L’EDUCAZIONE COME STRUMENTO DI CONTRASTO ALLA VIOLENZA

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È insito nella definizione del termine educare il suo compito e ruolo fondamentale, non solo nell’accompagnamento alla crescita della persona, ma anche e dell’intera società, motivo per il quale, se si parla di contrasto alla violenza non si può che considerarsi questa pratica protagonista, schierata in prima linea.

Dalla definizione tratta dal Dizionario Treccani educare, intens. di educĕre «trarre fuori, allevare», «trarre, condurre». In generale, promuovere con l’insegnamento e con l’esempio lo sviluppo delle facoltà intellettuali, estetiche, e delle qualità morali di una persona”.

Traendo ispirazione da questa definizione potremmo quindi arricchire la definizione data sottolineando questo indissolubile legame ed affermando che:

“Lavorare verso la direzione della non violenza all’interno di una società complessa, fatta di persone, legami, relazioni, scambi, molteplici nature, numerose variabili, generi non binari, vissuti precari, scenari multiculturali ed estrazione sociale molto diversa, vuol dire anche portare la pratica del condurre il pensiero verso direzioni positive ed accoglienti, non giudicanti né dettate da logiche di potere, affiancata dalla costante associazione di prassi quotidiane tese a sostenere gli individui nel proprio processo di crescita, quindi impegnate nel tirar fuori le proprie risorse e capacità evitando di restare fermi, incastrati tra etichette e giudizi altrui”.

Questo discorso si può facilmente tradurre in termini operativi, di lavoro educativo quindi, non solo con adulti e giovani, ma anche minori e famiglie, anche piccolissimi, descrivendo quelli che sono i progetti territoriali di prevenzione e presa in carico di coloro che hanno vissuto o rischiano di vivere, per molteplici cause, situazioni di violenza, più o meno prolungate nel tempo, come avviene nel progetto INVIOLABILI.

In questi progetti territoriali sono molteplici le pratiche educative che vengono utilizzate, declinate secondo diversi focus e vari obiettivi che determinano le diverse attività e giocano, all’interno dei macro obiettivi, diversi ruoli.

Queste specifiche attività interessano quindi tutto il processo e i diversi livelli del percorso che l’intervento educativo agisce nel contrasto alla violenza anche quando si tratta di minori e famiglie; sono infatti realizzate anche in questo ambito azioni educative che intervengono a trecentosessanta gradi, dalla prevenzione, all’emersione, alla reazione, all’accompagnamento verso un percorso di fuoriuscita da questi vissuti di bambini, bambine e genitori.

All’interno dell’intervento che il progetto INVIOLABILI porta nel territorio romano del quadrante Sud-Est della città, si trovano attività educative pensate specificatamente per contrastare la violenza sui minori lavorando in stretta collaborazione con tutti gli attori presenti, dalle famiglie alle insegnanti, dalle realtà sociali ed educative all’intera comunità educante.

Per quanto riguarda le attività educative legate alla prevenzione dei fenomeni di violenza sui minori ci si concentra su tre aspetti principali: lavorare sulla conoscenza del fenomeno, senza paura o giudizi, realizzando nel territorio eventi e attività per la famiglia in cui attraverso il gioco, materiali, attività si possa fare informazione sul tema e sulle possibilità che la rete e il servizio offrono per approfondire l’argomento; realizzare attività di gruppo presso il servizio e il territorio, laboratori o incontri in cui piccoli, grandi, o adulti e bambini assieme possano sperimentare attraverso giochi o attività pratiche quegli elementi che sono alla base di una corretta relazione, come l’ascolto, l’accoglienza, il rispetto, i confini, la relazione con il proprio e altrui corpo, la capacità di riconoscere e comunicare le emozioni, l’empatia; realizzare attività di gruppo a lungo termine e con gruppi stabili, uniti da bisogni ed interessi affini, che possano approfondire e meglio lavorare i temi degli incontri poc’anzi descritti.

Quando le attività di prevenzione sono fatte in territori particolarmente sensibili, o popolosi, capita spesso che rappresentino la prima occasione, per le persone e le famiglie che la violenza la vivono, la osservano o la percepiscono, di cercare un aggancio, un aiuto, un consiglio sull’argomento.

Utilizzare queste aperture per creare una relazione di fiducia che possa portare ad una prima consapevolezza ed attivazione è quello che un educatore attento e preparato sa cogliere, con rispetto e giuste modalità.

Quando la prevenzione e le occasioni più aperte di famigliarizzare con il tema non sono sufficienti, le azioni educative diventano più mirate e specializzate, si concentrano su luoghi e persone che in qualche modo si sa essere interessate dall’argomento, come classi o gruppi di genitori. Fondamentali in questo caso sono i legami con il territorio, gli invii al servizio da parte degli stakeholders del territorio e lo scambio con questi, per realizzare interventi con obiettivi più espliciti come la gestione della rabbia, la capacità di dire no, il riconoscimento delle proprie emozioni. Queste attività si differenziano molto in base agli obiettivi e le fasce d’età: possono comprendere laboratori di gioco e movimento per lavorare il confine e la conoscenza del corpo in bambini che hanno subito violenza; possono essere laboratori di lettura e costruzione della storia per permettere di sperimentare una comunicazione accogliente e positiva in cui sentirsi liberi di raccontare i propri vissuti; oppure laboratori per genitori in cui attraverso incontri di gruppo si mettono a fuoco i bisogni dei bambini o le strategie educative di contenimento o in cui sperimentarsi rispetto ai proprio limiti e pregi acquisendo tecniche di gestione delle proprie emozioni oppure potenziare la propria immagine e capacità genitoriale attraverso attività di empowerment.

Queste attività sono spesso la prima attivazione, spontanea o indirizzata dai servizi, per attivarsi in percorsi, più lunghi e faticosi, di fuoriuscita dalla violenza. Percorsi eterogenei, fatti di alti e bassi, di momenti di riflessione, di sostegni specifici, lavoro in rete tra servizi: percorsi in cui più attori pubblici e privati, come servizi sociali, tribunali, Cav, case famiglia lavorano in squadra con la famiglia, il genitore, il minore e gli educatori di riferimento.

Gli educatori e gli operatori dei servizi specialistici hanno in questo percorso l’importante compito di sostenere l’individuo, grande o piccolo che sia, in un processo di consapevolezza, elaborazione, azione, compito che va eseguito con profondo rispetto dei tempi della persona, senza forzature né giudizi ma agendo con accoglienza e cura, quella preziosa capacità di tirar fuori le risorse che la persona ha, ma magari che il quel momento non sa vedere, cogliere o attivare e di condurre, accompagnare ognuno verso il proprio consapevole benessere.

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