, dalla trasformazione fisica alla costruzione della propria identità.

Cosa possono fare i genitori, disorientati e confusi, e qual è il loro compito evolutivo?

Guardare al proprio figlio non come ad uno “sconosciuto “, ma come ad un essere vivente in trasformazione.  Questo processo richiede prima di tutto di modificare l’immagine interna del figlio e di trovare un modo nuovo di stare in relazione, necessariamente diverso da quello dell’infanzia.

Anche un atteggiamento iper-protettivo da parte dei genitori generalmente si rivela deleterio, in quanto può far emergere nel giovane una “identità negativa” o “identità contro” caratterizzata da una decisa opposizione al mondo degli adulti e a tutto ciò che lo rappresenta.

Infine a nostro avviso una chiave di volta nella relazione con un figlio adolescente (ma non solo!) è rappresentata dalla disposizione a contattare in modo autentico tanto le proprie emozioni quanto quelle dell’altro.

Facciamo un esempio: prima abbiamo accennato al fatto che anche il genitore si trova ad affrontare i propri  cambiamenti sia interiori che esteriori, e che la loro gestione non sempre risulta agevole; è assolutamente  normale che questi aspetti della propria vita vengano vissuti dall’adulto con un certo grado di angoscia e con  un senso generale di perdita (della gioventù), ma non è tanto l’esistenza di questi turbamenti interiori a  costituire un limite nel rapporto con il proprio figlio adolescente, quanto il loro disconoscimento. Un primo passo allora può essere quello di parlarsi ancor prima di parlare, riconoscere i propri movimenti emotivi e, partendo da questi, contattare quelli del proprio figlio. Lui lo sentirà questo contatto emotivo, e potrebbe anche arrivare a sorprenderci sulle sue capacità ricettive!

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