Tredici Leghe di Sconforto. Dire addio alla sconfitta per riprenderci le nostre vite

di

Jlenia, 13 anni

Marzo. O Febbraio? Mi ricordo in particolare di un giorno: una delle sue cifre era un tre. Tredici Febbraio? Ventitré? Tre Marzo? Non lo so. Sera. Intorno alle otto o alle nove. O forse addirittura le dieci? Un’abitudine non troppo buona quella di andare a letto tardi.

Mio padre apre la porta di camera mia e di mia sorella e ci dice che non ci sarebbe stata scuola il giorno dopo. Sarebbe stato un venerdì. Sono felice: almeno ho una scusa per non fare i miei compiti di grammatica. Passano tre giorni. Penso di essere in una specie di vacanza.

Quasi quasi ho un dubbio, ma sulla cosa sbagliata. In fondo, credo che tutti i ragazzini della mia età in quel periodo abbiano pensato almeno una volta: “No, rimaniamo così, non vogliamo tornare a scuola!” Passano altri giorni… Uno o due mesi? Vi ricordate il 3 aprile, data in cui saremmo dovuti tornare a scuola (almeno nella mia zona)?

Forse qualcuno ci ha sperato, ma non io. Sapevo che non sarebbe successo. Ed è esattamente ciò che mi sono ritrovata a constatare quando è arrivato il 4 aprile. Altri due mesi. O forse solo uno? Come mi succede di solito in estate, anche in quei giorni perdo la percezione del tempo. Non ho mai idea di che giorno sia.

Passano due settimane, ma a me sembra che ne sia passata solo una, da quanto tutto quello che succede è sempre uguale. Tutto si ripete. Tutto è deprimente. Prima di potermene accorgere davvero, arriva la fine della scuola. Sto un po’ meglio. Adesso ho più tempo per non fare niente. Come se non fosse proprio ciò che ho fatto già per quattro mesi consecutivi. Come se non fosse successo nulla. Eppure qualcosa è successo eccome!

Si vive in ansia e nel dubbio, qualcuno ha paura. Puro terrore in certi posti, in certi contesti. E io non so come ci si senta in tali situazioni. Dei sogni diventano all’improvviso incubi. E’ una situazione nuova, certo, ma non significa che il nuovo sia anche benvenuto e accolto. Ansia. “Questo virus andrà mai via?”, ci stavamo, anzi, ci stiamo chiedendo tutti. La domanda “Quando finirà?” arriverebbe al primo posto, se si facesse la classifica delle “Domande Che Ci Poniamo Più Frequentemente Ogni Giorno”.

Ormai si sente solo l’eco del passato, tempo in cui sono state dette cose che ora non hanno più significato. Si alzano le mani al cielo nella speranza che qualcuno senta le richieste d’aiuto sussurrate o gridate. Ma nessuno ha risposto, ancora. Giugno. Forse addirittura Luglio. Non c’è più dubbio su chi io sia. Agosto. Cos’è successo?

Perché solo ora? Guardo indietro. Dei ricordi tornano in superficie. Ciò che ora emerge, era presente in me anche prima, a quanto pare. Ah bè. Ottobre. O Novembre. Anzi, Febbraio. Forse ci stavo pensando troppo. Qualcuno me lo fa notare. Grazie! E le cose migliorano un po’ quasi subito.

Se la ‘diritta via’ prima mi sembrava smarrita per sempre, adesso ho almeno l’impressione di riuscire a vedere dove andare. Marzo. Ora ho tredici anni. Ho chiarito un importante fraintendimento. Aprile. Giorno otto. Mi sento come se finalmente potessi dire cosa penso. Non so quale fosse il problema prima, ma adesso ho la certezza che se parlo sarò ascoltata. Il problema adesso sarà dire cosa voglio dire, probabilmente, ma questo posso risolverlo in qualsiasi momento.

Dalla mia ‘selva oscura’ non sono ancora uscita. O forse ho già superato l’Inferno e ho raggiunto il Purgatorio senza accorgermene. In ogni modo, la mia avventura continua, come quella di chiunque stia leggendo le mie parole, in questo preciso momento. Ti saluto, amico, vedrai… riusciremo “a riveder le stelle”.

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