Bloccata nel traffico, il semaforo è rosso, i tamponamenti non cessano

di

Chiara, 16 anni

“Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura, ché la diritta via era smarrita”.
La diritta via? mi chiedo come si possa pensare che una cosa diritta sia la strada giusta da seguire, senza curve, incroci o buche, chi è che l’ha stabilito?

In ogni strada ci sono svolte o fosse, si prova ad evitarle ma delle volte si inciampa o si prende l’incrocio sbagliato. La mia diritta via ha incontrato un’infinità di incroci e non riesco più a trovare la strada dalla quale sono partita: quella perfetta che non presenta intoppi.

Mi ritrovo ferma in mezzo al traffico e non riesco ad uscirne, provo a suonare il clacson ma nessuno si muove, nessuno accinge ad un movimento, ad uno sforzo. Sono rinchiusa nella mia auto, l’unica distrazione è internet e i social, ma sento che qualcuno mi tampona, provo ad urlare e a suonare ma nessuno mi sente, nessuno vuole ascoltarmi.

L’auto si sta distruggendo, si frantuma ad ogni botta che riceve, violenta o delicata che sia. Stando chiusa in un luogo per tanto tempo si imparano tante cose ma se ne dimenticano altrettante: il sole da dietro un finestrino non è caldo, non emana più l’aggressiva luce che ricordavo, la sua luce è fioca, il paesaggio è monotono e angosciante. Io sono seduta sul sedile e sorrido; col tempo sorridere diventa l’unica arma per proteggersi dall’apparente spensieratezza degli altri guidatori.

Dai social si osserva la “splendida” vita delle persone, un tempo si osservavano le uscite con gli amici e gli apertivi al bar, adesso soltanto selfie in un angolo della macchina con qualche hashtag motivante e accattivante. Chissà come sono le persone davvero, se stanno guidando nella diritta via o sono bloccate in un’interminabile traffico dal quale non riescono ad uscire.

La vita scorre accanto a noi ma il semaforo è rosso e oltre aspettare non ci rimane nient’altro. Gli occhi affaticati e le pupille dilatate e pronte ad affrontare un altro interminabile giorno: la musica della radio dice di vivere eppure ormai non si sa più cos’è la vita, cosa si nasconde dietro a questa parola e cosa voglia dire normalità.

Mi manca sfrecciare lungo una strada sterrata, sempre con qualche solco com’è giusto che sia, ma tranquilla e silenziosa, senza dover udire l’incessante rumore delle altre auto o i tamponamenti sempre più accentuati. Nessuno sente il disperato bisogno di aiutare, come se fosse inutile o superfluo aiutare chi si trova in una macchina piccola e nuova, come se non avesse problemi sufficientemente rilevanti.

Il problema è proprio questo: l’apparenza, che ormai ci ossessiona e ci controlla, tutto il mondo è intasato in un immenso e lunghissimo traffico. Molti non ce la fanno e la benzina si esaurisce, altri ancora si spengono in silenzio non riuscendo a ricaricarsi in tempo.

Apro il finestrino e respiro, solo per cinque minuti. L’aria primaverile sembra così fresca e ogni giorno sembra diversa da quello prima. Mi spaventa questa sensazione, le novità di per sé incutono angoscia, ma ancor di più quando una cosa già fatta in passato non la si ricorda, ci si sente impotenti ed inerti.

Intanto i tamponamenti non cessano, diventano sempre più drastici, forse è dovuto al fatto che la mia auto sta cedendo, sta cadendo in pezzi, ma nessuno parla, nessuno ascolta il rumore del clacson ma si limita a guardare solo il finto sorriso stampato in una storia di Instagram, come se fosse reale.

Alle persone piace poter credere in una realtà diversa da questa, piace poter scappare e tornare a respirare come un tempo. Attendo che il semaforo diventi verde per ricominciare a cercare la mia diritta via.

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