#NoDropNoOut e il salvataggio della creatività

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Uno schiribizzo sul libro di testo è davvero un errore o racchiude un intero mondo di immaginazione da esplorare? Una chiacchiera concitata deve sempre essere zittita? E una capriola per terra è soltanto un fastidio per la quiete del gruppo o può essere un gesto creativo?

Un giorno, lo psicologo psicoterapeuta Marco Vinicio Masoni ha affermato: “La creatività non è nelle persone.” Una frase all’apparenza semplice, ma dal significato non immediato, con cui intendeva dire che la creatività non è una caratteristica individuale, un talento che si possiede o meno.

Per l’équipe del Centro Educativo Territoriale The Tube (situato a Fermo), questa riflessione è estremamente rilevante perché da essa scaturiscono domande che orientano il nostro ruolo educativo e relazionale, così come l’impostazione delle attività al Centro.

Nei centri aggregativi del Progetto Hobnob, la creatività non è vista come un attributo esclusivo di alcune persone, ma come qualcosa che può manifestarsi ovunque e assumere forme diverse. A volte, solo nel lavoro di gruppo si riesce a inventare qualcosa di nuovo, e la magia sta proprio nell’accorgersi che, alla fine, non importa più chi abbia avuto l’idea iniziale: si è creato qualcosa di unico, insieme. Per noi, la creatività è un flusso di energia capace di accendere tutto ciò che incontra, ma che ha bisogno di una miccia e, soprattutto, di uno scudo che ne protegga la fiamma.

Nei centri aggregativi del fermano, l’impegno costante di Capodarco è essere creativi persino nel momento dei compiti e dello studio: una fase cruciale, spesso percepita dai ragazzi come la parte più noiosa della frequentazione del Centro: un dovere, un vincolo, l’ennesima richiesta fine a se stessa da parte di un mondo adulto che, più che interessarsi alla qualità del processo, si concentra sul risultato, sulla questione se i compiti sono fatti o non fatti, sono fatti bene o male.

Questa dicotomia riduce ogni azione al rigido binomio “giusto o sbagliato”. Nella frenesia della contemporaneità, questo criterio diventa spesso il più veloce da applicare e, talvolta, l’unico che conta per il mondo degli adulti. Purtroppo, questa lente rischia di trasformarsi in un giudizio che i ragazzi applicano anche a se stessi: “Sono giusto o sbagliato?”. Il resto passa in secondo piano. Ad esempio, un ragazzo tende a pensare: “A chi importa se ho imparato a progettare un particolarissimo gioco di ruolo, se poi vado male a scuola?”.

Ma questa non è l’unica strada. Questo meccanismo psicologico, crescendo, finisce per soffocare la creatività.

Da queste riflessioni nasce l’approccio di Hobnob, che cerca di invertire la rotta. Il cui obiettivo, soprattutto nell’ambito delle iniziative volte a prevenire il drop-out scolastico (#NoDropNoOut), non è incanalare i ragazzi in schemi predefiniti, ma intercettare le loro idee – e anche i loro errori – per reinserirli in un processo generativo. Un processo il cui risultato non è prevedibile né, a dire il vero, è ciò che più importa.

Spesso, ciò che protegge dal rischio di abbandono scolastico è proprio la possibilità di dare voce alle istanze che, in contesti scolastici o normativi, trovano uno spazio ridotto, ma che esistono in potenza e non meritano di essere repressi. Certo, un minimo di adeguamento è inevitabile, sia per rispondere agli obblighi educativi sia per allenarsi a comprendere come funziona la società e riuscire a “galleggiarci”. Sapere come stare al suo ritmo è importante per trovare un proprio posto in futuro.

Tuttavia, la tendenza al conformismo non deve far dimenticare il resto. Dove va a finire la creatività? Lo sforzo del progetto è restituire dignità e valore all’illogico, a ciò che apparentemente non ha senso, anche se possiede una propria logica, questa si rende comprensibile solo attraverso l’interesse sincero e autentico da parte dell’altro. Ogni azione che rompe lo schema non va scartata a priori: spesso racchiude un’enorme forza propulsiva, capace di generare qualcosa di nuovo.

Ed è qui che si trova la creatività: in un processo interattivo, dove l’altro ha l’ingenuo potere di rendere concreta e degna di interesse la spinta a creare idee nuove e impreviste, che altrimenti rischierebbe di svanire. La creatività risiede nell’illogico, ed è proprio in questa dimensione che il ruolo della comunità educante diventa cruciale: lasciare spazio all’illogico o controllarlo e reprimerlo?

Per rendere tutto questo possibile, la prima forma di creatività sta nell’azione di educatori ed educatrici che, come funamboli, devono inventare continuamente nuove strategie ed espedienti per mantenere viva la fiamma creativa del gruppo, anche in un contesto fatto di regole e obiettivi da rispettare.

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