UN PATTO CON LE INSEGNANTI PER UNA COMUNITÀ DI TUTELA

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Dal febbraio 2022, due volte a settimana, le operatrici del Progetto INVIOLABILI Napoli stanno svolgendo una serie di attività presso due scuole dell’infanzia, una statale e l’altra comunale. La scelta di organizzare e realizzare attività per bambini dai 3 ai 6 anni in scuole collocate in quartieri di Napoli deprivati da un punto di vista sociale, culturale ed educativo, è data dal fatto che l’équipe di progetto ha voluto ampliare l’offerta educativa per i piccoli alunni ma soprattutto intercettare e monitorare i bambini con maggiori difficoltà.

Il lavoro punta sul coinvolgimento delle famiglie per la definizione di percorsi personalizzati di cura finalizzati a prevenire il manifestarsi di situazioni di violenza. Inoltre il progetto intende offrire strumenti di tutela alle insegnanti che, troppo spesso, “alla prese” con il lavoro quotidiano che le porta ad essere focalizzate su un lavoro “pratico” di custodia dei bambini ma poco conoscono ciò che c’è fuori dalla scuola, in particolare la rete di servizi pubblici e privati che hanno l’obiettivo nonché l’obbligo di tutelare i più piccoli. La psicologa avrà, proprio in quest’ottica, un ruolo chiave: contatti con le famiglie e supporto alle insegnanti per la prevenzione e individuazione di ogni forma di violenza sui minori.

Presso la Scuola dell’infanzia L. Lezzi, attualmente sono realizzate due attività che coinvolgono i bambini delle sezioni infanzia, i loro genitori e il personale docente. Il laboratorio di lettura nasce dalla volontà di vivere la narrazione come occasione per scoprire, sin dall’infanzia, il mondo meraviglioso nel quale solo i libri hanno il potere di trasportare e cogliere appieno gli insegnamenti che in essi sono contenuti. Parallelamente è attivo un laboratorio sperimentale di yoga per concedere ai bambini un momento di “rilassamento” all’interno di uno spazio ampio ma ben strutturato. I bambini, infatti, trascorrono gran parte della loro giornata, tra casa e scuola, in spazi molto ristretti e manifestano spesso un grande bisogno di “liberarsi” e muoversi che talvolta viene mal interpretato dagli adulti di riferimento e vissuto quasi come “patologico”. Il laboratorio di yoga lavora sul miglioramento dei tempi di concentrazione, sulla stimolazione dell’equilibrio e dell’elasticità. Si favorisce la libera espressione, si sviluppa consapevolezza del respiro e, più in generale, del proprio corpo.

Il lavoro con i bambini, che si svolge in aule diverse da quelle “didattiche” (veri e propri atelier dedicati alla lettura o al movimento), è parallelo a quello con le insegnanti. Queste ultime, infatti, insieme alla psicologa di progetto restano impegnate in un complesso lavoro di analisi e messa in discussione delle proprie strategie pedagogiche nonché di approfondimento sulle singole situazioni degli alunni.

L’arrivo di una psicologa “esperta” in classe e l’inizio dei lavori di “supervisione” sono stati tutt’altro che semplici. Il contesto della scuola Lezzi è, infatti, particolarmente complesso. È una scuola antichissima in pieno centro città che risente della scarsa attenzione da parte delle istituzioni comunali: le insegnanti sentono di essere “abbandonate” e dimenticate, mancano i registri, mancano risorse e i bambini che la frequentano – molti meno rispetto a quelli che l’enorme struttura potrebbe ospitare – provengono spesso da famiglie multiproblematiche da generazioni. Numerosissimi sono i casi di violenza intra-familiare, le segnalazioni ai CSST, gli invii alle Neuropsichiatrie. Si è ormai radicata nelle insegnanti e in tutto il personale scolastico l’idea di bambini “mal funzionanti”, “difettosi” e, di conseguenza, senza speranze. Il lavoro con le docenti è dovuto necessariamente partire da questo, dal faticosissimo tentativo di restituire loro una visione “positiva” dei più piccoli, visione che in qualche modo tutelasse i minori ma anche loro stesse perché finalizzata a motivarle e a tentare di far riscoprire loro la possibilità – e la necessità – di proporre ai bambini attività significative e realmente educative. La psicologa, in collaborazione con il personale, sta inoltre provando a fornire strumenti pratici, utili alla lettura ed alla decodifica del comportamento dei bambini. La conoscenza approfondita delle fasi di sviluppo e dei cambiamenti che occorrono nel corso della vita dei più piccoli è di centrale importanza quando si lavora con i bambini. Si finisce, altrimenti, per leggere come “strano” fino anche a “patologico” ogni comportamento “diverso dal consueto”, restando così ancorati ad una visione dell’infanzia probabilmente valida tre decenni fa.

Dal lavoro sui casi, inoltre, è stato possibile affrontare il delicato tema della Child Safeguarding Policy, la politica di tutela per l’infanzia che l’associazione Pianoterra sta sviluppando nell’ambito del progetto INVIOLABILI. Manca, ad oggi, un’approfondita conoscenza da parte del personale scolastico dei servizi destinati alla protezione dei bambini e spesso si finisce per colludere con la visione delle famiglie per le quali è meglio tenere lontano i servizi sociali perché “tolgono i bambini”. Spiegare al personale qual è il funzionamento dei servizi, come vengono gestite le segnalazioni, qual è il ruolo degli attori territoriali nel processo di presa in carico, consente di tranquillizzare, fornire nozioni e, di conseguenza, potenziare la capacità della scuola di essere un contesto sicuro e tutelante nei confronti dei bambini.

Una delle prime richieste che le insegnanti hanno rivolto agli operatori è stata quella di aiutarle nella comunicazione con le famiglie, spesso completamente assenti dalla vita scolastica dei bambini o talvolta perfino aggressive. Ad oggi quello che si sta tentando di fare non è sostituirsi alle insegnanti – modalità che in alcuni casi è stata comunque l’unica possibilità – ma dotare il personale degli strumenti per essere autonomi anche rispetto a questi, fondamentali, momenti del lavoro quotidiano. Perché le famiglie sono aggressive nei confronti delle maestre? Perché non si fidano del contesto scolastico ed accusano le docenti di essere manchevoli? Nessuno ha una risposta precisa eppure lavorando su quanto negli anni si è strutturato, sul circolo vizioso tra la visione di famiglie “senza speranze” da parte dei docenti e la totale delega alla scuola da parte dei genitori, diventa possibile intravedere uno spiraglio di possibilità. È in questo modo che il “patto educativo” con la scuola diventa “patto educativo” con l’intera comunità scolastica, comunità della quale fanno parte i bambini, i docenti, il personale, le famiglie e l’intero territorio.

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