Io e la mia stanza, da cui mi affaccio e guardo il verde che mi circonda

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Natascia, 15 anni

Il 2020 lo possiamo definire un anno di prova poiché presi dalla paura di un qualcosa di nuovo trasmessoci dalla televisione; all’inizio ci sembrava una cosa breve e facile da gestire, invece un giorno ci è stato comunicato “scuole chiuse in tutta Italia”; sembrava una bella novità, invece con il passare dei giorni la situazione diventava tragica in tutto il mondo fino ad arrivare a una vera e propria Pandemia.

Lasciati i banchi di scuola e le aule ci siamo visti sbattuti davanti al computer, che prima si usava poco e niente. Anche a scuola c’erano le aule adibite a corsi di informatica, ma non usati frequentemente, perché i docenti erano impegnati a fare altro lavoro oppure avevano a che fare con attrezzature mal funzionanti. Quindi ci siamo trovati tutti a dover possedere un pc e a impararlo da soli, cercando un posto tranquillo per studiare. Così inizia la DAD.

All’ inizio mi sembrava molto formativo spaziare in modo tecnologico, forse perché mancavano pochi mesi alla fine dell’anno scolastico; arrivata l’estate sembrava che l’inizio dell’anno scolastico sarebbe stato regolare come sempre, invece niente, risbattuti di nuovo sul pc che ha demotivato tutti, grandi e piccoli.

Le giornate sembrano sempre le stesse: ci si alza e si corre in fretta davanti al computer per la lezione online. Finite le lezioni si pranza e poi di nuovo a studiare; è cambiato tutto e io ho dovuto abbandonare la mia stanza e salire al piano di sopra, dove mia zia mi ha ceduto una stanza tutta per me.

Infatti ho altri due fratelli più piccoli che hanno dovuto occupare la mia stanza per seguire la DAD. Salire e scendere da casa mia è stato per me un beneficio, ma un sacrificio per mia nonna che vive con mia zia, che si sacrifica ogni mattina ad alzarsi presto dal letto caldo per farmi trovare la chiave alla porta. Un grazie va a loro, che mi aiutano a farmi stare tranquilla in quella stanza divenuta una cella.

Penso anche a quanti ragazzi che, come me, hanno una casa piccola e una famiglia numerosa e trovano difficoltà ad organizzarsi. Questa pandemia ha rattristito molti cuori, sono morte milioni di persone e in molti hanno perso il lavoro e chiuso le proprie attività commerciali, trovandosi a non avere un impiego e a non poter dare una mano ai propri figli; non tutti possiedono un dispositivo, eppure hanno dovuto provvedere per non farli rimanere indietro.

Mi sento fortunata ad avere una famiglia come la mia, ma non per questa situazione che ha portato a isolarci da tutto e da tutti. Lo studio è importante per la nostra formazione e per il nostro futuro, sempre se ne avremo uno. Mi affaccio dalla finestra e non vedo nessuno e, quando posso, guardo il verde che mi circonda e penso: “Ma l’uomo, visto che crea e distrugge, riuscirà a farlo vivere sempre verde?”.

Le mie giornate passano davanti al pc, al telefonino, ai libri di scuola e nient’altro. Anche il piacere di mangiare passa perché, stando sempre seduta, ho come la sensazione di non stare bene, e si nota il cambiamento del mio corpo, dei miei occhi, della mia mente e del mio umore; mi sento rimproverata da mia zia che nota tutto ciò.

È subentrata in me la paura di non farcela, anche perché ci sono tante materie da fare e farle tutte bene comporta perdere tanto tempo che vola velocemente e, a volte, non ne ho per me stessa. Prima della pandemia mi sembrava di avere più tempo libero. Vivere in una stanza priva di tante cose, anche dell’affetto dei cari che mi sentono dire spesso: “zitti, andate via, sono in DAD”.

La voglia di imparare è tanta ma, talvolta, il malessere non lo permette e proprio in quei giorni capita l’interrogazione. Vorresti spiegare il perché di quel mutismo ma la debolezza non lo consente. Oggi comunicare è molto difficile perché vorresti essere capita ma non sempre è così, non solo con la scuola ma anche con chi ti circonda. Mi capita di avere paura di sbagliare o di trovarmi in una confusione tale da impedirmi di far vedere quello che so e che sono.

Mi è capitato con le lacrime agli occhi di dire “basta!” ma c’è chi mi capisce e cerca di aiutarmi, anche se non sempre ho il coraggio di dire tutto per liberarmi dalle mie paure. Manca a tutti la libertà ma non siamo tutti uguali, molti non comprendono, altri pensano solo al loro rendiconto, alcuni non prendono l’iniziativa e non ti vengono incontro. È una società mal sana, sono pochi quelli che aiutano chi ne ha veramente bisogno. Quando posso mi siedo con la mia famiglia a guardare un film, sono loro che mi danno la forza di continuare, di non arrendermi.

Oggi il nostro compito è studiare, ma avere il tempo per noi è indispensabile e non ne trovo, spesso. La società di oggi è quella del benessere, ma io la definisco “la società dell’ingordigia” che tutto può ma al primo posto mette il ‘dio Denaro’ e davanti a lui si aprono gli occhi anche ai ciechi. Noi saremo il futuro, sempre se esso ce lo permetterà e saremo guida e spazzini di tutto questo marciume che vive nell’essere umano.

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